La centralità delle informazioni di contesto per la ricerca, la consultazione e la comprensione della documentazione archivistica, già sottolineata durante i lavori della giornata di formazione e del seminario sul tema della descrizione archivistica organizzati ad Ancona dalla locale sezione Anai (17 e 18 ottobre 2017), è stata ulteriormente approfondita nel convegno nazionale che l’Istituto centrale per gli Archivi, in collaborazione con l’Associazione nazionale archivistica italiana, ha dedicato alla discussione sui sistemi informativi archivistici nel nostro Paese, cogliendo l’occasione della riunione annuale dell’Expert Group on Archival Description del Consiglio Internazionale degli Archivi, tenutasi a Roma presso l’Archivio Centrale dello Stato nei giorni 24 e 25 ottobre 2017.

Il 26 ottobre 2017, presso l’Archivio Centrale dello Stato, si è svolto l’incontro dedicato a  La descrizione archivistica e gli archivi nel web. L’evoluzione degli standard, le tradizioni nazionali, che ha sviluppato la discussione sulla bozza di Records in Context – A Conceptual  Model for Archival Description che, oltre alla messa a punto di un unico, coerente e robusto modello concettuale di descrizione, si propone di utilizzare tecnologie emergenti come RDF, Linked Open Data, i database a grafo, e altri.

Dopo i saluti istituzionali di Giulia Barrera in rappresentanza della Direzione generale Archivi e di Eugenio Lo Sardo, sovrintendente dell’Archivio centrale dello Stato, si è tenuta la prima sessione, in lingua inglese, sul lavoro di revisione della bozza di RiC, introdotta e coordinata da Stefano Vitali, direttore dell’ICAR, nel corso della quale hanno presentato i loro interventi alcuni componenti di EGAD, che hanno cortesemente acconsentito a trattenersi a Roma per portare il proprio contributo alla discussione dei colleghi italiani.

Daniel Pitti (Institute for Advanced Technology in the Humanities – University of Virginia) ha esposto con chiarezza le novità introdotte da RIC nella metodologia della descrizione archivistica, sottolineando in particolare sia la distinzione tra documento e aggregazione di documenti o record set che la descrizione multidimensionale, e ha riassunto i principali argomenti affrontati nel corso della riunione romana di EGAD.

Particolarmente interessante la presentazione e l’analisi dei commenti alla bozza di RIC ricevuti dalla comunità archivistica, curata da Katherine Timms (Published Heritage Branch Library and Archives Canada), che ha preso in esame centinaia di pagine, inviate da 62 enti o singoli archivisti e provenienti da 19 nazioni e due organizzazioni internazionali, selezionando e suddividendo questioni di carattere generale sul modello concettuale proposto e richieste specifiche di modifiche su singoli aspetti.

Bogdan Popovici (Archivio nazionale della Romania) ha esposto come, per quanto non specificamente destinato alla gestione della documentazione corrente, RIC possa influenzarne metodologia e prassi e favorire l’integrazione tra archivi correnti e storici, grazie alla maggiore attenzione riservata ai metadati relativi al contesto dei documenti.

Infine, Florence Clavaud (Archives nationales de France) e Salvatore Vassallo (Archivum Romanum Societatis Jesu) hanno illustrato la ricerca in corso per la definizione di una ontologia che ricopra l’intero dominio della descrizione archivistica e sia utilizzabile per esprimere in formato RDF i dati contenuti negli inventari, nei record d’autorità e nei vocabolari, sottolineando come la descrizione debba essere esaustiva,  formulata in maniera chiara e coerente e debba favorire il reperimento di informazioni relative ai record descritti e ai loro contesti. Inoltre, poiché il dominio archivistico è collegato a molti altri domini, o a parte di essi, è molto importante che i concetti archivistici siano messi a confronto e allineati con i concetti definiti in altri settori del patrimonio culturale, con le entità od eventi vicini o in qualche modo connessi all’ambito archivistico.

La sessione pomeridiana, coordinata da Maria Guercio, presidente dell’Anai, e alla quale è intervenuto l’on. Antimo Cesaro, sottosegretario del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, si è concentrata su Descrivere archivi, descrivere contesti. Contenuti e architetture dei sistemi archivistici di oggi e di domani, prendendo in esame forme e modalità di rappresentazione degli archivi all’interno dell’universo digitale. Il modello concettuale di Records in Context per la descrizione dei documenti nei contesti ha messo in evidenza con forza la necessità di procedere ad una adeguata formazione degli archivisti per il successo delle attività di implementazione dei sistemi informativi archivistici, sbocco privilegiato dell’attività di descrizione degli archivi da parte delle istituzioni preposte. In questa prospettiva Rossella Santolamazza, della Soprintendenza archivistica e bibliografica dell’Umbria e delle Marche, ha passato in rassegna successi e criticità dei sistemi informativi archivistici nazionali, che appaiono senza dubbio datati, ma aderiscono comunque alla più chiara indicazione che emerge da RIC ed è presente nello stesso titolo dello standard: descrivere i documenti nei contesti, quei contesti, appunto, con i quali i nostri sistemi si confrontano già da tempo. «Servono, dunque, ha concluso, una formazione permanente degli autori delle descrizioni e regole certe e partecipate, che orientino sia in termini di linguaggio consono al web che nell’uso stesso dei sistemi e nelle modalità descrittive. Entrambe, la formazione e le regole, sono infatti elementi imprescindibili per il successo delle attività sistemiche».

In linea con quanto affermato da Rossella Santolamazza si colloca l’analisi critica sulle Strutture e linguaggi descrittivi degli strumenti di ricerca svolta da Maurizio Savoja, soprintendente archivistico e bibliografico della Lombardia, che ha messo in risalto numerose carenze e punti critici nel modo in cui appare comunicato il patrimonio archivistico in ambiente digitale, sottolineando come la rappresentazione della struttura dell’archivio nell’albero multilivello – informazione quanto mai opportuna – debba essere accompagnata dalla rigorosa formalizzazione e da un controllo puntuale dei contenuti informativi prodotti e delle modalità di presentazione dei patrimoni documentari descritti. Tra le diverse anomalie rilevate meritano particolare attenzione quelle che denotano la mancanza di “coerenza dell’albero”, quando, ad esempio, i dati riportati in un contenitore non corrispondono alla somma di quelli dei singoli contenuti o l’articolazione di un complesso archivistico in numerosi livelli appare ridondante rispetto all‘effettiva organizzazione dell’archivio, rispondendo piuttosto a quella che  Maurizio Savoja ha argutamente definito l’«ebbrezza classificatoria dello schedatore».

L’intervento di Pierluigi Feliciati dell’Università di Macerata ha affrontato l’importante questione della qualità dei servizi digitali di ambito archivistico che vengono offerti agli utenti attraverso la rete. Pochi risultano a riguardo gli studi di riferimento, per cui Feliciati ha ben evidenziato l’opportunità di adottare un modello valutativo della qualità delle descrizioni archivistiche in ambiente digitale, basato sul cosiddetto “approccio service-driven”, che consideri, in un prodotto software, la capacità di rispondere alle esigenze di determinati utenti in determinati contesti «garantendogli efficacia, efficienza e soddisfazione». Senza trascurare l’impiego di irrinunciabili pratiche valutative sia in fase di progettazione che in quella di prototipo, che nel momento del rilascio pubblico.

A dare adeguato seguito a questa riflessione e a conclusione della giornata, l’interessante relazione di Antonella Poggi e Stella Di Fazio, dell’Università La Sapienza di Roma, ha approfondito le possibili applicazioni all’ambito degli archivi delle tecnologie semantiche, ossia di quelle tecnologie imperniate sulla comprensione del significato dei contenuti per gestire la conoscenza a livello concettuale, in modo simile a quanto fanno le persone. Sulla base dello schema Entità-Relazione – che consente il collegamento di un’informazione al suo contesto archivistico mediante l’utilizzo di una ontologia, ossia di una sorta di “teoria logica” su cui è possibile eseguire un ragionamento automatico – sono state presentate svariate sperimentazioni di utilizzo delle tecnologie semantiche al dominio di interesse degli archivi. Per sua natura tale dominio ben si presta all’utilizzo di una ontologia, perché i complessi archivistici vengono tradizionalmente descritti mediante l’utilizzo di standard, ossia utilizzando «un alfabeto di termini e una struttura predefiniti e rigidi, il cui significato è condiviso». In particolare sono stati passati in rassegna i progetti MODEUS sul Catasto Gregoriano, finanziato dal MIUR, il progetto di ricerca sul territorio pontino MAGISTER (Multidimensional Archival Geographical Intelligent System for Territorial Enhancement and Representation), finanziato dalla Regione Lazio, e PRE-O-PRE, Progetto di ricerca di ateneo, finanziato dalla Sapienza e “follow-up” di MODEUS, tutti basati sulla realizzazione di un sistema di OBDA – Ontology-Based Data Access, ossia sull’utilizzo di tecniche di rappresentazione e ragionamento della conoscenza, per la gestione delle risorse (dati, meta-dati, servizi, processi, etc.) di sistemi informativi. Tale ontologia è il risultato dell’integrazione di un’ontologia che descrive il dominio di cui parla un determinato insieme di testimonianze (documenti archivistici, basi di dati, ecc.) e di un’ontologia per la descrizione delle fonti (e.g., RIC-O), e presenta dati arricchiti, attraverso i mapping, sia dal significato che viene loro attribuito dall’ontologia dei contenuti, sia dal “contesto archivistico” che viene loro attribuito dall’ontologia per la descrizione delle fonti.

In generale, dal bilancio complessivo del workshop è emersa la necessità di riserbare la massima attenzione alle pratiche di indicizzazione, di elaborazione di archivi di autorità e di condivisione delle informazioni con gli altri domini dei beni culturali. E anche l’applicazione di Ric dovrà, conseguentemente, essere accompagnata da un approccio rigoroso ma dinamico, più attento alla realtà strutturale degli archivi che alla mera e rigida applicazione di standard. La partita è aperta.

 

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