In occasione del 75° anniversario della liberazione d’Italia viene resa pubblica una anteprima del portale internet Partigiani d’Italia, che permette di consultare le schede relative alle richieste di riconoscimento delle qualifiche partigiane conservate nel fondo Archivio per il Servizio Riconoscimento Qualifiche e per le Ricompense ai Partigiani (Ricompart).
Tale fondo era conservato presso il Ministero della difesa, che lo ha versato all’Archivio Centrale dello Stato negli anni 2009-2012. A partire dal 2017, su impulso della Direzione Generale Archivi del MiBACT, l’Istituto Centrale per gli Archivi, in collaborazione con la Scuola Normale Superiore, l’Istituto piemontese per la storia della Resistenza e della società contemporanea “Giorgio Agosti” (Istoreto), e l’Istituto nazionale “Ferruccio Parri”, ha sviluppato un progetto – oggi in corso di ultimazione – che si propone di valorizzare questa importante e poco sfruttata fonte documentaria per contribuire allo studio della storia della Resistenza italiana e alla conoscenza delle donne e degli uomini che hanno partecipato alla lotta di liberazione.
Il progetto ha preso avvio con la digitalizzazione delle 703.716 schede nominative del fondo Ricompart, ed è proseguito con la realizzazione di una banca dati nazionale basata su tali schede e con lo sviluppo di attività di studio e ricerca per approfondire la conoscenza di questa fonte archivistica. Il portale Partigiani d’Italia, che rappresenta l’esito di questa complessa e articolata collaborazione, rende disponibili per la consultazione le informazioni tratte dagli schedari insieme a un ampio quadro di contributi tesi ad illustrare il contesto e le vicende dalle quali esse traggono origine.
Che cosa è il fondo Ricompart?
L’archivio Ricompart trae la sua origine dall’attività delle Commissioni regionali istituite con il decreto legislativo luogotenenziale n. 518 del 21 agosto 1945, con il quale il tema del riconoscimento dell’attività partigiana trovava una definitiva disciplina normativa. Il decreto del governo Parri rispondeva, infatti, alle richieste dei diretti interessati, ma anche delle autorità governative, dopo che la “questione partigiana”, all’indomani del 25 aprile, aveva assunto un carattere non soltanto politico e sociale, ma anche di ordine pubblico.
Nel 1945, dunque, si disponeva l’istituzione di undici Commissioni regionali (Piemonte, Lombardia,Triveneto, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Abruzzi, Lazio e Campania); ad esse si aggiungevano una Commissione Estero, con competenza sui cittadini italiani che avevano fatto parte di movimenti partigiani di altri Stati, e una Commissione di secondo grado, per decidere sui ricorsi e sulle proposte di ricompensa al valore. Nel 1948 (con decreto legislativo 3 maggio 1948, n. 833) fu istituita un’ulteriore Commissione per il riconoscimento dei partigiani della Venezia Giulia.
Le competenze sull’attività delle Commissioni, inizialmente attribuite al Ministero dell’assistenza post-bellica (1945-1947), passarono poi alla Presidenza del Consiglio dei ministri (1947-1965), per essere infine delegate, dal 1965, al Ministero della difesa.
L’iter burocratico
Secondo il decreto del 1945 le domande per il riconoscimento delle qualifiche partigiane (partigiano combattente, caduto per la lotta di liberazione, mutilato o invalido per la lotta di liberazione, patriota) dovevano essere presentate alle Commissioni locali entro il 12 marzo 1946; per coloro che si trovavano all’estero, le domande dovevano essere consegnate entro sei mesi dal momento del rientro in patria. Esaminate le pratiche, le Commissioni rendevano pubblici gli elenchi dei partigiani riconosciuti; trascorso un mese senza che fosse stato inoltrato alcun reclamo, le qualifiche diventavano definitive e certificate. Se, viceversa, la Commissione locale esprimeva un parere negativo sul riconoscimento o questo veniva contestato da terzi, era previsto il ricorso da parte degli interessati alla Commissione di secondo grado.
Nei primi anni di attività le Commissioni vagliarono una cospicua quantità di proposte, tanto che verso la fine del 1950 quasi tutte avevano concluso i lavori. Per lo svolgimento della propria attività, ciascuna Commissione aveva organizzato un archivio che, al momento della cessazione, fu trasferito a Roma, dove a occuparsene fu, in prima istanza, il Servizio Commissioni riconoscimento qualifiche partigiani presso il Sottosegretariato per l’assistenza ai reduci e ai partigiani della Presidenza del Consiglio dei ministri, e successivamente la Commissione unica nazionale istituita nel 1968. Con la l. 28 marzo 1968, n. 341, infatti, le Commissioni regionali previste nel 1945 e che da anni avevano già cessato ogni attività, furono formalmente soppresse e le loro competenze demandate a una Commissione unica nazionale di primo grado, con sede a Roma, posta sotto l’egida del Ministero della difesa. Nel contempo venne confermata la Commissione di secondo grado, per i ricorsi e le ricompense al valore.
L’archivio
Il fondo Ricompart comprende circa 4.500 buste (contenenti verbali, fascicoli personali, elenchi, quadri statistici etc.) prodotti dalle Commissioni regionali, Estero ed in parte dalla Commissione di secondo grado; 54 volumi dei verbali (originali e copie) della Commissione unica nazionale (1968-1994); 611 cassette contenenti 703.716 schede nominative. Il fondo è tuttora oggetto di attività di ordinamento e di inventariazione parziali.
Allo stato delle conoscenze non è possibile stabilire se la composizione del fondo archivistico Ricompart rifletta l’intera produzione documentaria delle varie Commissioni, parte della quale sembra, al contrario, essere andata dispersa o rimasta a livello locale.
Ciò che appare certo è che la struttura attuale del fondo sia il prodotto di un riassetto della documentazione operato prima dal Servizio Commissioni riconoscimento qualifiche partigiani e successivamente (dal 1968) dalla Commissione unica nazionale, che l’hanno sensibilmente rimaneggiata e aggiornata, provvedendo ad aggiungere ulteriore materiale.
Gli schedari
All’interno del complesso archivistico così costituito gli schedari rappresentano un elemento di fondamentale rilevanza. Le schede, intestate a singole persone e ordinate alfabeticamente, variano strutturalmente a seconda delle Commissioni, ma generalmente contengono: dati anagrafici (nome, cognome, luogo di nascita, nome del padre e della madre, etc.); attività svolte nelle formazioni partigiane e negli altri corpi volontari; notizie su ferite, mutilazioni o decesso; lavori della Commissione; esito della valutazione sul riconoscimento.
Questa preziosa fonte documentaria, dunque, racchiude in forma sintetica i dati identificativi dei soggetti interessati e ulteriori, brevi informazioni sull’iter del riconoscimento; elementi che, pur integrabili estendendo l’indagine alla consultazione dell’intero fondo Ricompart, rappresentano già da soli una significativa, nuova risorsa per gli studi sulla Resistenza italiana, accessibile tramite il portale Partigiani d’Italia.
La versione attuale del portale
In questa anteprima del portale è possibile consultare – per la settimana dal 25 aprile al 2 maggio 2020 – una quantità limitata di schede (ca. 205.000), vale a dire le sole che sono state sottoposte ad una accurata revisione e correzione dei dati. L’intero Portale sarà reso accessibile definitivamente a partire dall’8 settembre 2020, quando sarà possibile consultare, previa registrazione gratuita, anche le riproduzioni digitali delle schede originali. Dopo il 2 maggio 2020 resteranno comunque online le pagine del Portale dedicate al fondo archivistico, alla legislazione, alle Commissioni regionali e nazionale per il riconoscimento delle qualifiche partigiane, alle formazioni partigiane e alla storia del progetto.
Per saperne di più
Il portale Partigiani d’Italia (il portale sarà consultabile in anteprima dal 25 aprile al 2 maggio 2020)