Sono rari gli archivi intitolati a due persone. Quello di Franco Basaglia (1924-1980) e di Franca Ongaro (1928-2005) fa parte di questo ristretto novero, e non per una scelta elitaria maturata a posteriori ma perché così si è formato e perché questo rimane il modo più fedele per rappresentare, dal punto di vista delle carte che ci hanno lasciato, il loro speciale sodalizio umano.
Per volontà dei figli Enrico e Alberta l’archivio è stato trasferito alcuni anni fa dalla casa veneziana dei Basaglia nei locali della Fondazione intitolata al loro nome sull’isola di San Servolo nel complesso dell’ex Ospedale psichiatrico di Venezia. La Fondazione è depositaria dell’archivio e ne cura la custodia e la valorizzazione.
La documentazione testimonia il ruolo da loro svolto all’interno del movimento di radicale rinnovamento della psichiatria italiana che culminò nel 1978 con la promulgazione della legge 180 (“Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori”). Le carte successive alla morte di Franco Basaglia, avvenuta il 29 agosto 1980, documentano le battaglie sostenute da Franca Ongaro, anche a livello istituzionale come senatrice della Sinistra Indipendente (1983-1992), per l’attuazione dei principi della riforma psichiatrica e su altre questioni sociali di vitale importanza: violenza sessuale e tematiche di genere, salute pubblica, droga. La consistenza dell’archivio è di 55 faldoni; l’arco cronologico coperto va dal 1949 al 2003.
Dopo un primo censimento della documentazione curato nel 2008 dalla Soprintendenza archivistica per il Veneto si è proceduto, grazie a un finanziamento della Regione Veneto, a una prima inventariazione del fondo in attesa di trattamenti più analitici cui si accennerà più avanti.
Non si tratta di un archivio molto consistente, ma di un archivio importante. A una rapida scorsa dell’inventario si può restare sorpresi per il fatto che i Basaglia abbiano conservato così poche carte relative alla direzione di Franco dei tre ospedali psichiatrici di Gorizia, Parma e Trieste (in tutto quattro faldoni). Ma a guardarle più da vicino sono carte dense, documenti chiave per capire e raccontare quelle esperienze rivoluzionarie: soprattutto appunti e dattiloscritti di ragionamento di Basaglia sul da farsi, bozze di nuovi regolamenti accanto a giornali autogestiti dai ricoverati, tracce del passaggio di troupe televisive e di volontari del Servizio civile internazionale, carteggi istituzionali e verbali delle riunioni di équipes e di comunità (tra cui la prima nei “laboratori protetti” cui “partecipano anche i degenti”) e simili. È una peculiarità degli archivi personali quella di apparire inorganici, frutto di una strategia di conservazione/scarto necessariamente soggettiva (e a volte, ma non sembra questo il caso, selettivamente autorappresentativa), quando non casuale.
Nel caso dei Basaglia questa essenzialità delle carte propriamente legate al ruolo pubblico istituzionale appare intenzionale e politica, un portato dell’urgenza dell’azione, o meglio del pensiero e dell’azione, e un privilegiare il legame nel tempo con altri tipi di documenti, quelli in cui è depositata la riflessione sul movimento storico nel quale erano immersi e che orientavano: i taccuini di lavoro, la corrispondenza e gli elaborati degli scritti prodotti da entrambi, a volte a quattro mani. Franco Basaglia fu un leader naturale e un infaticabile promotore di movimenti collettivi. Questo può forse spiegare anche la scarsità (al di là di alcune importanti lettere 1977-1978) di documenti “personali” relativi all’elaborazione della riforma del servizio sanitario nazionale, di cui la legge 180 costituì uno stralcio che la anticipò di pochi mesi: dalla fine del 1973 la battaglia venne condotta da un movimento molto strutturato come Psichiatria democratica di cui pure si conservano qui carte molto significative.
Particolare cura è stata posta nel riordinamento e nell’analisi degli elaborati originali dei loro lavori, sui quali Franca aveva iniziato un’opera di sistemazione. Indubbiamente Franca è stata archivista di sé e del marito, organizzando la corrispondenza senza alcuna separazione fra le lettere inviate a lei o a lui, in perfetta continuità con il loro metodo di lavoro, che, come è stato sottolineato, l’ha vista svolgere un ruolo di primaria importanza nel dare forma scritta all’elaborazione teorico-pratica di Franco e sua. E l’opera sua si coglie anche sui documenti relativi ai viaggi di lavoro e studio, alla loro partecipazione a gruppi di ricerca diversi, ai rapporti con il movimento studentesco.
Questo archivio è una tessera di un complesso di fondi, pubblici e privati, che raccontano la forza dirompente del movimento eversivo della psichiatria tradizionale che ha avuto in Italia un’onda d’urto particolarmente significativa. Da qui si dovrebbe partire per ricostruire il corpus dell’epistolario basagliano, operazione complessa ma non impossibile. E far dialogare queste carte con quelle degli archivi degli ospedali psichiatrici e quelle, ancora in gran parte da scoprire, delle strutture non ospedaliere di assistenza psichiatrica, esperienze che in Italia datano da ben prima degli anni Sessanta del Novecento.
Per saperne di più
Nel sito della Fondazione “Franco e Franca Basaglia” è disponibile l’inventario dei documenti dell’Archivio Basaglia.
Grazie al sostegno della Direzione Generale Archivi, è attualmente in corso la schedatura analitica delle oltre 7.500 lettere (5.500 per il periodo fino all’agosto 1980, poco più di 2.000 per il periodo successivo).