“Addio fotocopie” “Stop ai documenti cartacei”, “La fine delle scartoffie” sono alcuni dei titoli in cui ci si è imbattuti nei giorni scorsi leggendo i contributi relativi alla scadenza prevista per il 12 agosto (termine di attuazione del DPCM del 13 novembre 2014 sui documenti informatici) e che è stata appena rimandata con l’approvazione del nuovo CAD.
Preoccupazione e attese millenaristiche a parte tutto si riduce a una scadenza, che oggi viene sostanzialmente sospesa in attesa dell’emanazione definitiva del nuovo CAD (Codice dell’amministrazione digitale) e di nuove regole tecniche.
Questa scadenza era stabilita in 18 mesi per l’attuazione delle regole tecniche previste del CAD le quali, regolamentando la formazione dei documenti prodotti dalle pubbliche amministrazioni nel nostro Paese, avrebbero sistematizzato il complesso di norme stratificatesi nell’arco degli ultimi quindici anni. Ora, in attesa che il testo appena approvato del nuovo CAD sia emanato è opportuno prendere in considerazione questo percorso legislativo e gli effetti che ha avuto nella realtà amministrativa.
In particolare, le norme emanate dal 2013 a oggi hanno imposto un serie di requisiti la cui adozione, da una parte impone accortezza, dall’altra spinge a verificare le funzionalità ed eventualmente a intervenire per adeguare i sistemi di gestione documentale finora adottati, verificando che siano in grado di gestire ogni momento della vita di un documento elettronico, dalla formazione alla archiviazione fino alla conservazione senza limiti di tempo. Sono state così regolate le varie fasi in cui la pubblica amministrazione dovrebbe attuare il passaggio a una gestione informatica della documentazione senza tuttavia prevedere un sistema di controllo della qualità di tali applicazioni e un insieme coerente di sanzioni per le inadempienze (presenti solo nel campo della trasparenza e accesso agli atti). La funzione di audit risulta completamente (e, viene da dire, pericolosamente) trascurata.
La transizione tecnologica in atto individua il suo limite più grande nell’impianto stesso che il legislatore ha disegnato. Da un lato è prevista, imponendola, una generale informatizzazione della pubblica amministrazione, per contro, questa è stata affidata alla riproposizione di un modello di riforma “a costo zero”. Si avverte una evidente contraddizione tra l’enfasi posta negli annunci che hanno accompagnato l’introduzione di una innovazione tanto importante e invasiva e la sostanza del supporto logistico e professionale offerto. Inoltre la concezione di questa tematica come “tecnologica”, sia nella normativa che nella prassi della transizione al digitale, ha marginalizzato il ruolo dell’archivista in una fase così cruciale come quella della formazione dell’archivio stesso.
Soppiantare “scartoffie” cartacee con “scartoffie” elettroniche naturalmente non rappresenta un’evoluzione. Le diffuse statistiche più o meno consapevoli sull’altezza delle “torri di carta” risparmiate non sono discussioni che ci appassionano e che peraltro non riteniamo utili; quello che dovrebbe interessare i cittadini, quello che dovrebbero chiedere e di cui dovrebbero preoccuparsi è se in questo modo potranno avere una pubblica amministrazione più capace di svolgere a dovere le proprie funzioni costituzionali: solo una corretta formazione dei documenti digitali può garantire una corretta fase di sviluppo, archiviazione e conservazione nel tempo.
Per chi lavora con i documenti, carta e metadati rappresentano solo uno degli elementi di una più ampia riflessione sulla definizione delle competenze di vigilanza e tutela sugli archivi della nostra amministrazione, sulla revisione legislativa discendente e sui cambiamenti gestionali che il digitale porta con se.
Il rischio non risiede nella mancata o lenta digitalizzazione, quanto nella cattiva gestione della transizione dall’analogico al digitale. La cattiva formazione di documenti e archivi corre un rischio antico e diffuso: rincorrere un’evoluzione senza tener conto delle basi su cui dovrebbe adagiarsi e dei i rischi che l’impreparazione a sostenerla può generare.