Il ciclo di quattro incontri ideati e organizzati dalla Soprintendenza archivistica della Sardegna, in collaborazione con la Mediateca del Mediterraneo e con l’Università degli studi di Cagliari (Dipartimento di storia, beni culturali e territorio) ha l’intento di presentare al pubblico parte delle fonti sulla storia dell’isola custodita negli archivi di Spagna, Torino, Parigi, Londra, Toscana e Roma. Un’iniziativa che parla di archivi lontani e illustra la grande varietà e opportunità di ricerche storiche che si possono effettuare per la ricostruzione di “una storia vicina”.
I ricercatori sono chiamati a parlare dei propri percorsi storiografici: di come hanno individuato le serie documentarie da indagare, di come hanno organizzato il lavoro, le risorse informative di partenza e i risultati conoscitivi ottenuti. Lo scopo è quello di introdurre il pubblico al backstage di una ricerca di archivio.
Nel pomeriggio del 16 maggio scorso si è tenuto, presso la Mediateca del Mediterraneo di Cagliari, il primo incontro dal titolo Archivi in Spagna per lo studio della storia medievale e moderna di Sardegna. Tra i saluti di apertura, l’Assessore alla cultura del Comune di Cagliari, Paolo Frau, apprezzando una iniziativa che offre una panoramica su materiale documentario che per varie ragioni storiche si trova lontano dalla Regione, ha colto l’occasione per annunciare il rientro in Sardegna di carte prodotte da due esponenti della cultura e della militanza politica del secondo dopoguerra. Il Comune di Cagliari intende accogliere, infatti, su proposta della Soprintendenza archivistica, la documentazione che i professori Umberto Allegretti e Teresa Crespellani hanno manifestato di voler donare alla città di Cagliari. La presentazione ufficiale di tale evento sarà illustrata da Franco Masala nell’ultimo dei quattro incontri, il giorno 6 giugno.
La serata del 16, a causa dell’improvvisa assenza della relatrice Maria Grazia Mele, ha visto come unico protagonista Giovanni Serreli con la sua brillante relazione dal titolo: L’Archivo de la Corona de Aragón: una fonte inesauribile per lo studio della storia medievale e moderna di Sardegna.
«Nell’Archivio della Corona d’Aragona ormai abbiamo visto tutto», «gli spagnoli ci hanno rubato tutti i documenti» sono le due affermazioni definite da Serreli luoghi comuni che rappresentano l’incipit e l’epilogo della sua dissertazione. Il ricercatore ha messo in risalto lo stretto rapporto tra la storia istituzionale del Regno d’Aragona e la storia archivistica della Corona. L’Archivio catalano – ha sottolineato – è ancora oggi uno strumento indispensabile per un’attenta ricerca sulla storia delle istituzioni del Regno: nasce dall’esigenza di dover conservare tutti i documenti frutto dell’attività istituzionale del sovrano e del procuratore generale del regno, nel momento in cui viene fissato un luogo fisico di conservazione degli stessi.
Perché nell’Archivio della Corona d’Aragona si conservano i documenti che riguardano il Regno di Sardegna? Nel 1318 Giacomo II fissò la sede dell’Archivio regio a Barcellona, nell’ex Cappella del Palazzo Reale, nella quale doveva necessariamente pervenire tutta la documentazione prodotta dai regni periferici. Solo a partire dal 1480 la produzione archivistica del Regno di Sardegna venne conservata nell’archivio regio di Castel di Cagliari (attuale Archivio di Stato di Cagliari) poiché, nello stesso anno, il maestro razionale fu istituito nel Regno con il potere di definire i conti e poter dare l’ultima approvazione ai registri senza la necessità di rispedirli a Barcellona.
Tra le informazioni fornite da Serreli all’uditorio, costituito prevalentemente da giovani studenti e neoarchivisti, è risultata particolarmente utile quella sulla digitalizzazione delle carte catalane. Gran parte dell’Archivio della Corona d’Aragona è, infatti, attualmente reperibile in formato digitale nel portale dell’archivio spagnolo PARES che riprende la struttura originaria dell’Archivio reale di Barcellona. Questa impostazione permette a coloro che intendono compiere ricerche in tale ambito un approccio immediato alla documentazione ma non del tutto esaustivo in quanto preclude l’accesso diretto necessario a un esame di tipo paleografico, in cui è indispensabile l’osservazione dell’originale.
A questo proposito la soprintendente, Francesca Klein, ha espresso l’augurio che «possa emergere con evidenza la consapevolezza di quanto gli archivi come e forse più degli altri beni culturali, per la loro fragilità e per il continuo rischio di dispersione e scompaginamento a cui sono soggetti, non siano un dato acquisito e scontato: gli archivi vanno curati, mantenuti, messi a disposizione nei modi sempre più aggiornati. In una prospettiva di condivisione e integrazione delle risorse documentarie».
L’agenda dei successivi incontri previsti fino al 6 giugno (di mercoledì, h 16-18) presso la MEM di Cagliari ha come protagonisti, il 23 maggio, Gabriele Colombini e Roberto Porrà sul tema degli Archivi per la storia degli ordini religiosi in Sardegna; Giampaolo Salice e Mariangela Rapetti il 30 maggio, che ci porteranno a scoprire La Sardegna sabauda tra Torino Parigi e Londra. Il 6 giugno, con Bianca Fadda e Franco Masala, si parlerà della Sardegna negli archivi toscani.
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