Lo scorso 14 maggio al Salone del Libro di Torino Attilio Bartoli Langeli ha ricordato Armando Petrucci in un'intervista a Radio Radicale. Ripubblicando l'intervista cogliamo l'occasione per raccogliere alcuni dei ricordi della figura di Armando Petrucci apparsi sulla stampa nei giorni seguenti la scomparsa dello studioso il 23 aprile scorso.

Nato a Roma nel 1932, Armando Petrucci si è spento lo scorso 23 aprile a Pisa all’età di 86 anni.

Grande paleografo e studioso della scrittura, Petrucci ha iniziato la sua carriera come archivista di Stato negli anni Cinquanta, per poi dedicarsi all’insegnamento alla Scuola speciale per archivisti e bibliotecari dell’Università di Roma, all’Università di Salerno, poi ancora a Roma e dal 1991 alla Scuola normale superiore di Pisa come professore di paleografia latina.

In un’intervista del 2002 di Antonio Castillo Gómez (professore all’Università di Alcalá de Henares), Petrucci ha ricordato in questo modo la sua esperienza da archivista:

Antonio Castillo Gómez: Un’altra tappa non meno fondamentale fu la tua esperienza come archivista di Stato e bibliotecario. Fino a che punto ha influito sul tuo modo di concepire la paleografia e lo studio della cultura scritta?

Armando Petrucci:  Il contatto quotidiano e diretto con migliaia di testimonianze scritte, documenti e libri, manoscritti e a stampa, di diverse epoche, è stato decisivo nella mia formazione. Con un certo orgoglio posso dire che il lavoro di archivista e bibliotecario mi ha impedito di diventare un “paleografo di facsimili”.

Il professore Attilio Bartoli Langeli, collega e amico di Armando Petrucci, con il quale dal 1977 al 1992 ha coordinato seminario permanente “Alfabetismo e cultura scritta”, ha lasciato un vivace ricordo dello studioso nell’intervista a Radio Radicale registrata il 14 maggio al Salone Internazionale del Libro di Torino e che ripubblichiamo oggi:

 

 

Di seguito è possibile scaricare i ricordi di Armando Petrucci scritti da Luciano Canfora («Il Corriere della Sera»), Alberto Asor Rosa («La Repubblica»), Corrado Bologna («il Manifesto») e quello di Raul Mordenti:

Morto Armando Petrucci La scrittura come civiltà di Luciano Canfora

Per lui, storia del libro, storia della scrittura e della diffusione contrastata e problematica di quello strumento che continua a rivoluzionare il mondo, divennero storia sociale in senso completo: storia dell’analfabetismo e lotta per le biblioteche da ultimo inselvatichite da nuove tecnologie escludenti e banalizzanti.

Ciao Armando, moderno maestro dell’antico di Alberto Asor Rosa

Quando ho letto per la prima volta un saggio di Petrucci – quello sulla scrittura di Petrarca – pensai: ecco, il filo tra quella lontana impresa poetica e il mio presente ora è riannodato e torna a far sentire le sue pulsazioni. Petrarca non era più soltanto un mito: era una realtà fattuale ben visibile.

Uno scienziato dello spirito incarnato nel gesto della scrittura di Corrado Bologna

Ha contribuito come pochi a fare della paleografia una scienza dello spirito incarnato nel movimento della scrittura, dimostrando come le strutture del pensare si riflettono nell’invenzione di modi di produzione e di organizzazione dei testi, nella forma materiale dei libri, nell’architettura segreta delle pagine.

In morte di Armando Petrucci di Raul Mordenti

Si può ben dire che Petrucci poteva conferire dignità di oggetto di studio alle scritte sui muri proprio perché era colui che aveva studiato cose come le rarissime tavolette cerate del XIII secolo o la presenza di Virgilio nella cultura scritta dell’antica Roma o il reimpiego dei supporti di scrittura nel libro altomedievale, perché era lo studioso che aveva letto e trascritto le mani di Boccaccio e di Petrarca

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