Documentazione e memoria costituiscono il terreno a partire dal quale operano numerosi enti ed archivi, che sempre più spesso non si limitano a essere dei semplici luoghi di conservazione, ma diventano veri e propri centri culturali e agenti attivi di Public history, promuovendo ricerca storica, campagne di raccolta di testimonianze, esposizioni, attività formative e didattiche, presentazioni di libri, produzione di short video o di veri e propri documentari, siti internet, giochi da tavolo, opere d’arte e prodotti multimediali.
La storia del lavoro ha, da sempre, una propensione intrinseca verso la Public History: «per la dimensione e rilevanza pubblica, economica e sociale del suo campo di intervento; per la necessaria commistione di discipline che la accompagna, che chiamano in causa le “scienze”, dalla tecnologia alla medicina, l’antropologia, la sociologia, la psicologia, l’economia, la museologia; per il dialogo che costruisce con le organizzazioni produttive e con quelle dei lavoratori e delle lavoratrici, dalle imprese ai sindacati; per i numerosi processi partecipativi che innesca, in particolare per l’età contemporanea, che mettono in gioco la storia orale, la fotografia, gli oggetti “narranti” del lavoro; per il rilievo che in essa assumono i luoghi e gli spazi, con i loro mutamenti, basti pensare alle trasformazioni delle campagne e ai progetti di rigenerazione urbana, che a loro volta chiamano in causa il tema della partecipazione; per i segni che il lavoro lascia sul territorio, dalle targhe e monumenti alle modifiche del paesaggio; per il portato comunitario e identitario che la storia e la memoria del lavoro assumono nei diversi territori, sulla linea di un confine labile e continuamente ridefinito con la storia delle culture e tradizioni popolari; per i modi in cui vengono declinati temi come l’Heritage (Industrial Heritage, Workers Heritage) e per la patrimonializzazione stessa del passato da parte delle diverse comunità» Associazione italiana di Public History
Musei del lavoro e del patrimonio industriale, archivi sindacali e d’impresa, fondazioni culturali, società di ricerca storica, istituti culturali, storici locali e documentaristi hanno raccontato – e raccontano oggi – il lavoro nelle sue diverse forme e declinazioni attraverso una narrazione del passato che si fa storia nel presente all’interno delle comunità e dei soggetti protagonisti in una prospettiva squisitamente ‘Public’, forse non sempre auto-riconosciuta.
La sensazione generalizzata e suffragata da dati empirici oltre che sensoriali è quella di una ricca, diffusa e articolata presenza di soggetti e operatori spesso isolati in una realtà caratterizzata dalla mancanza di una rete scientifica e solidale che servirebbe a non lasciare progetti e artefici isolati e senza forme di confronto e comunicazione.
Per ovviare a ciò l’Associazione italiana di Public History, attraverso il gruppo di lavoro dedicato a questi temi, propone la realizzazione di un primo censimento finalizzato alla costruzione di una mappatura delle attività di Labour Public History in Italia: chi le porta avanti; su quali temi; con quali strumenti e risorse; con quali forme di coinvolgimento del pubblico; quali i prodotti culturali che ne scaturiscono.
Conoscere e far conoscere le attività e i progetti – spesso taciuti ma eccellenti – delle varie realtà che nell’ambito del lavoro si muovono ottenendo risultati spesso poco noti ma encomiabili, conservando documentazione rara – non di rado unica – fondamentale per la scrittura della storia del nostro Paese per arrivare a delineare una cornice di insieme capace di costruire un’identità per la Public History del lavoro in Italia, con la prospettiva principale di fare rete, unire, mettere insieme.
Mettere insieme, anche grazie alle opportunità che oggi la tecnologia offre, dati, indirizzi e materiali, ma anche storie, individuali e collettive.
«La memoria – diceva Nella Marcellino, storica segretaria dei e delle lavoratrici tessili – è forse la cosa più importante che noi abbiamo. Il fascismo, la guerra, la Repubblica di Salò devono essere ricordati non solo per noi. Devono essere ricordati per le generazioni future. Guai se dimenticassimo il passato e non lo raccontassimo perché troveremmo sempre qualcuno che vuol mistificare le cose reali per poter magari ricominciare quanto fatto prima».
Per non tornare a commettere gli stessi errori di ieri abbiamo, e avremo, bisogno della memoria.
Abbiamo e avremo bisogno degli archivi e della loro capacità di parlare del passato utilizzando gli strumenti e i linguaggi del presente.
Archivi che per sopravvivere hanno bisogno di competenze, impegno, entusiasmo, passione, ma anche risorse – materiali e immateriali – confronto e comunicazione.
In questa prospettiva vi invitiamo quindi a compilare il modulo di rilevazione a voi corrispondente entro il 30 giugno 2022.
Modulo per ricercatori/storici free lance/public historian
Una volta inseriti i dati potrete comunque modificarli in un secondo momento utilizzando le istruzioni che riceverete nella e-mail di conferma.