L’archivio storico del comune di Portofino, in provincia di Genova, è una fonte preziosa e ancora inedita per ricostruire la storia di un piccolo paese che da borgo di pescatori ha saputo trasformarsi in una tra le più famose mete turistiche al mondo.
Dalle carte più antiche emergono scorci di vita vissuta, storie che spaziano dal poliziesco al romantico: ritrovamenti di cadaveri non identificati, fughe d’amore, personaggi poco raccomandabili da tenere d’occhio, pirati, epidemie di colera, litigi tra cittadini… Insomma Portofino a metà dell’Ottocento non era di sicuro un posto noioso in cui abitare.
Siete curiosi? Vi racconto brevemente alcune (solo alcune!) storie che saltano fuori dalle carte e permettono a una comunità intera di ritornare a vivere, anche solo per il tempo impiegato a leggere un documento.
Il prete della chiesa parrocchiale di San Martino nel 1837 denunciava con tanto di nome e cognome un trafficante di bare, avendolo sorpreso nell’atto di disseppellire i cadaveri per recuperare le bare.
Nel 1849 il maestro scriveva al Sindaco facendo presente che la scuola elementare manca di tutti gli strumenti indispensabili per seguire il nuovo metodo d’insegnamento, e chiede pertanto che gli venga fornito almeno l’oggetto fondamentale per una “più pronta ed efficace istruzione”, cioè… la lavagna!
Continuando a sfogliare il carteggio si incontrano gendarmi che fuggivano con le fidanzate per sposarsi in clandestinità perché non avevano l’autorizzazione dei superiori. Infatti il Ministero della Guerra aveva deciso di non accettare le domande di permesso a contrarre matrimonio ricevute dai militari in congedo illimitato perché nel caso di un’improvvisa chiamata alle armi le mogli e i figli rischiavano di rimanere abbandonati a se stessi.
Le frodi alimentari non sono certo un fenomeno recente. Capita infatti anche nell’Ottocento che venisse revocata la licenza d’oste a chi “antepone la brama di un vile guadagno all’interesse della salute pubblica, si rende di certo immeritevole di ogni riguardo, e non conviene quindi il più permettergli di continuare ad avere in mano alcun mezzo di abusare dell’altrui credulità a danno del pubblico”.
La salute pubblica era un capitolo importante, soprattutto perché il colera all’epoca colpiva spesso e volentieri, anche se per fortuna proprio grazie alle misure di prevenzione e a un’alta soglia di attenzione, ben documentate dalle carte, non si diffondeva in modo endemico.
Un altro grande problema che le autorità dovevano affrontare era quello delle incursioni dei pirati. L’Intendente della Provincia aveva ideato un ingegnoso sistema di avvistamento e comunicazione, che prevedeva sette posti di guardia su altrettanti promontori della costa del Levante ligure. Il posto di guardia sul Monte di Portofino era gestito direttamente dai Portofinesi, che si davano il cambio a gruppi di tre persone “dal dopopranzo sino allo spuntar del sole”; la pena per chi trascurava il compito era di tre giorni di arresto. Le postazioni dovevano essere attrezzate con lume, legna e un piccolo fuoco perché il sistema di comunicazione si basava proprio sui fuochi di segnalazione. Se le vedette avvistavano imbarcazioni piratesche, dovevano accendere un grande falò; se i pirati erano ancorati vicino a terra i falò da accendere erano due e se il nemico tentava uno sbarco, i falò accesi dovevano essere tre. I fuochi dovevano essere abbastanza grandi da essere visti da un posto di guardia all’altro e dovevano essere mantenuti fino a che i posti di guardia alla destra e alla sinistra non avessero acceso a loro volta il fuoco segnalatore. La pena per chi non riprendeva immediatamente i falò accesi dai posti di guardia vicini era di sei giorni di arresto.
Questi brevi assaggi di storie vi hanno incuriosito almeno un pochino?
Allora vi ricordo che l’archivio è liberamente consultabile previa richiesta all’Amministrazione comunale e che dispone di un elenco di consistenza dettagliato a livello di fascicolo e corredato dal relativo elenco topografico.
Se questo ancora non vi bastasse, aggiungo che il locale che ospita l’archivio è nel centro storico, a due passi dalla mitica piazzetta… cosa volete di più?
E ora qualche informazione più tecnica: l’archivio storico del Comune di Portofino è stato riordinato da chi scrive nel 2015 e si compone di quattro fondi distinti in base al soggetto produttore:
- Comune di Portofino (886 unità dal 1811 al 1980). Il borgo ha origini antichissime, ma limitandosi a cenni sul periodo storico coevo alle carte conservate, acquisisce il titolo di Comune nel 1797, quando la Repubblica Ligure entra a far parte dell’Impero francese. A seguito della caduta di Napoleone e del Congresso di Vienna, la Repubblica di Genova (già Repubblica Ligure) viene consegnata al Regno di Sardegna e a partire dal 1861 entra a far parte del Regno d’Italia. Diventa infine Comune, nell’accezione contemporanea del termine, con la legge 20 marzo 1865, n. 2248, che estende la suddivisione in Province, Circondari, Mandamenti e Comuni vigente nel Regno sabaudo a tutto il territorio nazionale.
- Congregazione di carità (37 unità dal 1811 al 1939, con precedenti dal 1662). È istituita nel 1811 in virtù del lascito testamentario di Giovanni Battista Guarello, la cui copia è conservata in archivio.
- Ricovero infermi poveri (25 unità dal 1955 al 1978). È istituito grazie al testamento di Caterina Gotuzzo, vedova di quel Giovanni Battista Guarello che con il suo lascito testamentario aveva permesso l’istituzione della Congregazione di carità. Dai documenti conservati non è stato possibile ricostruire la storia di questo ente perché sono tutti di natura contabile e di data recente. Alcune informazioni ci vengono però dal carteggio del fondo della Congregazione di carità, del quale il Ricovero sembra essere una costola, tanto che la sua amministrazione ricade sui componenti della Congregazione e si basa sulle stesse norme legali.
- Asilo di San Giorgio (44 unità dal 1871 al 1974 con precedenti dal 1834). Nasce nel 1871 per volontà di un gruppo di Portofinesi, tra cui il Sindaco e l’Arciprete, che promuovono l’istituzione dell’asilo “per vegliare, e curare insieme coll’istruzione la morale dei fanciulli specialmente delle classi povere ed abbandonate”.