L’archivio privato della Belleli Offshore s.r.l. di Taranto è l’archivio di una delle principali imprese del distretto industriale tarantino della seconda metà del Novecento. Il gruppo era stato fondato nel 1947 da Rodolfo Belleli a Mantova e aveva iniziato la sua attività con la costruzione di impianti idraulici e di riscaldamento.

La Piattaforma URSA, commissionata dalla Shell e ancorata nel golfo del Messico per l’estrazione del petrolio. Originariamente era proprietà della Belleli Offshore s.r.l.

Il boom economico aveva portato a un rapido aumento delle commesse del gruppo nei suoi settori di interesse e, quindi, del suo fatturato. Agli inizi degli anni Sessanta Belleli era riuscito ad entrare nel IV Centro siderurgico di Taranto ottenendo commesse importanti, al punto che Rodolfo aveva deciso di costruire nella città jonica il suo secondo stabilimento industriale, vicino all’Italsider. Il nuovo impianto tarantino permise negli anni Ottanta l’allargamento al settore offshore delle piattaforme per l’estrazione del petrolio. Tra gli anni Ottanta e Novanta la Belleli Offshore s.r.l. di Taranto ottenne commesse di grande prestigio in tutto il mondo; la società riuscì, infatti, a sviluppare e brevettare piattaforme per l’estrazione del petrolio in mare aperto che in breve si imposero nei mercati internazionali. Tra i più grandi successi della società ci fu la costruzione della piattaforma URSA che, consegnata il 10 giugno 1998, rappresentò la più grande piattaforma offshore mai realizzata. Nel corso degli anni Novanta la metà delle piattaforme petrolifere ancorate nei mari del mondo portava il marchio Belleli Offshore s.r.l. e l’azienda dava lavoro a più di 2000 operai in proprio e 500 nell’indotto.

Nel 1995, dopo una serie di errori finanziari che provocarono un buco da 1.300 miliardi di lire, la conseguente bancarotta fraudolenta e il coinvolgimento dei vertici aziendali nelle indagini di Tangentopoli, il gruppo entrò in una fase di profonda crisi. La Belleli Offshore s.r.l. di Taranto fu prima posta in amministrazione controllata, poi separata dalla Belleli s.p.a. di Mantova, infine la proprietà dalla famiglia Belleli passò a una cordata di banche creditrici che diventarono azioniste. I tentativi del presidente Renato Cassaro di salvare l’azienda ebbero vita breve e nonostante i successi internazionali e il portfolio di commesse, il fallimento fu inevitabile. Le grandi piattaforme prodotte dalla Belleli, nonostante la chiusura dell’azienda, continuano ancora oggi a funzionare e a estrarre petrolio nei mari di tutto il mondo.

L’archivio della Belleli, con il fallimento della società, rimase presso la sede dell’azienda per alcuni anni. Nel 2003, vista la necessità di sgomberare i locali ad essa appartenuti, la Procura di Taranto autorizzò la donazione dell’archivio al Comune di Taranto e la documentazione fu trasferita presso la sede dell’archivio comunale. Seguì un periodo di stasi: il fondo Belleli, infatti, rimase per oltre 16 anni presso l’archivio comunale, privo degli interventi archivistici necessari ad assicurarne la fruizione.

Nel 2019 la Soprintendenza archivistica e bibliografica della Puglia e della Basilicata con il contributo economico iniziale del MiBACT e con l’impegno dell’Amministrazione comunale a partecipare alle spese, ha dato avvio a un intervento di schedatura, riordinamento e inventariazione dell’archivio, affidato all’archivista libero professionista dott. Daniele Librato, con la direzione dei lavori del dr. Donato Pasculli, funzionario della Soprintendenza.
L’archivio consta di circa 450 metri lineari di documentazione in faldoni, di alcune migliaia di disegni di progetti su carta e lucidi conservati in scatole e in rotoli, di 8 schedari contenenti documentazione cartacea e floppy disk. È una documentazione di grande valore tecnico e scientifico che la Facoltà di ingegneria di Taranto ha in più occasioni chiesto di poter consultare.

L’archivio conserva documentazione relativa alla gestione amministrativa dell’azienda, costituita da corrispondenza, fascicoli relativi agli appalti, ai contratti firmati, alla gestione del personale. La maggior parte dell’archivio è però costituita dai documenti tecnici relativi alle piattaforme realizzate, vale a dire disegni e progetti, verbali dei gruppi di lavoro, materiale di studio e preparatorio, documentazione relativa alle procedure per ottenere le certificazioni dei singoli componenti e delle modalità di assemblaggio. Per questa parte sarà necessario valutare diritti di proprietà industriale pendenti sui progetti e sui disegni delle piattaforme. In ultimo, è presente documentazione relativa all’attività commerciale e ai rapporti con gli acquirenti e materiale promozionale dei prodotti Belleli, tutto materiale che, da una prima analisi, risulta organizzato per aree geografiche e riguarda l’intero pianeta, a dimostrazione dei rapporti globali intrattenuti dall’azienda.

Accanto agli studi tecnici, l’apertura dell’archivio agli studiosi permetterebbe di ricostruire le vicende industriali di una delle principali realtà aziendali di Taranto e di conseguenza i suoi riflessi su tutto il territorio jonico. La Belleli è, infatti, il tipico esempio di realtà industriale italiana che a una gestione prettamente familiare ha unito il “saper fare” italiano e una certa abilità nell’imporsi sui mercati internazionali. Questo tipo di aziende, sorte per lo più nel Nord Italia, sono state il motore trainante del boom economico e hanno finito per svolgere un ruolo fondamentale nella storia non solo economica ma anche sociale, politica e culturale del Paese. Tali aspetti risultano ancora più significativi nel caso della Belleli Offshore s.r.l. perché insistono su un territorio, quale quello tarantino, caratterizzato da una forte presenza di fattori tipici dell’intero contesto meridionale e nazionale – industrializzazione di massa, intervento pubblico statale, forti legami con la classe politica nazionale e locale – e da forti contraddizioni interne che ne fanno un valido punto di osservazione per comprendere fenomeni verificatisi in tutta Italia. La realtà industriale di Taranto rappresenta un ottimo caso studio per indagare il più ampio contesto italiano.

Rendere, quindi, consultabili gli archivi di queste realtà industriali rappresenta un primo passo fondamentale per poter studiare la storia economica del Paese, i rapporti tra classe imprenditoriale e classe politica e i relativi effetti sulla società italiana, in un momento in cui questa storia appare in fase di superamento e la globalizzazione sta ponendo nuove sfide non ancora del tutto comprese.

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