Le biblioteche e gli archivi musicali, soprattutto di enti di istruzione e di produzione (orchestre, teatri, enti organizzatori di cicli di concerti e di festival) sono ormai da tempo ricchi di materiale musicale non pubblicato che devono documentare, descrivere, gestire e rendere accessibile agli studiosi, ai musicisti e a chiunque sia interessato alla materia.

Ormai da tempo esistono regole di catalogazione dei manoscritti musicali, prima internazionali (Marie Louise Göllner, Regles de catalogage des manuscrits musicaux, Frankfurt 1975, quarto volume del Code international de catalogage de la musique, Frankfurt ; London ; New York, Peters, 1957-) poi nazionali (Guida a una descrizione catalografica uniforme dei manoscritti musicali, a cura di Massimo Gentili Tedeschi, Roma, Istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografiche, 1984), ma la funzione che tali manoscritti hanno avuto per la diffusione della musica notata – soprattutto quella professionale destinata ai cori e alle orchestre, di poco smercio e troppo costosa perché valesse la pena di stamparla – è stata via via rimpiazzata dall’uso di fotocopie, di file prodotti con applicazioni di scrittura musicale, di printout, tutti materiali per cui l’unica normativa esistente dice poco più che un pilatesco “arrangiatevi, fate più o meno alla stessa maniera”.

Ma non è tutto: gli stessi enti, ma anche le fonoteche e gli archivi di radio e televisioni conservano registrazioni audiovisive di concerti e spettacoli che non sono pubblicate, materiali montati ma anche prese di suono, registrazioni sul campo, master su nastri, dischi, supporti elettronici, anche questi fonti documentarie uniche, materiale preziosissimo. Se già da oltre un decennio si era deciso che le norme sulla descrizione dei manoscritti musicali
andassero rivedute, quando il Gruppo di studio sul materiale musicale ha finito di occuparsi di titolo uniforme, pubblicando nel 2014 Titolo uniforme musicale: norme per la redazione, era ormai chiaro che si dovessero prendere in considerazione tutti i tipi di risorse musicali non pubblicate.

In quel momento il panorama internazionale era in movimento, con un orientamento analogo: su una proposta partita dall’Italia, proprio basata su uno studio di norme di descrizione dei manoscritti musicali, anche l’ISBD Review Group dell’IFLA ha deciso nel 2011 che lo standard avrebbe dovuto
essere esteso alle risorse bibliografiche non pubblicate, e pure il modello concettuale IFLA Library Reference Model (IFLA LRM) adottato definitivamente il 18 agosto 2017 e progettato per consolidare e sostituire la “famiglia dei modelli FR” (FRBR, FRAD e FRSAD), come già FRBR, si preparava a considerare ogni tipo di risorsa; anche in ambito archivistico si stava iniziando ad elaborare un modello del tutto nuovo, che avrebbe preso forma nella proposta del Records in contexts.

Per elaborare le nuove norme non si tratta dunque di limitarsi a estendere le REICAT e le succinte indicazioni che forniscono nel capitolo 6 a proposito di “descrizione di documenti non pubblicati”, cercando per quanto possibile di armonizzarle con la pur lunga tradizione di catalogazione dei manoscritti musicali e le prescrizioni di chi si occupa di manoscritti in generale, ma anche di confrontarsi con le novità offerte dai modelli sopra menzionati – definiti o in abbozzo che siano – e, tenendo conto del fatto che molte risorse non pubblicate sono conservate tra documenti d’archivio, di rispettarne la natura, coinvolgendo nel lavoro non solo bibliotecari ma anche archivisti.

Il nuovo Gruppo musica inizia il lavoro nel luglio 2015, con la partecipazione di Massimo Gentili- Tedeschi (ICCU, coordinatore), Mauro Amato (Conservatorio di Fermo), Sabina Benelli (Archivio musicale del Teatro Alla Scala), Monica Boni (Istituto superiore di studi musicali Achille Peri, Reggio Emilia), Alessandra Chiarelli, Cristina Farnetti (DGA, sostituita nel dicembre 2016 da Maria Natalina Trivisano, ICAR), Paola Gibbin (BNCF), Agostina Zecca Laterza (IAML-Italia), Patrizia Martini (ICCU), Lucia Merolla (ICCU), Tiziana Morsanuto (Conservatorio di Santa Cecilia, Roma), Fiorella Pomponi (IAML-Italia), Attilio Rossi (Biblioteca nazionale Braidense, Milano).

Prima di tutto si è dovuto decidere che cosa si intenda per risorsa musicale non pubblicata, o meglio, quale sia l’oggetto delle norme. Il fatto che i manoscritti musicali già in tempi relativamente antichi fossero prodotti praticamente in serie da editori e messi in vendita in negozio sembra mettere in discussione l’identificazione di “pubblicazione” con musica a stampa; e anche il fatto che una risorsa non pubblicata sia un unicum non è più una certezza, se si prendono in considerazione le riproduzioni fotostatiche di manoscritti, le stampe da file e le risorse in formato elettronico, prodotte in genere dai compositori stessi e distribuite per posta o per posta elettronica, senza alcun procedimento che somigli a una pubblicazione. Si rischia di finire su un terreno molto scivoloso.

In conclusione, il Gruppo ha deciso di considerare in primo luogo quello che il modello IFLA Library Reference Model definisce “piano produttivo”: In altri casi, come per i manoscritti olografi, molte produzioni artigianali o artistiche o riproduzioni a scopo di conservazione, l’intenzione è che il processo produttivo risulti in un singolo, unico esemplare. Nel definire una risorsa musicale “non pubblicata” si guarda dunque anche al piano di produzione di quello che l’IFLALRM chiama “manifestation singleton” (termine che abbiamo tradotto come manifestazione singoletta), previsto in un solo esemplare alla volta (comunque riguardante i manoscritti, ma anche per esempio le copie delle registrazioni audiovisive), e alla distribuzione: i file musicali non devono essere per esempio scaricabili, gratuitamente o meno, da un sito web, ma possono essere inviati come allegati di posta elettronica, o passati di mano in mano su supporti come CD-ROM, pen drive o DVD, sempre prodotti con metodi non industriali, oppure stampati e inviati, sempre senza una rete distributiva che trasformi le stampe in pubblicazioni. Per quanto riguarda gli audiovisivi, sono inclusi prese di suono, registrazioni montate, master casalinghi o professionali, duplicati più e più volte su supporti diversi. In tutti i casi, anche i materiali preparatori per le pubblicazioni.

Non è quindi la duplicazione dei file, la data di salvataggio dell’allegato ricevuto, la fotocopiatura o la stampa di un file che mutano la situazione, non sono le piccole differenze tra una generazione di copia e l’altra che possono determinare l’esistenza di nuove manifestazioni, anche per risorse non pubblicate; Terminato il processo produttivo della manifestazione singoletta, inizia la vita dell’esemplare, che può essere anche duplicato, con le conseguenti modifiche non sostanziali. Anche il modello degli archivi, Records in contexts, sia pure in una bozza preliminare datata settembre 2016 presentata per la world wide reviewi e oggetto di numerosi commenti, ha offerto interessantissimi spunti di riflessione, soprattutto riguardo al concetto di record, che abbiamo trovato perfettamente rispondente alla definizione delle risorse oggetto della normativa:

Informazioni linguistiche, simboliche o grafiche rappresentate in qualsiasi forma persistente, su qualsiasi supporto durevole, con ogni metodo, da un agente nel corso della vita o di eventi lavorativi e di attività

ma anche per la definizione di record set, che delinea concetti che nell’ambito delle biblioteche sono stati sempre tenuti in secondo piano, mentre sono di primaria importanza soprattutto per le risorse non pubblicate:

Uno o più record che sono stati intellettualmente raggruppati in una certa data da un agente, ovunque i record possano risiedere e quali che siano le proprietà condivise o le relazioni tra loro

Le norme estendono e precisano ogni argomento trattato dalle REICAT con sistematici rinvii, tenendo ben presente la Consolidated edition dell’ISBD, ad esempio applicando il concetto di serie – pur apparentemente estraneo a quello di risorse non pubblicate – a insiemi “di risorse indipendenti, realizzate di solito in tempi successivi, dallo stesso centro di produzione, con caratteristiche materiali omogenee e affinità di genere e facenti parte di una risorsa continuativa (in senso fisico e cronologico), di un progetto di produzione in più parti (pure in senso fisico e cronologico) o una risorsa reciprocamente integrata e in sé finita” e quello di risorsa monografica multiparte, concetto applicabile a serie finite, quali sono le prese di una registrazione e i successivi riversamenti, giuntature e modifiche effettuati fino alla produzione definitiva, o gli abbozzi di una composizione, le stesure successive, le bozze e correzioni, via via redatti fino a giungere alla versione definitiva.

Specifiche indicazioni vengono fornite riguardo alle fonti delle informazioni, mentre gli elementi di selezione sono estesi notevolmente rispetto alle REICAT e trattati in un capitolo a sé. In particolare, per l’indicazione del metodo di produzione (quali manoscritto o dattiloscritto) nell’area della descrizione fisica si sono seguiti i suggerimenti delle REICAT, mentre l’indicazione del produttore tra i dati forniti nell’area corrispondente a quella della pubblicazione dell’ISBD comprende l’indicazione di risorsa autoprodotta, quale è per esempio l’autografo.

Ad ottobre 2017 il Gruppo sta rivedendo il corpo del testo e le appendici, per cui Risorse musicali non pubblicate: norme di catalogazione dovrebbe essere pronto per la pubblicazione entro la fine dell’anno. Dopodiché si dovrà mettere mano alla Guida applicativa in SBN, in attesa della pubblicazione della revisione dell’ISBD da parte dell’IFLA, che potrebbe anche portare ulteriori spunti di riflessione. Ma anche le norme sul titolo uniforme musicale, dopo soli tre anni dalla loro comparsa, dovranno presto fare i conti con il nuovo modello concettuale, in attesa di una vera revisione delle REICAT e della comparsa della versione finale di Records in contexts. È un panorama in continuo movimento, in cui l’Italia, con lo straordinario patrimonio musicale che possiede, può essere orgogliosa di fare da protagonista e battistrada.

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