«Ricordo infatti anche ciò che non voglio, ma non riesco a dimenticare ciò che voglio» (Nam memini etiam quae nolo, oblivisci non possum quae volo). Nel noto aneddoto narrato da Cicerone, sono queste le parole scelte da Temistocle per declinare l'offerta di chi gli prometteva l’arte della memoria.

René Magritte, “La mémoire”, 1948. Collezione della Fédération Wallonie-Bruxelles (FWB) – Ministère de la Communauté française, Bruxelles

Sembra qui adombrato un valore positivo – o, quanto meno, non negativo – del dimenticare.

Dimenticare significa ‘non ricordare, ‘perdere la memoria di qualcosa o qualcuno’ (ho dimenticato la password); ‘lasciare qualcosa in un luogo’ (si è dimenticato le chiavi in macchina); ‘trascurare’ (dimenticare le promesse fatte) e ‘perdonare’ (dimenticò le offese subite).
La parola, probabilmente nel significato di ‘non avere considerazione o cura (per qualcuno o qualcosa)’, è già presente negli antichi volgari scritti della nostra penisola. La prima attestazione risalirebbe alle Storie de Troia e de Roma, una versione – datata tra il 1252 e il 1258 – del volgarizzamento anonimo in romanesco del Liber Ystoriarum Romanorum. L’etimo latino tardo racconta la storia di una separazione, ovverosia di un allontanamento radicale: infatti il verbo dementicāre rimanda a demĕnticu(m), che significa ‘che è fuori di mente’ (– + mēns, genitivo mĕntis ‘mente’).

«Una razionalizzazione della differenza dell’utilizzo di scordare e dimenticare, […] è spesso proposta su base etimologica. Non è infrequente imbattersi in prescrizioni dell’uso di dimenticare per cose di poco conto o informazioni, dal momento che scordare sarebbe piuttosto pertinente a persone care e affetti, essendo presente nella radice del primo la parola latina mens, ‘mente’, e nella seconda cor, ‘cuore’. La stessa preoccupazione era condivisa da Benedetto Croce, che scriveva in Conversazioni critiche (1950-1951, p. 69): “Onde l’italiano rammentare (e dimenticare), che si riferiscono piuttosto alla mente, e il ricordare (e scordare), che si riferiscono piuttosto al cuore”» (Simona Cresti).

Bisogna stare dalla parte di Lete oppure dalla parte di Mnemosine? Si tratta di figurazioni mitiche dell’oltretomba della Grecia antica, legate, tra l’altro, a riti ctonii in cui alle anime trapassate «si prescriveva di bere alla fonte di Lete, per ottenere dimenticanza di tutti i pensieri di prima, e alla fonte di Mnemosine, per poter ricordare tutte le cose viste» (Guido Giannelli). Le acque del fiume Lete sono presenti anche nelle reinterpretazioni medievali cristiane del mito: Dante Alighieri immagina che la processione del Paradiso terrestre si specchi sulle acque del fiume e che lui stesso vi si tuffi per bere l’acqua dell’oblio delle colpe (Paradiso, XXXI 88-105, XXXIII 94-99).

In definitiva, il binomio dimenticare/ricordare non è fatto (come tutte le polarità concettuali) per essere spezzato a fil di lama, dichiarando in modo assoluto la bontà di un elemento a danno dell’altro. Venendo ai nostri tempi, la psicoanalisi, nella sua versione originaria, ha posto l’accento sul blocco psichico negativo rappresentato dalla rimozione, interpretata come «strategia patologica di soluzione del conflitto: il contenuto ideativo inquietante viene scacciato, rimosso appunto, dalla coscienza»; ma le successive elaborazioni teoriche hanno sottolineato che «nell’economia della memoria è […] necessario un dinamico equilibrio di entrate e di uscite, di redistribuzione e riorganizzazione continua: non solo accumulo, ma anche selezione e smaltimento» (Simona Argentieri).

È senz’altro all’insegna del rammentare, del ricordare, l’azione svolta da coloro che, negli archivi pubblici e privati, operano anche e soprattutto nella direzione della tutela e della valorizzazione delle fonti, con l’intento di conservare e diffondere la memoria storica, e di preservare, al tempo stesso, l’identità del nostro Paese.

Il 15 marzo 2022 è stata inaugurata la versione aggiornata, ricca di novità, di un Portale archivistico che ha impresso nella sua stessa denominazione l’obiettivo del non dimenticare: il Portale della Rete degli archivi per non dimenticare, inaugurato nel 2011 «dalla Direzione generale Archivi, dall’Istituto centrale per gli archivi e dall’Archivio Flamigni […] con l’idea di rendere disponibile ad un ampio pubblico tutta una serie di contenuti su temi legati al terrorismo, alla violenza politica e alla criminalità organizzata, che hanno segnato una lunga e dolorosa pagina della storia italiana» (Francesco Lisanti). E al ricordo di coloro che persero la vita in quel periodo è dedicata la sezione del Muro della memoria, che ne raccoglie le biografie. Nell’introduzione, Agnese Moro scrive: «Non possiamo riportarli tra noi. Ma possiamo ricordarli come bambini, donne e uomini reali, di carne e di sangue, ai quali terribili ideologie, interessi e trame hanno tolto il diritto di vivere. Impoverendo ognuno di noi e la nostra storia».

«La vita dei morti è riposta nella memoria dei vivi»
(Vita mortuorum in memoria est posita vivorum)
Cicerone, Philosophia, IX, 5, 10

 

Per saperne di più
Cicerone, De finibus bonorum et malorum, libro II, 34, 104
Scordare e dimenticare, a cura di Simona Cresti, Redazione consulenza linguistica, Accademia della Crusca
Giulio Giannelli, Lete, in Enciclopedia Italiana (1933), Treccani.it
Simona Argentieri, Memoria nella psicoanalisi, in Enciclopedia della medicina (2010), Treccani.it
Francesco Lisanti, Il nuovo Portale della Rete degli archivi per non dimenticare

 

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