«Camìcia, dicono negli uffizii pubblici quel foglio di carta soda, bianco o in colore, con diverse indicazioni sopravi, nel quale si raccolgono tutte le carte e atti riguardanti una faccenda. Dirai più esattamente ‘coperta’ e ‘copertina’». Non piaceva proprio a Costantino Arlìa (1829-1915), puntiglioso "linguaiolo" (secondo Carducci), questo uso della parola camicia. Con la collaborazione di Pietro Fanfani (1815-1879), che sembra si sia limitato alla revisione materiale a ad alcuni consigli metodologici, il purista calabrese scrisse il Lessico della corrotta italianità. Il volume, pubblicato nel 1877, fu poi riveduto e ampliato nel 1881, 1890 e 1898 con sovraccarico di sdegno nel titolo: Lessico dell'infima e corrotta italianità.

Gnoli

Domenico Gnoli, Girocollo 15 1/2, 1966

Il nostrano purismo storico ottocentesco, dall’abate Cesari in poi, passando per il Bernardoni, il Puoti, l’Arlìa e tanti altri, ce l’aveva, con gradazioni varie di intransigenza, con «neologismi, tecnicismi, forestierismi e ogni tipo di apporto da altre lingue o dialetti» e combatteva la propria battaglia «per salvaguardare la fisionomia lessicale, grammaticale e sintattica» della lingua, in nome di una «fase aurea di incontaminata purezza, successivamente scaduta e corrotta», eretta a modello (le citazioni sono tratte dalla voce purismo nell’Enciclopedia dell’italiano Treccani). Per Cesari, il modello era rappresentato dall’«aureo trecento» toscano del popolo e delle scritture laiche e religiose dei “minori” (rispetto alle “tre corone”). Tra i tecnicismi, lessicali o semantici, a quanto pare risultò sgradito anche l’uso specifico e settoriale che in àmbito archivistico si principiò a fare di camicia (l’uso di principiare invece di iniziare intransitivo sarebbe stato apprezzato dall’Arlìa). Probabilmente, in sovrappiù, non convinceva l’uso traslato di camicia. Sta di fatto che negli archivi (e nei tantissimi uffici dell’amministrazione pubblica), il termine camicia si impose nella definizione del primo, semplice ed efficace strumento materiale di aggregazione semantica di atti e documenti, cioè, detto con maggior precisione, «foglio di carta o di cartoncino, contenente documenti archivistici. Normalmente le camicie condizionano i fascicoli e gli eventuali sottofascicoli; sulle camicie possono essere indicati l’oggetto, la cronologia, la classificazione o la segnatura della unità archivistica e più raramente l’elenco degli atti contenuti». (Glossario, lombardiabeniculturali.it).

L’origine della parola camicia, dal tardo latino camīsia(m), è incerta anche se probabilmente il vocabolo è di derivazione celtica. La parola latina fu usata per la prima volta da San Gerolamo per riferirsi a una sorta di tunica indossata dai soldati. In italiano, la prima attestazione scritta di camicia in un volgare italico si trova in un verso del poeta lombardo duecentesco Ugo di Perso («camis q’avanza sot la gonela»).
Il significato più comune di camicia è tuttora quello di ‘indumento di tessuto leggero, a contatto con la pelle, che riveste la parte superiore del corpo’. Naturalmente i cambiamenti di foggia intervenuti nel corso dei secoli, tra necessità e moda, non cambiano la natura della parola e il suo significato di base, anche se oggi forse in pochi indossano la camicia alla Robespierre ‘camicia con largo colletto rovesciato, di modo  che il collo appare scoperto’, molto diffusa negli anni tra i Dieci e i Venti del Novecento.

Il sema [rivestimento/protezione] ha predisposto la parola a usi svariati e radicamenti in lessici settoriali di ogni tipo, relativi anche ad attività ad alto contenuto tecnologico. Per questo motivo le locuzioni con la parola camicia sono numerosissime. Ci limitiamo a indicarne alcune: camicia dell’altoforno designa l’intero rivestimento interno, fatto di materiale refrattario; camicia del fumaiolo, l’involucro esterno che forma l’intercapedine intorno al fumaiolo; camicia del cannone è il tubo interno di un pezzo di artiglieria composto, che può essere sfilato e sostituito quando è logoro; camicia di vapore è, nelle macchine a vapore, l’intercapedine che avvolge l’intero cilindro e che serve a ridurre la condensazione di vapore (e quindi le perdite) sulle pareti più fredde del cilindro. In edilizia, la camicia riguarda la protezione dei muri utilizzata per evitare che l’umidità penetri in essi.

Camicia si abbina bene, evidentemente, con i cromonimi, i nomi dei colori; e questi ultimi sin dall’antichità, si prestano a simboleggiare l’appartenenza a parti rivali: a Costantinopoli la contrapposizione tra Verdi e Azzurri migrava dallo sport alla religione fino alla politica, incruditasi nella rivolta di Nika del 532, che scoppiò sugli spalti dell’ippodromo e giunse a minacciare l’autorità giustinianea; saltando di secoli e territori, pensiamo ai Neri e ai Bianchi (fazioni in cui si suddivisero i guelfi) nella Firenze dantesca e, finalmente “incamiciati”, arriviamo alle camicie rosse garibaldine, seguìte settant’anni  dopo dalle camicie nere mussoliniane, dalle camicie azzurre dei nazionalisti e dalle camicie brune hitleriane. Le camicie verdi leghiste hanno avuto un precedente cromatico – registrato nelle cronache politiche dei quotidiani italiani tra gli anni Venti e Trenta del secolo scorso – nelle camicie verdi di Corneliu Zelea Codreanu, leader romeno della Guardia di ferro, espressione armata del Movimento legionario, di estrema destra, che ebbe una storia travagliata fino al 1941, tra scioglimenti (da parte del governo conservatore) e rinascite: «La polizia ha continuato in tutto il Paese il rastrellamento di membri della disciolta organizzazione della “Guardia di ferro”. Sono state operate numerosissime perquisizioni presso i capi del sodalizio e molti documenti sono stati sequestrati. In talune località i legionari hanno opposto resistenza alla forza pubblica. Lo studente Nicolaescu, comandante della Legione di Camicie verdi di Pitesti, ha accolto gli agenti recatisi ad arrestarlo a colpi di rivoltella e con lancio di petardi» («Corriere della sera», 1° gennaio 1934, p. 7).

Come tutte le parole d’uso comune che riguardano da vicino l’essere umano nella sua fisicità, anche camicia ha dato vita a modi di dire e proverbi accumulatisi nei secoli. Soltanto a partire dalla metà dell’Ottocento, camicia di Nesso è locuzione documentata nella nostra lingua nell’accezione di ‘abito, posizione, situazione molto scomoda’. Il riferimento è alla triste fine del semidio Eracle/Ercole, che, su suggerimento della moglie Deianira, incolpevolmente ingannata dal centauro Nesso, indossò una camicia ignifora e morì arso nelle carni.  Carlo Collodi (1826 – 1890), quello di Pinocchio, ebbe a scrivere che «Il giornalismo è la camicia di Nesso: una volta infilata e messa addosso, non c’è verso di levarsela più».
Giosue Carducci (1835 – 1907), invece, se la prese con Margherita d’Austria (chiamandola Margotta), da tutti soprannominata “la buona cucitrice” perché oltre a vantarsi da sé di essere una brava sarta camiciaia, era considerata una abilissima “cucitrice” di trattati internazionali: «Tu, Margotta, cucitrice ardita, / che in fretta meni su e giù le dita, / la camicia
di Nesso è ancor finita? / Presto! vogliam l’Europa imbavagliare» (Ninna nanna di Carlo V, nelle Rime nuove, ed. 1906).

Se il nesso tra Nesso e camicia è dolorosamente bruciante, quello tra il momento della nascita e l’indumento può essere fausto: nascere con la camicia, nato con la camicia, espressioni che dalla metà dell’Ottocento ne adattano in italiano una analoga di origine veneziana (con la camisetta al posto della camicia), vuol dire ‘essere fortunato’. La camicia del neonato è l’insieme delle membrane in cui è ravvolto il feto nel ventre materno e che escono dal corpo della madre non appena il parto si consuma. Era credenza che sarebbe stato di buon auspicio se il neonato fosse nato ancora avvolto nella camicia.

Per saperne di più
Pietro Fanfani e Costantino Arlìa, Lessico della corrotta italianità, Milano, Libreria d’Educazione e d’Istruzione di Paolo Carrara, 1877
Massimo Bellina, Purismo, in Enciclopedia dell’italiano, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2011
LombardiaBeniCulturali, Glossario

 

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