Un volume per capire le radici della realtà presente, per conoscere le ricchezze del patrimonio archivistico delle circa trecento banche confluite nel gruppo Intesa San Paolo, consentendo all'utenza specialistica e al grande pubblico l'analisi di problemi complessi esaminati sul lungo periodo.
È anche la riprova di quanto sia fondamentale la tutela esercitata spontaneamente dal soggetto che detiene l’archivio, in buona armonia con l’autorità pubblica di tutela del patrimonio culturale.
Gli archivisti e i ricercatori del Gruppo bancario, più di trenta fra attori principali e collaboratori interni ed esterni, sono stati impegnati in 15 anni di lavoro su di un materiale sterminato e in continuo accrescimento.
Per l’utenza interna, nella sfida imprenditoriale di prepararsi a governare l’imprevisto, l’archivio storico trova il suo ruolo non come semplice esaltazione delle glorie passate ma come palestra di ispirazione e anche di riflessione critica, perché il passato è sempre composto di ombre e di luci e riflettere sugli errori può essere persino più utile che analizzare i successi ottenuti. D’altra parte non si può dimenticare l’impegno deontologico professionale all’imparzialità in quanto l’archivio è offerto alla legittima pluralità delle interpretazioni, come un servizio aperto a tutta la comunità civile.
Il volume si presenta infatti anche al cittadino come una guida all’esplorazione di un territorio finora largamente sconosciuto dove si incrociano molti aspetti della storia nazionale e internazionale, della storia economica, sociale, politica, artistica e culturale.
L’opera offre sistematici suggerimenti di ricerca con dati estratti dagli inventari reperibili in toto sul sito dell’Archivio storico.
Non va trascurato che dietro queste preziose segnalazioni c’è un lavoro che comprende prima di tutto il salvataggio delle fonti, poi la selezione, il riordinamento, l’inventariazione, la pubblicazione, infine la valorizzazione e la promozione delle ricerche.
Si può citare tra i meriti della pubblicazione il coraggio di uscire in volume a stampa mentre il lavoro è in corso (e non può non esserlo per la continua alimentazione dell’archivio storico). La decisione si giustifica con l’alto grado di conoscenza generale ormai raggiunto sul complesso sistema di fonti.
In apertura del volume stanno i profili dei quattro istituti bancari principali dell’Archivio storico e dei rispettivi padri fondatori. Ogni scheda di istituto comprende una storia essenziale e medaglioni biografici.
Il coordinamento dell’opera è a cura di Francesca Pino e Alessandro Mignone, mentre Barbara Costa si occupa della CARIPLO (documenti dal 1823), Paola Chiapponi del Banco Ambrosiano Veneto (dal 1892), Guido Montanari della COMIT (dal 1894) e Matilde Capasso dell’IMI (dal 1931).
Seguono la sezione fotografica e iconografica illustrata da Serena Berno e la sezione multimediale a cura di Giovanni Secchi.
La seconda parte del volume contiene una originale comparazione delle strutture organizzative e delle modalità concrete di operare delle varie banche, che talora differiscono notevolmente per l’impronta data loro da personalità vigorose e creatrici.
Della Cassa di risparmio delle province lombarde – CARIPLO – si rievocano la nascita a Milano nel 1823 dalla Commissione Centrale di Beneficenza e le finalità di gestione di somme anche minime accantonate da lavoratori delle classi meno agiate per far fronte alla vecchiaia, alle malattie e per aiutare i figli. Oltre a quella contabile e giuridica, particolarmente ricca la documentazione costituita da mappe catastali, piani regolatori, progetti edilizi, mappe militari.
Tra i personaggi si citano il presidente di età giolittiana Giuseppe Marcora, garibaldino dei Mille e il successore Cesare Sarfatti, avvocato socialista confermato dal fascismo perché interventista nella Grande Guerra.
Un secondo grande complesso documentario testimonia la storia del Banco Ambrosiano, confluito nel 1989 nel Banco Ambrosiano Veneto insieme alla Banca Cattolica del Veneto. La lunga storia del Banco Ambrosiano, che inizia nel 1896, soffre di una ombra pesante con riferimento alla fine degli anni settanta del Novecento quando il presidente Roberto Calvi si dedica ad operazioni spregiudicate che gli costano l’arresto e finisce poi tragicamente i suoi giorni sotto il ponte dei frati neri a Londra.
Meno drammatica la storia della Banca Cattolica del Veneto che svolge una grande attività di raccolta delle rimesse degli emigrati italiani e di sostegno agli organismi cooperativi di mutuo soccorso di ispirazione cattolica nel periodo in cui il contrasto politico tra Stato e Chiesa è al massimo della tensione, svolge una utile funzione nella crisi del 1929 ed è infine oggetto di un intervento governativo dopo la stipula del Concordato. Questo fondo è ricco di archivi aggregati che coprono gli anni dal 1893 al 1973.
La Banca Commerciale Italiana – COMIT – nasce nel 1894 per investire sul debito pubblico italiano e sullo sviluppo della rete ferroviaria. Si tratta di un consorzio di banche tedesche, austriache e svizzere stabilito secondo accordi tra Crispi e Bismarck. I soci fondatori esercitano un controllo assiduo sull’andamento mensile, anche mediante ispezioni alle filiali, ma lasciano autonomia al management. Riveste dunque molta importanza la scelta del personale.
Le gravi perdite documentarie a seguito degli incendi del 1943 a Milano e del 1973 nell’archivio centrale di Parma sono in parte compensate dall’acquisizione in due tempi (1960 e 1994) dell’archivio privato di Otto Joel, uno dei fondatori, poi direttore generale e infine amministratore delegato Comit tra il 1911 e il 1914, costretto alle dimissioni insieme al collega Federico Weil perchè entrambi filo-giolittiani pacifisti.
Dopo il tentativo fallito della scalata ostile da parte di industriali arricchitisi con i profitti di guerra, il nuovo amministratore delegato Giuseppe Toeplitz dirige la banca con mano di ferro nel duplice piano dei crediti a breve termine e delle partecipazioni industriali, dagli anni venti fino alla crisi del 1929 – 1931, a seguito della quale l’Istituto entra nell’orbita IRI (1933).
L’Istituto Mobiliare Italiano – IMI – nasce nel 1931 non per salvare imprese decotte, ma per sostenere l’industria sana che rischia di sparire schiacciata dalla crisi mondiale. Suo artefice è Alberto Beneduce, finanziere di fiducia di Mussolini, cui si deve anche la riforma bancaria del 1936 che sancisce la separatezza tra banca e industria. Durante la guerra funzionano due IMI, uno al nord nella zona controllata dalla Repubblica sociale e dai tedeschi ed uno al Centro-sud nell’Italia man mano liberata dagli Alleati. Dopo la Liberazione, ne deriva la necessità di ricomporre in un sistema unitario i rispettivi archivi.
Infine il volume adotta un taglio trasversale per approfondire i temi e gli spunti di ricerca che le fonti suggeriscono.
Il tema del valore delle carte contabili è introdotto da una frase che del suo autore svela tutto l’entusiasmo: “La contabilità è un mondo affascinante (perché serve) per controllare un’azienda, valutarne l’andamento, orientare le strategie e ragionare di prospettive future”. Nella serie “Dimostrazioni periodiche” della Cariplo (dal 1840 al 1928) si citano gli esempi di contabilità del welfare regionale e i moduli a ricalco inventati per rendere più rapido ed efficace il controllo dei conti di profitti e perdite delle filiali. Certo si tratta di una documentazione difficile da gestire e da selezionare.
La rete territoriale, ben illustrata dalla mappa storica appositamente disegnata, presenta forti differenze e specializzazioni nelle sedi delle quattro banche confluite e ciò spiega l’attuale rete capillare delle agenzie di Intesa San Paolo. Le relazioni delle filiali Comit offrono straordinarie analisi della situazione economico sociale delle rispettive zone di competenza. Il mitico modulo 253, che aiuta il funzionario a valutare la richiesta di credito, è ancora oggi un modello di analisi del rischio.
Il patrimonio immobiliare e di opere d’arte delle trecento banche confluite è un altro tema pieno di fascino, spesso documentato da perizie, progetti, fotografie, così come accade per il tema degli interventi in occasione di danni di guerra e calamità naturali per rimettere i soggetti danneggiati in grado di riprendere una vita produttiva.
Le attività verso l’estero caratterizzano in tempi e modi diversi le quattro banche principali. La Comit si espande in Sudamerica e in Europa centro-orientale fin dai primi anni. Leo Valiani, che risulterà poi ispiratore della creazione dell’Archivio storico, a partire dal 1952 risulta inviato in avanscoperta dalla Comit in Iran, Irak, Pakistan, India, Afghanistan, Thailandia, ecc. L’IMI intanto si occupa di credito all’esportazione e di grandi opere, tra le quali la fabbrica Fiat di Togliattigrad.
I fascicoli del personale sono stati a lungo inaccessibili anche agli archivisti per ragioni di riservatezza, ma ora la consultabilità è garantita 70 anni dopo la fine del rapporto di lavoro.
Gli archivi degli Uffici studi sono senza dubbio tra i fiori all’occhiello delle banche più illuminate e lungimiranti. Vi si vede lo sforzo costante di analisi della congiuntura economica, la raccolta sistematica di fonti informative che costituiscono delle banche dati ante litteram e la diffusione degli studi a diversi livelli di analisi.
Seguono poi alcuni saggi di tipo storiografico su: Banca e industria; Fascismo e Liberazione; Diari, memorie e corrispondenze private; la Ricostruzione post bellica. I medaglioni biografici dei “principi” del credito evidenziano l’importanza del fattore umano tracciando i ritratti di personaggi come Raffaele Mattioli, Stefano Siglienti o Secondo Piovesan. Quest’ultimo nel gennaio 1970 lascia “alcuni appunti che possono servire ai miei successori” alla guida della Banca Cattolica del Veneto, dove scrive tra l’altro che “l’uomo al comando deve desiderare e rispettare il controllo” sul proprio operato.
Infine il volume, nel capitolo dedicato alle sezioni speciali dell’Archivio storico, introduce il lettore alle raccolte di oggetti e di materiale fotografico, iconografico e multimediale, sul quale saggiamente non sono state realizzate campagne di digitalizzazione a tappeto, ma selettive, ed i risparmi sono stati con molta intelligenza investiti in prioritarie attività di restauri e catalogazioni. Nelle descrizioni è stata data precedenza al censimento generale con pochi dati essenziali, in modo da poter programmare le priorità di approfondimento anche in relazione al futuro utilizzo.
A questo materiale eterogeneo (biblioteche storiche, manifesti, macchine d’ufficio, testimonianze orali, c’è persino la giubba rossa di un garibaldino) gli specialisti dei singoli beni e gli archivisti hanno concordemente applicato uno dei principi fondamentali dell’archivistica, che comporta la comprensione del contesto di produzione e d’uso dei documenti.
Memorie di valore. Guida ai patrimoni dell’Archivio storico di Intesa San Paolo.
Milano, Hoepli 2016, pp. 350, €29,90.