È stata inaugurata presso l’Archivio di Stato di Bari il 2 dicembre 2019, in concomitanza con un convegno sugli stessi temi, la mostra Luoghi e Memorie 1943-1945. Soldati e partigiani sovietici nella Resistenza italiana, dedicata ai soldati e partigiani sovietici nella Resistenza italiana e all’episodio del bombardamento della città di Bari avvenuto il 2 dicembre del 1943.
Sin dai primi contatti con i responsabili delle istituzioni ed enti di ricerca coinvolti nell’iniziativa, ne è apparso evidente il valore più ampio, in quanto occasione di dialogo con un paese straniero come la Russia. L’iniziale scambio di risultati di ricerche è infatti suscettibile di sviluppi futuri, attraverso il consolidarsi di un rapporto di amicizia e l’impegno a proseguire e coltivare la relazione appena avviata, nell’intento di approfondire spunti tematici e oggetti di indagine storica atti a rafforzare un legame culturale di fatto già esistente, grazie al culto di San Nicola che accomuna cittadini baresi e popolo russo e richiama con crescente frequenza gruppi sempre più consistenti di visitatori che da quelle terre lontane giungono a Bari in pellegrinaggio, attratti dalle reliquie del Santo che si conservano nell’antica basilica a lui dedicata, capolavoro dell’arte romanica pugliese. Stabilire dunque nuovi contatti in grado di contrastare l’enorme distanza che divide nello spazio le due comunità, è questa la prospettiva di più ampio respiro che intende avvalersi della conoscenza di vicende storiche come quella divenuta oggetto dell’iniziativa in argomento.
Gli enti promotori della mostra-convegno sono stati, oltre alla Fondazione Nikolaos di Bari, che opera quale trait d’union fra la realtà pugliese, valorizzandone l’offerta culturale nelle sue molteplici espressioni, e il panorama internazionale, la Società di storia della Russia (R.I.O.) e la Direzione del Comitato di Mosca della Società Dante Alighieri (la lingua italiana è la prima o seconda lingua oggetto di studio nelle scuole russe), in collaborazione con l’Archivio di Stato di Bari, con l’Istituto per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea (IPSAIC), con il Centro nazionale ricerche, con l’Associazione culturale Centro Teseo, e con l’Associazione nazionale marinai d’Italia.
Nell’Archivio di Stato di Bari, fra l’altro, nei fondi Prefettura di Bari ed Enti Comunali di Assistenza si conserva documentazione preziosa sui campi di accoglienza nei quali, negli anni a ridosso della Seconda guerra mondiale, tra le migliaia di profughi erano ospitati anche soldati russi.
Obiettivo della manifestazione è stato trasmettere e condividere conoscenze, emerse attraverso gli studi condotti da ricercatori e studiosi, su una pagina pressocché sconosciuta della nostra storia, vale a dire la presenza di circa 5.000 volontari sovietici che presero pare alla Resistenza a fianco dei partigiani italiani.
Tra i relatori provenienti dalla Russia, Irina Velikanova, direttore generale del Museo di Stato centrale di Storia contemporanea della Russia e membro del Consiglio della Società di storia della Russia (R.I.O.), ha introdotto i lavori; Konstantin Pevnev, membro del Consiglio della stessa R.I.O., ha illustrato gli studi e le attività culturali che la Società conduce, consentendo al pubblico presente in sala di entrare in contatto con realtà culturali nuove e diverse in ambito internazionale. In particolare la Società di storia della Russia persegue lo scopo di promuovere l’apertura degli archivi russi rendendoli accessibili e fruibili. Natalya Nikishkina, presidente del Comitato Dante Alighieri di Mosca, si è intrattenuta sul tema I partigiani sovietici: le ragioni di uno studio condiviso tra Italia e Russia.
L’italiano Massimo Eccli, autore del volume I partigiani sovietici in Italia (Veche Ed., 2018), professore presso la Biblioteca statale russa di Mosca, ha presentato i contenuti della mostra, che testimoniano la presenza di militari e partigiani sovietici in Italia, sepolti in centinaia di luoghi fra i quali Bologna, Cuneo, Genova, Firenze, Torino, Verona e altri. La ricerca di Eccli è partita da una delle tombe che si trovano nel cimitero di San Zeno di Montagna, in provincia di Verona e si è allargata a raccogliere informazioni su diversi cittadini sovietici deportati in Italia durante la guerra, riuscendo faticosamente a ricostruirne i nomi, spesso vistosamente alterati a causa di errori nella traslitterazione. Molti di loro riuscirono a fuggire dai campi di lavoro e si unirono alla Resistenza e ai distaccamenti partigiani.
La relazione della ricercatrice Giorgia Cutino, dal titolo Importanza e valore di una ricerca in itinere, ha posto l’accento sulle figure dei volontari sovietici che contribuirono alla lotta della Resistenza contro il nazifascismo, a fianco dei partigiani italiani, in diverse regioni d’Italia. Per quel che riguarda la Puglia e il territorio barese in particolare, le indagini intraprese hanno seguito due percorsi principali: la ricerca delle tracce rimaste e delle sepolture ed il recupero della cosiddetta “Missione AGON”. Circa quest’ultimo punto, è emerso che diversi manuali di storia russa riportano che nessun’altra città italiana, durante il conflitto, fu meta di missioni militari da parte delle forze alleate quanto la città di Bari, dotata di un porto che consentiva l’accesso all’Adriatico e di un aeroporto militare nella vicinissima Palese, che permetteva di controllare lo spazio aereo nazionale ed anche quello dell’area balcanica. Va ricordato che dopo l’8 settembre del ’43 Bari acquistò un ruolo centrale nella gestione delle vicende politiche e militari da parte degli angloamericani nell’Italia liberata. Determinante fu la funzione svolta da Radio Bari e la realizzazione, sempre a Bari, nel Teatro “Niccolò Piccinni”, del Congresso dei CLN che si svolse il 27 28 e 29 gennaio 1944, primo evento a livello europeo che segnò l’avvenuta liberazione dall’oppressione delle dittature ed il recupero delle libertà democratiche.
Dalla primavera del 1944 Bari divenne il punto di partenza di numerose operazioni militari, da svolgere nelle zone non ancora liberate. Tra queste operazioni si inserisce quella del Gruppo dell’Aviazione per Usi Speciali (AGON), composto da piloti russi alloggiati dal 15 luglio 1944 in un edificio scolastico nei pressi dell’aeroporto di Palese. Il gruppo, composto da circa 200 militari, operava con aerei da trasporto militare, con i carichi per i partigiani jugoslavi, scortati da aerei da combattimento. Si trattava dell’unica formazione militare impiegata al di fuori dell’URSS per missioni speciali nell’interesse di un altro Stato.
Venne così a crearsi un rapporto speciale e indissolubile tra i protagonisti sovietici di quelle vicende e la città capoluogo di Puglia, tanto da indurre diversi di loro, come è testimoniato nei diari, nelle lettere ed in talune poesie composte da alcuni di essi, ad adoperare l’espressione “la nostra Bari”.
Inoltre, all’aiuto prestato ai partigiani, reso particolarmente difficoltoso dalle caratteristiche delle zone aspre e montuose dove questi si arroccavano sotto l’incombente pericolo del controllo dei nazifascisti, va aggiunto quello prestato alla Resistenza jugoslava e di altri paesi europei.
La seconda parte della giornata è stata dedicata alla rievocazione del bombardamento della città di Bari del 2 dicembre 1943 ad opera di aerei della Luftwaffe. Le relazioni di Vito Antonio Leuzzi, direttore della Sezione pugliese dell’Istituto per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea (IPSAIC), di Angelo Vacca, docente di Medicina interna nell’Università di Bari, e di Giorgio Assennato, direttore generale dell’Agenzia regionale per la prevenzione e la protezione ambientale (ARPA Puglia), hanno posto al centro dell’attenzione, sotto il profilo storico ma anche dal punto di vista medico e scientifico, il disastro che causò circa un migliaio di vittime tra civili e militari. Fu colpito un intero convoglio di circa venti navi anglo-americane che trasportavano rifornimenti per l’VIII armata inglese. Conseguenze particolarmente devastanti di quella che fu definita “la seconda Pearl Harbour”, vennero provocate dall’incendio e affondamento della nave petroliera John Harvey, ormeggiata nel porto, carica di bombe all’yprite, arma chimica letale che a sua volta fu causa di morte e di gravissime lesioni per moltissimi individui.
Giova ricordare che l’argomento, già affrontato in occasione di diverse iniziative locali, tra le quali una mostra-convegno tenutasi sempre presso l’Archivio di Stato di Bari nel dicembre 2017, è stato trattato anche dai media nazionali, come nel caso del documentario 2 dicembre 1943: inferno su Bari, diretto da Fabio Toncelli, trasmesso in prima serata il 29 agosto 2014 su RAI Tre all’interno del format La Grande Storia, impressionante per le numerose, terribili immagini di repertorio e le interviste rilasciate dai sopravvissuti a quel terrificante episodio della Seconda guerra mondiale.
Luoghi e Memorie 1943-1945
Soldati e partigiani sovietici nella Resistenza italiana – Bari 2 dicembre 1943
Mostra-Convegno (Archivio di Stato di Bari, 2-10 dicembre 2019)