Si è svolta il 5 novembre a Torino presso la Fondazione 1563, ente di ricerca sull'arte e la cultura della Compagnia di San Paolo, la giornata di studio “Dalle carte, le vite”, presentazione di un progetto di ricerca tra storia, memoria, archivi e umanistica digitale.
“Le vite” è lo sviluppo di un lavoro avviato fin dagli anni ottanta del secolo scorso quando nei magazzini dell’allora Istituto bancario San Paolo di Torino venne ritrovato e messo in sicurezza l’Archivio dell’EGELI (Ente Gestione e Liquidazione Immobiliare). Costituito dal fascismo all’indomani della emanazione delle leggi razziste dell’autunno del 1938, scopo dell’EGELI era il censimento, la confisca e la gestione dei beni appartenenti alle famiglie ebraiche; l’esecuzione di questo mandato fu affidata a una serie di banche di diritto pubblico, distribuite sul territorio nazionale. Al San Paolo, toccarono Piemonte e Liguria. L’attività di quegli anni ha formato l’archivi oggi conservato nell’archivio storico di Intesa San Paolo. Il fondo, dal momento della sua individuazione è stato studiato, riordinato, inventariato, reso accessibile al pubblico e fa parte dell’Archivio storico del San Paolo, affidato appunto alla custodia della Fondazione 1563, da tempo impegnata nella sperimentazione di nuovi metodi di comunicazione della storia.
Lo scorso anno, in occasione degli ottant’anni delle leggi razziste del 1938, su queste carte è stata realizzata la mostra “Le case e le cose” che ha richiamato oltre un migliaio di visitatori, ha prodotto un catalogo andato rapidamente esaurito (che continua a essere scaricato dal sito web della mostra), ha permesso di sviluppare una importante attività con le scuole che ha coinvolto numerose classi nella costruzione di percorsi didattici.
Per dare seguito a questo interesse e per offrire nuove chiavi di lettura della complessità del fenomeno delle persecuzioni razziali a Torino e in Italia tra la fine degli anni Trenta e il secondo conflitto mondiale, il progetto “Le vite” punta a costruire, su solide basi metodologiche, una narrazione attraverso le voci che emergono dalle carte, e non solo da quelle. Nel corso della mattinata seminariale sono stati presentati i primi risultati della ricerca, avviata con la pubblicazione di un nucleo di una ventina di profili che, attraverso il montaggio di documenti provenienti da archivi torinesi, italiani e internazionali ricostruiscono momenti cruciali della “vite” delle persone che emergono nelle fredde pratiche di sequestro dell’EGELI. Partendo da questi sedimenti documentari, il convegno è dunque stato un momento di condivisione degli obiettivi della ricerca.
I lavori sono stati aperti dalla relazione del professor Fabio Levi, docente di storia contemporanea dell’università di Torino e uno di primi studiosi del Fondo EGELI, che ha ripercorso la storia dell’ente inquadrando l’attività di sequestro dei beni ebraici nel contesto della legislazione razzista. Sono poi seguite le relazioni della direttrice della Fondazione 1563 Anna Cantaluppi, che ha ripercorso trent’anni di lavori sul Fondo EGELI. Elisabetta Ballaira, vice direttrice, e Augusto Cherchi, storico e responsabile di Alicubi (l’agenzia cui è affidata la realizzazione della piattaforma che ospita il progetto e ne pubblica i risultati) hanno illustrato il senso e le motivazioni da cui muove e le rotte verso cui si intende orientarlo, dopo che in questa fase di avvio il progetto ha già potuto contare sull’adesione di oltre 35 istituti archivistici, numerosi ricercatori, archivisti, scuole, famiglie. È stato sottolineato in particolare come il senso del progetto è quello di costruire profili che non hanno l’ambizione di caratterizzarsi come vere e proprie biografie ma piuttosto come sequenze di frammenti capaci di farci percepire chi erano, quali storie personali avevano alle spalle, come reagirono alle sollecitazioni del quotidiano coloro che vissero in posizioni diverse (come vittime, come esecutori di disposizioni persecutorie, come osservatori distratti, come portatori di aiuti provvidenziali) le vicende di quei giorni. Una narrazione basata sulla ricerca, la selezione, il montaggio di documenti provenienti da un vasto numero di archivi pubblici e privati: di stato, di imprese, comunali, scolastici, militari, di comunità, famigliari, di giornali ecc. Non solo carte, ma testimonianze orali, film di famiglia, immagini… insomma tutto ciò che esprime nella maniera più compiuta il concetto ampio di “documento” inteso come “tutto ciò che rappresenta un fatto”.
Il passaggio tragico delle vicende storiche del Novecento attraverso la storia ordinaria di famiglie e persone di origine ebraica che oltre a subire la deportazione, la spoliazione fisica e l’annientamento della dignità più profonda di esseri umani, fino alla morte nei campi di concentramento, hanno dovuto subire la confisca di tutti i loro beni mobili e immobili a causa delle aberranti leggi razziali è poi stato ripercorso dai contributi di Dario Taraborrelli, sul rapporto delle “immagini come documento” che ha affrontato il tema della complessità di interpretazione dei documenti fotografici e la caratteristiche di essere al contempo fonti infinitamente analitiche ma povere dal punto di vista informativo se non correttamente contestualizzate. Le “carte raccontano” di Victoria Musiolek è stata una riflessione sulle analogie che intercorrono tra la documentazione EGELI individuando i tratti tipici dell’azione dell’ente durante le attività di sequestro. La “dimensione partecipata e didattica” di Erika Salassa, archivista della Fondazione 1563, è stata l’occasione per mostrare la vera e propria rete di relazioni che si è attivata per questo progetto, che restituisce il senso di una comunità al lavoro. In un atmosfera di emozione autentica è stata infine riportato l’eccellente contributo sulla tragica esperienza della famiglia Jona, raccontata dagli ex-studenti dell’I.I.S. “B. Russell-A. Moro-G. Guarini” guidati nel percorso didattico dalla prof.ssa Antonella Filippi.
L’incontro si è concluso con l’intervento del presidente della Fondazione, Piero Gastaldo, che ha sottolineato l’importanza di ricerche come queste nel costruire una visione storica viva e presente nelle coscienze, in una visione dove storia e memoria sono due facce dello stesso approccio critico e civile alla lettura del passato.
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