L’uso e la crescita di interesse, in contesti e settori disciplinari differenti, delle tecnologie legate al Web semantico, dalla pubblicazione di ontologie - si pensi, ad es., a quelle del progetto ReLoad o alla recente SAN Ontology - alla creazione di Linked Open Data, sollecita la riflessione sui «modi e sistemi di valorizzazione del potere informativo espresso dalle descrizioni archivistiche» (Tomasi-Daquino 2015).
La gestione semantica dei contenuti presenti in rete sprona, dunque, anche gli archivisti al ripensamento della rappresentazione delle entità archivistiche, nell’intento di superare un approccio quasi esclusivamente formale, poco attento ai contenuti, scarsamente permeabile ai numerosi contesti nei quali sono immersi i documenti archivistici, poco applicabile alla creazione di relazioni orizzontali che possano suggerire l’originaria unitarietà culturale dei beni archivistici. Gli attuali strumenti informatici, ispirati agli standard internazionali di descrizione archivistica, se da una parte hanno contribuito a garantire il livello scientifico dei prodotti realizzati e a renderli omogenei, formalmente accurati, confrontabili, se non addirittura interoperabili, risentono, alla luce di nuove impostazioni tecnologiche, di alcune criticità.
La comunità archivistica nazionale ed internazionale, per esempio, si sta interrogando sulla validità del noto albero rovesciato, che ha accompagnato l’applicazione dello standard ISAD(G), quale riferimento esclusivo di rappresentazione delle strutture presenti nei complessi archivistici. Una rappresentazione in cui, mentre, «le relazioni per così dire verticali fra i diversi livelli sono ben messe in rilievo dalla stessa logica delle metafore gerarchiche di rappresentazione, quelle di carattere per così dire “orizzontale” che rilevano le connessioni e le complementarità fra le diverse partizioni e serie dei fondi non solo non emergono quasi mai dalle descrizioni, ma spesso sono rese opache da quelle stesse metafore» (Vitali 2014). Già qualche anno fa, Michetti aveva avanzato l’ipotesi di superare il «pregiudizio che riconosce nella gerarchia la relazione privilegiata» (Michetti 2009) e andare, d’accordo con la natura reticolare e dinamica dell’ipertesto, verso una semantica che potesse arricchire, attraverso forme parallele, le connessioni tra entità finora, per abitudine e/o convezione, percepite e riprodotte come assolutamente gerarchiche.
Riflessioni che hanno fatto molta strada, al punto da indurre la comunità archivistica internazionale ad elaborare negli ultimi anni la bozza, che ha visto la luce a fine 2016, di un nuovo standard Records in Contexts (RIC) che ingloba i quattro già esistenti e propone un modello concettuale di descrizione archivistica (RIC-CM) da sviluppare successivamente con una ontologia (RIC-O).
Le precedenti considerazioni, in particolare il salto in avanti operato da RIC rispetto ad una descrizione che non sia soltanto multilivellare ma multidimensionale, costituiscono le premesse dell’indagine che qui presentiamo. Collocato nell’ambito del progetto MODEUS (Making Open Data Effectively Usable), il lavoro ne condivide l’idea chiave: utilizzare la semantica indicata nella formalizzazione ontologica di un’area della conoscenza per dar vita a dati aperti, annotati e naturalmente “linkati”. Adottando una prospettiva informatico-archivistica, la ricerca si è proposta la costruzione di un modello adeguato al carattere relazionale e contestuale del patrimonio informativo del Catasto gregoriano conservato presso l’Archivio di Stato di Roma, segnatamente del fondo Catasti pontifici di Tivoli e suo territorio (o Cancelleria del censo di Tivoli). Integrando lo studio della normativa, la storia delle istituzioni e l’analisi dei documenti si è pervenuti alla proposta di uno schema concettuale che abbraccia le procedure amministrative e la documentazione prodotta dai diversi attori istituzionali coinvolti nell’ attuazione del primo catasto generale geometrico-particellare dello Stato pontificio. Con l’ausilio di Eddy, editor per lo sviluppo di ontologie nel linguaggio grafico Graphol, la concettualizzazione ha portato alla realizzazione di un’ontologia, che si è avvalsa del potere espressivo di OWL per restituire la complessità del Gregoriano attraverso tre diversi tipi di relazioni semantiche: le relazioni tra le unità archivistiche, le relazioni tra gli elementi informativi veicolati nei contenuti dei documenti del fondo, le relazioni di provenance che legano quegli elementi alla documentazione da cui sono desunti. La formalizzazione ontologica esalta la ricchezza espressiva e informativa dei documenti trattati, conservando uno stretto legame con i record e la loro sedimentazione storica presso l’attuale soggetto conservatore. Il valore di quest’approccio risiede nel tenere insieme contenuti e contesti di produzione e conservazione della documentazione.
Delle mappe prese in considerazione (le rappresentazioni cartografiche delle dieci sezioni in cui venne suddiviso il Comune di Tivoli) oltre ai tradizionali elementi descrittivi (la segnatura, la denominazione, le date, il soggetto produttore, il livello etc.) sono state evidenziate altre proprietà: il geometra che le ha elevate, gli ingegneri che le hanno verificate. Ancora, una mappa rappresenta graficamente una o più sezioni catastali di un Comune, ciascuna sezione catastale contiene a sua volta una o più particelle. Di ogni particella è stato indicato il numero di mappa o mappale, l’estensione, l’estimo, la contrada in cui è ubicata etc., ma anche l’intestatario o gli intestatari, di cui si è scelto di catturare, invece, nome, cognome, domicilio ma anche il patronimico (essenziale all’individuazione), lo stato civile e il loro mutare nel corso del tempo. Di ogni informazione viene precisata la provenienza, vale a dire la fonte dalla quale la si è tratta. Continuando nell’esemplificazione, saranno, infatti, le istanze di voltura e i registri dei trasporti del citato fondo a segnalare il cambio di intestazione, le modalità in cui è avvenuta e l’atto notarile che la testimonia, mentre saranno i catastini a notificare i possedimenti ascrivibili ai singoli soggetti. L’impostazione del modello permette diversi punti di accesso: archivistico (fondo, soggetto produttore, segnatura etc.) e contenutistico (persona intestatario, particella, mappa, etc.), punti che si dispongono sia in senso verticale e gerarchico sia in senso orizzontale, permettendo una navigazione foriera di scoperte.
La formalizzazione ontologica si costruisce, insomma, attraverso un movimento circolare e virtuoso: si parte dagli oggetti documentari per estrarre concetti e relazioni, si ritorna agli stessi per attingere dati storici per il popolamento del livello estensionale dell’ontologia. La base di conoscenza congegnata in questo modo diventa strumento di ricerca sul dominio così come “rappresentato” dai e nei documenti. Facciamo un esempio di interrogazione partendo da un dato a disposizione. Dal cognome (Masci), potremmo giungere al soggetto di interesse (Masci, Agostino), ai beni che gli appartengono e ovviamente all’unità archivistica che ci ha consegnato quelle informazioni (pagina 1464 del Catastino n. 3566, contenuto nella sottoserie Catastino, Rustico, 1835, etc.). Continuando potremmo arrivare alla particella, sapere qual è la mappa che la contiene (e di concerto, la segnatura per poterla richiedere o l’esistenza della medesima in digitale per consultarla); a chi apparteneva quell’appezzamento di terreno o a chi apparterrà in futuro e a quale titolo (dote, donazione inter vivos etc.) con riferimento all’istanza di voltura, quindi ancora una volta al record. Potremmo vederci restituiti tutti gli immobili che abbiano un certo valore (in scudi e baiocchi) o estensione, o con un tipo di destinazione d’uso (si è adoperato un vocabolario “controllato” che riproduce e chiarisce, quando opportuno, quanto disposto con un apposito regolamento pontificio del 1816). Tutto ciò che è stato definito nell’ontologia e popolato diventa ricercabile ed esplorabile senza soluzione di continuità.
Concludendo, i risultati conseguiti dall’ indagine sembrano confermare il ruolo strategico che le ontologie potrebbero giocare, in ambito archivistico, per definire i termini e l’organizzazione di un dominio di conoscenza nonché l’esplosione del loro potenziale informativo.
- Archivio di Stato di Roma, Catasti pontifici di Tivoli e suo territorio o Cancelleria del censo di Tivoli 1734, 1777-1883, regg. 428.
- P. FELICIATI, Dall’inventario alla descrizione degli archivi in ambiente digitale: si possono offrire agli utenti risorse efficaci?, in E-laborare il sapere nell’era digitale. Strumenti e tecniche per la gestione, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio culturale in ambiente digitale, Montevarchi (Italia), 22-23 novembre 2007, [ultima visita 10.2.2017].
- International Council on Archives Conseil International des Archives. Expert Group on Archival Description, Record in Contexts. A conceptual model for archival description, Consultation Draft v0.1, September 2016.
- D. LEMBO – D. PANTALEONE – V. SANTARELLI – D. F. SAVO, Easy OWL Drawing with the Graphol Visual Ontology Language, in Principles of Knowledge Representation and Reasoning: Proceedings of the Fifteenth International Conference, Cape Town, South Africa, April 25-29, 2016, AAAI Press 2016, pp. 573-576.
- D. LEMBO – D. PANTALEONE – V. SANTARELLI -D. F. SAVO, Eddy: A Graphical Editor for OWL 2 Ontologies, in Proceedings of the Twenty-Fifth International Joint Conference on Artificial Intelligence, New York, NY, USA, 9-15 July 2016, IJCAI/AAAI Press 2016, pp. 4252-4253.
- G. MICHETTI, Ma è poi tanto pacifico che l’albero rispecchi l’archivio?, in «Archivi & Computer», 1, 2009, pp. 85-95.
- F. TOMASI – M. DAQUINO, Modellare ontologicamente il dominio archivistico in una prospettiva di integrazione disciplinare, in «JLIS.it, Rivista italiana di biblioteconomia, archivistica e scienza dell’informazione», Vol. 6, n. 3, settembre 2015, pp. 13-38.
- S. VITALI, La descrizione degli archivi nell’epoca degli standard e dei sistemi informatici, in Archivistica. Teorie, metodi, pratiche, a cura di L. Giuva e M. Guercio, Roma, Carocci, 2014, pp. 179-210.
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