Nell'annuale appuntamento di Stelline, a Milano, durante la sessione dedicata a Inventari e censimenti: pubblicazioni locali e sistemi nazionali si è discusso su come cambia il ruolo ma anche il concreto operare degli addetti, alla luce di alcuni significativi cambiamenti del quadro normativo e tecnologico.

Una consuetudine. La giornata dedicata alle tematiche archivistiche nell’ambito dell’annuale appuntamento di Stelline appare come una consolidata consuetudine. Negli ultimi anni è stata dedicata ad Archimista e alla sua lenta ma, sembrerebbe, indovinata evoluzione: da strumento di produzione di banche dati inventariali a veicolo di pubblicazione online. Quest’anno il tema, non così puntuale e circoscritto, si può approssimativamente sintetizzare nel modo seguente: come cambia il ruolo ma anche il concreto operare degli addetti, alla luce di alcuni significativi cambiamenti del quadro normativo e tecnologico.

Nel mese di ottobre 2016 il consiglio regionale della Lombardia ha approvato una legge, la numero 25 per l’esattezza, che titola Politiche regionali in materia culturale – Riordino normativo. Si tratta di un insieme di norme “di sintesi e di principio”, così le ha raccontate Claudio Gamba, dirigente regionale e relatore sul tema. Il nuovo testo abroga diciannove leggi precedenti, ne aggiorna e sintetizza i contenuti. Si passa da dispositivi analitici e “procedurali” ad un corpus sintetico, che delinea il quadro generale e demanda gli aspetti operativi ad atti di programmazione: un piano triennale da cui discendono programmi annuali di attuazione. La legge definisce i ruoli dei vari soggetti, pubblici e privati, e regola tutti gli ambiti di attività: dalle biblioteche ai musei, dallo spettacolo dal vivo ai beni immateriali.
L’articolo 15 è dedicato agli archivi storici: dichiara che la Regione promuove la conoscenza e la valorizzazione del patrimonio archivistico degli enti locali o di interesse locale, conservato all’interno di istituti e luoghi della cultura. Gli strumenti programmatori sono in corso di redazione: con ogni probabilità anche quest’anno, in continuità con quelli precedenti, le risorse saranno rese disponibili attraverso un “avviso unico” da cui dipenderanno specifici bandi settoriali. Con orizzonte più ampio, la legge introduce ulteriori prospettive d’interesse per chi opera nel settore: l’assegnazione del riconoscimento regionale a istituti e luoghi della cultura che posseggano adeguati standard di qualità (art. 6) e un nuovo strumento di pianificazione “multisettoriale”, il PIC – Piano Integrato della Cultura (art. 37), volto a facilitare una maggiore integrazione tra territori e tipologie di beni diversi, così come tra soggetti pubblici e privati.

La realizzazione di SAN, e dei collegati portali tematici, a partire dall’ormai lontano 2009, è certamente uno degli elementi che maggiormente hanno contribuito a mutare il panorama operativo di archivisti e utenti. Come è noto SAN si arricchisce, con periodicità e modalità differenziate, attraverso il lavoro realizzato sul territorio. Anche l’inventario prodotto nel più remoto dei borghi può essere, in tempi ragionevolmente brevi, messo a disposizione del pubblico potenzialmente planetario della rete. Questo almeno in teoria. Occorre però chiedersi se SAN ha avuto e se “conserva una sua utilità, al di là della sua incarnazione attuale, anche tecnologica”. Il quesito, solo apparentemente provocatorio, è stato posto da Stefano Vitali, direttore di ICAR, e dunque principale responsabile di SAN. Le fonti dei dati per affrontare il tema sono diverse: un sondaggio promosso dall’Istituto tra novembre 2015 e gennaio 2016 e le statistiche relative agli utenti dei sistemi e dei portali dell’Amministrazione archivistica (SAN, SIUSA, SIAS). Seppure in presenza di alcune disomogeneità (ad esempio la rilevazione in anni diversi, 2015 o 2016) e in assenza di alcuni indicatori (come quelli concernenti i sistemi sviluppati autonomamente da alcuni Archivi di Stato al di fuori del SIAS), il confronto e l’interpretazione dei risultati hanno evidenziato come SIUSA costituisca, insieme ai sistemi di ambito regionale o locale, la vera novità dell’offerta degli ultimi anni. Questi “portali” hanno fatto emergere e diffuso la conoscenza su un patrimonio archivistico conservato da soggetti pubblici, semipubblici e privati fino a poco tempo fa scarsamente noto, se non del tutto sconosciuto, in grado di offrire un insieme di fonti dai caratteri differenti rispetto a quelle accessibili negli Archivi di Stato.
Ampliando lo scenario, è utile considerare anche i numeri riferiti alla frequentazione delle sale di studio degli istituti archivistici, disponibili attraverso il sistema statistico del MIBACT. Pur con le dovute cautele, l’ordine di grandezza corrisponde a quello calcolato per gli utenti dei sistemi dell’Amministrazione archivistica. È, dunque, possibile identificare la maggioranza dei fruitori online con quanti frequentano con una certa assiduità o anche episodicamente le istituzioni archivistiche? Il sondaggio già citato sembra confermare: una elevata percentuale di ricercatori ricorre alla consultazione su web in vista di un sopralluogo in archivio, e la ritiene, a cominciare dal SAN, mediamente, “abbastanza soddisfacente”.
L’utilizzo di sistemi archivistici e strumenti di ricerca online è, pertanto, un fatto ormai abituale e irrinunciabile da parte di quanti visitano gli archivi.
Le statistiche sugli accessi denunciano, tuttavia, anche l’esistenza di ampie fasce di utenti “potenziali”: le loro esigenze di informazione e conoscenza potrebbero essere soddisfatte dalla documentazione d’archivio, ma mancano la consapevolezza e la familiarità con la ricerca archivistica.

Stefano Vitali suggerisce di avvicinare tali categorie di fruitori proprio attraverso la comunicazione online: le istituzioni archivistiche potrebbero intercettare questa utenza, offrendole servizi differenziati, in grado di interpretare anche “altri” bisogni informativi, e guidandola lungo percorsi di ricerca specifici e adeguati a competenze e background culturali diversi.
Non mancano, in conclusione, obiettivi da raggiungere e ostacoli da superare. In sintonia con la vocazione del SAN, l’ICAR intende ricominciare a garantire l’alimentazione e l’aggiornamento periodico del sistema con i dati archivistici prodotti sul territorio e ricercare soluzioni condivise per valorizzare il patrimonio archivistico e potenziare i servizi offerti ai cittadini in rete. In questa ottica si collocano gli accordi che l’ICAR ha stipulato e sta stipulando con le regioni. Tra questi l’accordo siglato nel dicembre 2016 con Regione Lombardia.

E sul rapporto tra SAN e progetti locali e, in particolare, sulla “qualità” dei prodotti locali si è soffermato l’intervento di Maurizio Savoja, soprintendente archivistico per la Lombardia, che ha enucleato una serie di limiti ricorrenti o, se si preferisce, di possibili aree di miglioramento. A differenza di una quindicina di anni or sono, oggi gli archivisti si muovono “in un mondo in rete: le nostre descrizioni andranno in rete, vengono redatte in rete, avendo la rete a disposizione”. Occorre rendersi pienamente consapevoli di questo quadro, e coglierne le opportunità “con coscienza ed onestà” e quindi, ad esempio, avere presenti le risorse già disponibili (e linkabili) nei sistemi informativi per evitare ridondanze e inutili duplicazioni.
Il soprintendente ha poi esposto alcune considerazioni di ordine pratico, a cominciare dalla evidenza di un equivoco piuttosto frequente: l’utilizzo del termine “titolario” come equivalente di “struttura”. Il primo è un sistema di classificazione e non è affatto sinonimo del secondo; uno stesso titolario può corrispondere a tanti diversi ordinamenti concreti.
Un “difetto” riscontrabile in molti lavori archivistici è dato da una eccessiva, e astratta, articolazione della struttura. La creazione di partizioni nel software inventariale deve essere funzionale a rappresentare in modo efficace la logica organizzativa specifica dell’archivio ed essere d’aiuto all’utente perché comprenda tale logica e possa “navigarci” nel modo migliore. Troppo spesso invece gli alberi presentano una pletora di ramificazioni che rispondono ad una sorta di “ebbrezza classificatoria” dello schedatore. Il richiamo è ad una struttura “economica, asciutta, indispensabile”, che assicuri agli utenti “ergonomia descrittiva e agevole consultabilità”. Rimedi proposti: descrizioni più “ricche” per un numero inferiore di livelli e una maggiore attenzione alle intitolazioni delle unità contenute.
Accortezze che consentirebbero di eliminare un’altra anomalia ricorrente: la presenza di “figli unici” o quasi unici, cioè schede riferite a complessi che comprendono una-due unità, all’interno delle quali è presente a volte la sola denominazione. O, all’opposto, livelli che contengono sia unità che sottostrutture.
L’intervento del Soprintendente si è concluso richiamando indicazioni specifiche sugli attributi necessari per ogni entità: informazioni che è necessario dare e che richiedono “completezza e coerenza”, oltre che pertinenza. Alcuni esempi: non solo occorre indicare consistenza e date del complesso, ma “un contenitore deve corrispondere alla somma dei contenuti”, i conti, cioè, tra livelli superiori e inferiori devono tornare; è opportuno evitare di inserire dati avulsi dal contesto descrittivo o “caduchi”, destinati a invecchiare troppo presto, come l’organigramma di un ente; e fare attenzione a non confondere soggetto produttore e profilo istituzionale, entità deputate a svolgere funzioni diverse.

Informazioni non così banali sono quelle relative al progetto, sulle quali si è soffermata la comunicazione conclusiva, effettuata da chi firma queste note. La scheda relativa al “progetto”, nella applicazione Archimista, ha la funzione di illustrare le responsabilità professionali e il contesto istituzionale, organizzativo ed eventualmente anche finanziario nel quale si sviluppa l’intervento. Questi dati appaiono particolarmente rilevanti nei sistemi informativi di lungo periodo che raccolgono lavori prodotti nel corso di decenni. La natura e la qualità delle descrizioni stesse risentono, inevitabilmente, della cultura professionale degli operatori, della sensibilità istituzionale dei soggetti titolari degli archivi e anche, perché no, delle risorse finanziarie disponibili. E’ bene tenere memoria di tutti questi elementi che serviranno agli utenti del sistema per meglio utilizzare gli strumenti pubblicati.
Occorre in primo luogo riportare la denominazione del progetto. Non esiste al momento una sintassi specifica, ma è importante che contenga il riferimento al lavoro effettuato (riordino e inventariazione, inventariazione, censimento, guida alle fonti …) e il fondo, o i fondi, oggetto della descrizione. Serve poi specificare la tipologia dell’intervento che, orientativamente prevede quattro possibilità: la produzione di censimenti e guide, operazioni di riordino e inventariazione, il recupero o la rielaborazione e la informatizzazione di corredi pregressi ed infine la produzione di elenchi anche provvisori e parziali.
Elementi informativi di primaria importanza per sistemi di lungo periodo sono la cronologia dell’intervento, in primis l’anno di inizio e la conclusione, e le responsabilità. Quanto a queste ultime, sono sostanzialmente di due tipi: quelle professionali (responsabile scientifico, responsabile operativo, coordinatore, schedatore) e quelle istituzionali dei soggetti a vario titolo coinvolti in relazione a finanziamento, realizzazione, promozione, coordinamento operativo.
Nella scheda di Archimista destinata a raccogliere tutti gli elementi sin qui elencati vi è poi un apposito campo, quello della “descrizione”, che dettaglia e raccorda le informazioni in un unico testo: gli attori coinvolti col rispettivo ruolo, le forme di finanziamento, la cronologia e il percorso seguito. Questo campo descrittivo può cambiare parzialmente di funzione in relazione al tipo di progetto. In un lavoro di riordino e descrizione inventariale le scelte metodologiche vengono illustrate in “Nota dell’archivista”, all’interno della scheda relativa al complesso. In un censimento o nella compilazione di una guida sono, invece, da riportare necessariamente in questa sede. In altri termini: nel campo descrizione di un progetto di censimento occorrerà dar ragione degli eventuali sopralluoghi, delle modalità di raccolta e di presentazione dei dati, dell’utilizzo di fonti e di corredi pregressi ma anche, sul piano organizzativo, delle criticità affrontate.

Queste note sono state redatte utilizzando gli appunti relativi ai loro interventi gentilmente forniti da Maurizio Savoja e Stefano Vitali, che ringrazio. Le locuzioni tra apici riportano i loro testi letteralmente.

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Iniziative collaterali – venerdì 17, ore 9,30 – 12,30, Sala Bramante
Inventari e censimenti: pubblicazioni locali e sistemi nazionali
Cambia il lavoro degli operatori nei nuovi contesti tecnologici. Come migliorare la qualità del lavoro archivistico attraverso la condivisione di buone pratiche e risorse informative.
(a cura della Struttura Istituti e luoghi della Cultura e Soprintendenza Beni librari di Regione Lombardia)

Claudio Gamba Dirigente Struttura Istituti e luoghi della Cultura di Regione Lombardia
Gli archivi storici nella nuova legge della cultura

Stefano Vitali Direttore ICAR – Istituto Centrale per gli Archivi del MiBACT
Il raccordo fra i sistemi locali, regionali e nazionali e il ruolo del SAN

Maurizio Savoja Soprintendente archivistico e bibliografico della Lombardia
Riflessione sulle banche dati di descrizione archivistica

Francesca Varalli Archivi storici, SIRBeC e portale Lombardia Beni Culturali di Regione Lombardia
La “scheda progetto” nei lavori di descrizione archivistica

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