Con l’elezione del 45° presidente degli Stati Uniti d’America Donald Trump, e la precedente campagna elettorale senza esclusione di colpi, la comunità archivistica statunitense è stata attraversata da un acceso dibattito sul ruolo e la responsabilità degli archivisti al tempo della post-truth e delle fake news. In un ultimo post sul suo blog Reading Archives and the Academy Richard J. Cox prova delineare una nuova missione per la professione archivistica.
Con l’elezione del 45° presidente degli Stati Uniti d’America Donald Trump, e la precedente campagna elettorale senza esclusione di colpi, la comunità archivistica statunitense è stata attraversata da un acceso dibattito sul ruolo e la responsabilità degli archivisti al tempo della post-truth e delle fake news.
Il dibattito si è sviluppato partendo da vere e proprie campagne di azione e di coinvolgimento diretto degli archivisti, come nel caso del guerrilla archiving, quando nel dicembre del 2016 diversi siti web amministrativi statunitensi, contenenti dati e studi sul cambiamento climatico, sono stati salvati con modalità “non ufficialI” sulla piattaforma web Archive per timore che l’amministrazione Trump potesse oscurare o modificare le informazioni in essi contenuti, facendo seguito ai programmi elettorali del neo presidente in ambito ambientale.
In questo contesto di grande dibattito collettivo, il 21 luglio scorso, l’archivista e docente universitario Richard J. Cox ha pubblicato sul suo celebre blog Reading Archives and the Academy il suo ultimo discorso tenuto all’AERI di Toronto (Archival Education Research Institute) prima di ritirarsi dall’attività accademica: Last Words on the Archival Mission, una riflessione complessiva sul ruolo e sulla missione degli archivisti in un presente dove fake news e post-truth sono al centro di una dibattito pubblico che intreccia il mondo dell’informazione, l’amministrazione dello Stato e l’idea stessa di credibilità delle istituzioni.
Cox pone alcune domande fondamentali attorno al ruolo degli archivi e degli archivisti in questo contesto di grande incertezza, domande sicuramente legate alla particolare situazione statunitense, ma che interrogano qualsiasi comunità archivistica sul proprio ruolo nelle società democratiche contemporanee. Il centro del ragionamento di Cox è una critica all’accettazione, più o meno consapevole, da parte degli archivisti di alcune categorie tipiche del pensiero postmoderno, che hanno portato ad una sostanziale perdita di punti di riferimento, concentrandosi in particolare al rifiuto del concetto di verità e, in modo più plateale dal 2016 ad oggi, alla questione della post-truth e degli “alternative facts”.
Cox prosegue su alcuni punti che ritiene siano le priorità sulle quali si giocherà il futuro stesso del ruolo dell’archivista nella società, che a suo avviso deve avviarsi verso una profonda trasformazione per non esaurirsi nella sostanziale irrilevanza, sottolineando: l’obiettivo di definire un nuovo ruolo pubblico e di influenza politica della comunità archivistica, la necessità di recuperare il significato dell’oggettività e della ricerca della verità, l’urgenza di enfatizzare il ruolo degli archivi nelle società democratiche, l’importanza di ripensare l’etica professionale degli archivisti per perseguire il bene pubblico e preparare una nuova generazione di archivisti.
L’appassionata e articolata riflessione di Cox merita di essere letta con attenzione poiché pone problematiche inedite nel panorama archivistico, ad esempio, affrontando il dilemma del comportamento che gli archivisti dovranno tenere rispetto alla deliberata volontà delle istituzioni di occultare o distruggere informazioni e documentazione, alle conseguenti implicazioni politiche, e, ancora, a che tipo di rapporto tenere con nuovi tipi di documentazione ottenuta da iniziative come la guerrilla archiving o il record leaking. Altro punto centrale nel discorso di Cox è il tema della formazione di una nuova generazione di archivisti, che senza infingimenti, dovrebbe essere consapevole della “politicità” della documentazione che progressivamente entra negli archivi, non per determinarne una lettura politica a priori ma per innescare una dialettica sul senso dell’etica archivistica in rapporto con il presente: diventare archivista per Cox non è entrare in un “rifugio tranquillo”, ma offrire un rifugio a chi è in cerca di verità sul passato e comprensione del presente.
Cox pensa, quindi, ad nuovo impegno e responsabilità dell’archivista in ambito pubblico, sia come singolo che come comunità di archivisti, integrando la classica triade di memoria-accessibilità-giustizia, per arrivare ad una piena consapevolezza del ruolo di pietra angolare delle istituzioni democratiche sia nel rapporto con le istituzioni stesse che con i cittadini. Il nucleo di questa riflessione pone alcune fondamentali domande sulla missione degli archivisti, delle comunità archivistiche, degli archivi e, più in generale, anche delle istituzioni culturali nel nostro tempo, in particolare se e come questi possano, o debbano, resistere alla egemonia culturale della postmodernità in nome del bene pubblico.
L’intervento completo di Cox si può leggere nel suo blog Reading Archive and the Academy come ultimo post di una lunga serie di interventi iniziati nel 2015 con l’apertura di questo nuovo blog, dove al centro della riflessione si ponevano gli archivi e la didattica universitaria, rispetto al precedente blog Reading Archives, dove Cox proponeva interventi sul rapporto tra archivi e letteratura scientifica e popolare sulla natura degli archivi e sulla comprensione di essi nella società.
Per saperne di più
Reading Archive and the Academy