L’esperienza dei programmi didattici all’Archivio di Stato di Piacenza con alcuni istituti scolastici superiori ha portato alla pubblicazione di due interessanti lavori in cui la ricerca archivistica si unisce alla ricerca grafica e alla sperimentazione di linguaggi innovativi per raccontare le storie conservate tra le carte dell’archivio.

Nel corso dell’anno scolastico 2017/2018 l’Archivio di Stato di Piacenza ha accolto varie classi all’interno dei programmi didattici di alternanza-scuola lavoro, un’attività che assieme ai progetti sulla didattica ha visto più volte l’istituto archivistico impegnato in un rapporto diretto tra i giovani e i documenti conservati nei suoi scaffali.

L’esito di questi percorsi didattici è stata la pubblicazione nella primavera del 2018 di due lavori molto particolari: stiamo parlando della graphic novel Giovanni Gagliardi.Una vita spiata e del progetto grafico-narrativo Incidere un bubbone. Piacenza appestata. Realizzati, il primo dalle classi III CS e V AS del Liceo Melchiorre Gioia di Piacenza e il secondo dalla classe IV arti figurative del Liceo Artistico Statale Bruno Cassinari di Piacenza.

Giovanni Gagliardi. Una vita spiata è una graphic novel che ripercorre due avventure parallele, quella della ricerca compiuta dagli studenti in vari istituti archivistici (Archivio di Stato di Piacenza, Archivio Centrale dello Stato, Archivi di ex-ospedali psichiatrici, archivi di famiglia) e quella della vita di Giovanni Gagliardi “uno straordinario musicista, obiettore di coscienza, scemo di guerra, confinato a Ventotene. Da uomo senza storia nato in un piccolo paese della bassa piacentina visse un’esistenza più grande di spiato per oltre trent’anni dalla polizia francese prima e dalla polizia fascista poi. Con la sua musica e la sua fisarmonica fu sempre un uomo libero”. Questo lavoro si presenta come un grande racconto corale dove illustrazione, narrazione, suggestioni musicali, documenti d’archivio e la testimonianza diretta del lavoro svolto dagli studenti si intrecciano in una sperimentazione continua di linguaggi e soluzioni grafiche per dipingere la vita di uomo che ha attraversato un secolo di ferro e fuoco.

Incidere il bubbone. Piacenza appestata è, invece, una vera sperimentazione grafica e narrativa, per la quale gli studenti si sono cimentati nella sfida di unire una tecnica di stampa tradizionale, l’incisione a puntasecca, con la ri-narrazione dei drammatici effetti della peste del 1630 a Piacenza sviluppati a partire dalla trascrizione di alcuni documenti dell’Archivio di Stato. Le fonti di questo lavoro sono state grida, lasciapassare e altri documenti della Congregazione di Sanità di Piacenza compresa la fede di sanità di Alessandro Cognosso, un pellegrino del Seicento di passaggio in città. La “finzione narrativa” di questo viaggio nella Piacenza che affronta la peste è corredata da una teoria di illustrazioni realizzate dagli studenti, come si diceva con la tecnica dell’incisione a puntasecca, che restituiscono una interpretazione grafica degli eventi raccontati.

I lavori, oltre ad offrire la possibilità di scoprire personaggi ed eventi poco studiati e probabilmente poco conosciuti all’esterno della realtà piacentina, rappresentano un’interessante esperimento di come è possibile coinvolgere i più giovani, e in particolare gli studenti, nella ricerca in archivio con l’obiettivo di sviluppare modalità e strategie innovative per raccontare e narrare gli esiti di tali ricerche, utilizzando strumenti “non convenzionali”.

Entrambe le pubblicazioni hanno il pregio di proporre materialmente vie nuove per offrire più chiavi di accesso alla complessità del documento d’archivio ad un pubblico che si approccia ad esso per la prima volta. Questo obiettivo viene perseguito attraverso differenti strategie che riguardano la rappresentazione: del documento, delle storie di cui il documento è testimone e infine della complessità di istituzioni e archivi dove il documento è conservato e può essere oggi consultato.

Ciascuno di questi problemi di rappresentazione viene affrontato con l’utilizzo sia di soluzioni grafiche (con illustrazioni e immagini fotografiche che riproducono sia l’aspetto del documento che il tentativo di rappresentare l’evento di cui il documento è testimone) sia tramite trascrizioni e narrazioni dei documenti stessi, in un continuo scambio tra parola scritta e dimensione iconografica. Infine viene data una notevole attenzione al riportare la complessità e la non linearità del contesto archivistico e di come documenti che trattano di un medesimo argomento o evento possono essere conservati non solo in fondi differenti ma soprattutto in archivi completamente diversi. Per quanto possa essere questione scontata per archivisti e addetti ai lavori, ciò deve avere colpito non poco i giovani autori.

Entrambi i lavori mostrano come dalle iniziali titubanze e preoccupazioni nell’affrontare le difficoltà del documento archivistico gli studenti di questi istituti piacentini abbiano poco alla volta compreso e affrontato la complessità di esso e, ponendosi il problema di come comunicare ad altri questa complessità, abbiano scoperto la ricchezza di storie che si cela dietro l’apparente quiete degli archivi.

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