Il 15 giugno 2020 è stato presentato, attraverso una diretta facebook a cura del Coordinamento MAB Piemonte, il questionario I professionisti MAB in Piemonte. Si tratta della prima indagine del coordinamento piemontese, che si pone come obiettivo primario conoscere la situazione di professionisti e professioniste che operano in ambito MAB regionale, analizzando in particolare i loro ambiti di attività e i loro percorsi formativi.

Il questionario si trova a questo indirizzo e rimarrà disponibile per la compilazione fino al 31 luglio. La rilevazione è rivolta a tutti i professionisti dei beni culturali e non solo agli iscritti alle tre associazioni @AIB, @ANAI e @ICOM-Italia.
L’incontro si è tenuto in prossimità della settimana internazionale degli archivi (@ICA) appena conclusa, il cui ultimo giorno, domenica 14 giugno, era dedicato proprio al tema del futuro della professione, quella degli archivisti, ma non solo, che oggi si pensa necessariamente come parte di una rete di professioni che esce dall’ambito di quelle più tradizionali dei beni culturali per aprirsi ad altri settori.

Proprio sul ruolo di questa rete, sulle sue modalità di sviluppo, sulle sfide e sulle opportunità che si aprono, hanno insistito gli interventi dei due ospiti dell’incontro. Cecilia Cognigni nel suo intervento “MAB. I luoghi della cultura in rete. Ripartire da Torino” ha messo in dialogo i temi che furono alla base della nascita di MAB nel 2012 – che allora si confrontava con gli approcci al patrimonio culturale definiti in ambito italiano dal Codice dei beni culturali e in quello europeo dalla Convenzione di Faro – con le problematiche attuali, acuite dalla pandemia, ed emerse quindi in tutta la loro urgenza con la chiusura degli istituti a partire dal mese di marzo. Cognigni ha sottolineato la necessità di ritessere i fili che legano fra loro i professionisti dei beni culturali e i luoghi della cultura, riportando proprio i luoghi al centro, ricostruendo il tessuto relazionale che gravita intorno ad essi e definendo in maniera congiunta i nuovi bisogni. In questo percorso diventa ancora più necessario lavorare insieme e in modo progettuale sul digitale. Una nuova programmazione comune dunque, che dovrà necessariamente fare i conti con l’emergenza COVID e che richiederà maggiori sforzi rispetto ad altri momenti di crisi, sia a causa di una contrazione della spesa per il settore culturale sia per le difficoltà connesse alla riapertura dei luoghi in un contesto normativo e di vincoli specifico.

Maurizio Vivarelli con il suo intervento “La prospettiva MAB tra formazione, convergenza, pratiche professionali”, è partito dal tema della governance, mettendo l’accento sulla necessità per la rete MAB di passare dal “varo” delle idee a quello della loro realizzazione. Un soggetto come MAB vive in bilico tra il ruolo politico che deve essere svolto centralmente prima di tutto dalle associazioni fondatrici, quindi da AIB, ICOM e ANAI e il rapporto con il territorio, luogo dell’azione, a cui si somma il dialogo con le istituzioni accademiche. Se da un lato serve partire da esperienze concrete, sviluppate localmente – ed esempi di progettualità ricche ci sono state in questi anni – certamente la sfida maggiore è quella di integrare i propri modelli, i propri lavori e le diverse tradizioni disciplinari, superando le resistenze ancora esistenti. Se rimane dunque il divario tra l’agire e le scelte programmatiche, una via può essere individuare quelle che Vivarelli definisce aree MAB, in cui possano emergere elementi unificanti espliciti e in cui spazi fisici e digitali si aprano all’interlocuzione integrata con il pubblico. L’approccio deve essere quello della interdisciplinarietà e della transdisciplinarietà, che permetta di sviluppare una reale capacità di dialogo fra discipline. In questa prospettiva il questionario di MAB Piemonte dovrebbe dar conto delle esigenze trasversali che il mercato del lavoro già registra. Se il nostro compito deve essere prevedere gli scenari e non inseguirli, serve un metodo e un percorso che sappiano rispettare la complessità dei settori dei beni culturali, oltre a mettere a punto profili professionali adeguati, sapendo che questi nascono quando c’è un humus sociale che ne favorisce la nascita e la crescita.

Il questionario che quindi il coordinamento piemontese propone, vuole essere l’inizio di un percorso di analisi e studio, per costruire un affresco che dia conto dei complessi rapporti che esistono fra esercizio delle professioni, effettive aree di attività e di lavoro, percorsi formativi seguiti. La speranza è quella che possa essere il primo passo per un’indagine da condurre a livello nazionale; il questionario è stato infatti condiviso con i referenti nazionali delle tre associazioni AIB, ANAI e ICOM-Italia, il cui lavoro si è avviato con rinnovato slancio dopo il Congresso del novembre 2019.
Come ha sottolineato Anna Maria Marras di ICOM Piemonte nel presentare il questionario, una rilevazione di questo tipo è certamente una sfida, anche solo per la definizione dei percorsi di formazione o degli ambiti di attività, in cui pur non volendo rinunciare al riconoscimento della specificità di ciascun settore si è tentato di individuare aree trasversali condivise, lasciando ovviamente spazio all’inserimento libero di altri elementi.

Mai come in questo momento storico chi lavora nell’ambito del patrimonio culturale si è trovato a sperimentarsi in attività nuove e certamente diversificate. Di fronte alle misure dettate dall’emergenza sanitaria le nostre professioni, quando è stato possibile – perché non dimentichiamoci che molti e molte di noi sono rimaste e casa e non hanno potuto lavorare – hanno messo in campo un’estrema creatività e capacità di reazione, e anzi sicuramente in questi mesi ci si è trovati a svolgere attività nuove, a sperimentarsi in cose per le quali non è detto che si fosse ricevuta una formazione adeguata.
Se il questionario è stato pensato prima che la pandemia si diffondesse e cambiasse il nostro mondo – personale e lavorativo – e dunque non intende analizzare in maniera diretta le conseguenze del mutato quadro di attività e di lavoro che il comparto dei beni culturali ha subito non può ovviamente non tenerne conto e certamente i risultati daranno conto di questo cambiamento.

Complessità e strategia sono le parole chiave che sembrano sedimentarsi alla fine di questo dibattito per aprirne un altro: lo spazio MAB è quello che deve saper riconoscere e valorizzare la complessità del nostro mondo professionale e istituzionale, e che a partire da questa complessità provi a definire strategie di convergenza per un cammino comune, a ricostruire il tessuto relazionale in cui è immerso il patrimonio culturale, dando valore ai contesti culturali, territoriali, professionali, istituzionali.

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