Nel corso dell’autunno del 1938 furono emanate in Italia le cosiddette “leggi razziali”, un corpus di provvedimenti legislativi che portarono alla progressiva perdita dei diritti civili per i cittadini italiani di “razza ebraica”. Prendendo in esame i documenti dell'Archivio storico del Politecnico di Milano è possibile ricostruire come la politica della razza del fascismo colpì docenti e studenti dell'ateneo milanese.
Nel corso dell’autunno del 1938 furono emanate in Italia le cosiddette “leggi razziali”, un corpus di provvedimenti legislativi che portarono alla progressiva perdita dei diritti civili per i cittadini italiani di “razza ebraica”.
Nella ricorrenza dell’ottantesimo anniversario delle leggi razziali, allo scopo di ricostruire le procedure di espulsione messe in atto nei confronti di docenti e di studenti di “razza ebraica” dal Politecnico di Milano sono stati presi in esame i documenti dell’Archivio storico di Ateneo, comprendenti le circolari ministeriali, i fascicoli personali degli studenti “decaduti e cessati”, i verbali del Consiglio di amministrazione, gli «Annuari» e i programmi, le statistiche degli studenti stranieri e nel loro insieme le buste riguardanti il personale di “razza ebraica”.
Il 9 agosto 1938 una circolare del Ministero dell’educazione nazionale, presieduto dal ministro Giuseppe Bottai, avviò un’indagine sistematica – il cosiddetto censimento -, rivolta ad accertare l’eventuale appartenenza alla “razza ebraica” del personale dell’Ateneo milanese. Il questionario avrebbe anticipato le procedure burocratiche per l’effettiva applicazione del decreto di espulsione (r.d.l. 5 settembre 1938, n. 1390). Si richiedeva ad ognuno di dichiarare, oltre ai propri dati anagrafici, il profilo professionale, l’eventuale appartenenza alla “razza ebraica da parte di padre”, l’iscrizione alla comunità israelitica, la professione della religione ebraica o la conversione ad altra religione, e infine l’origine ebraica della madre o del coniuge.
Il questionario doveva essere restituito – debitamente compilato – alla Direzione del Politecnico entro il 15 settembre. Non risultano all’esame delle carte casi di questionari non restituiti oppure non compilati per protesta, soltanto qualche questionario compilato in ritardo. Il rettore Gaudenzio Fantoli, tra il 30 settembre e il 14 ottobre comunicò al Ministero i nomi di dieci docenti di razza ebraica, dato confermato successivamente dal verbale del Consiglio di amministrazione del 5 dicembre 1938.
I docenti costretti a lasciare l’insegnamento in data 16 ottobre 1938 furono:
- Mario Giacomo Levi, ordinario di Chimica Industriale, fondatore dell’Istituto di chimica industriale e della sezione combustibili, docente “esimio di raro merito”, come lo definì Fantoli rendendogli pubblico omaggio. Il professor Levi trovò riparo in Svizzera dopo l’8 settembre 1943 dove insegnò alla Scuola per ingegneri di Losanna dal gennaio 1944 al luglio 1945. Rientrato a Milano nel luglio del 1945, ottenne l’effettiva reintegrazione in servizio;
- Michelangelo Böhm, già professore incaricato presso il corso di perfezionamento per l’industria del gas, poi deportato e morto ad Auschwitz il 5 febbraio 1944;
- Igino Musatti, incaricato di Metallurgia e metallografia, morì affranto dal dolore il 16 luglio 1940;
- Rachele Lia Neppi, conosciuta come Bice, incaricata di Tecnologie chimiche speciali II fu nominata direttrice di laboratorio della BioIndustria di Novi Ligure e visse sotto falso nome grazie alla protezione di una sua assistente. A guerra finita nel maggio del 1945 le fu inviata una proposta di reintegro che non volle accettare e fu collocata a riposo;
- Renzo Volterra, incaricato di Acciai speciali;
- Tullio Guido Levi, libero docente di Chimica organica;
- Oscar Hofmann, aiuto incaricato presso il Laboratorio Prove materiali, perse la cittadinanza italiana in quanto straniero;
- Guido Tedeschi, assistente ordinario di Chimica fisica;
- Giorgio Cavaglieri, assistente incaricato di Tecnica urbanistica;
- Vito Latis, assistente volontario di Disegno dal vero, Disegno architettonico e Rilievo dei monumenti I e II.
Il 15 novembre 1938, pochi giorni dopo l’espulsione dei docenti dalle Università italiane, al Politecnico si tenne l’inaugurazione dell’anno accademico 1938-1939 e il rettore Fantoli tenne il suo discorso come di consueto. Non una parola sui recenti avvenimenti uscì dalla sua bocca. Con l’espressione “sovrumani silenzi sulla muta bocca di Fantoli”, Saverio Gentile, autore di Le leggi razziali: scienza giuridica, norme, circolari delinea perfettamente l’atmosfera che regnava al Politecnico di Milano.
Fantoli, convinto estimatore del pensiero del Duce fin dalla prima ora, aderì subito al fascismo e portò avanti negli anni del suo Rettorato (1927-1940) la politica di fascistizzazione dell’Università. Soltanto quando si trovò di fronte all’allontanamento per motivi razziali di professori del calibro di Mario Giacomo Levi, Fantoli non poté fare a meno di ricordare “l’esemplare attività scientifica da lui svolta per undici anni al Politecnico”.
Il 6 agosto 1938 una circolare ministeriale vietò l’iscrizione degli alunni di razza ebraica alle scuole di qualsiasi ordine e grado. Nei mesi seguenti, il Ministero dell’educazione nazionale rivolse la sua attenzione agli studi universitari e dispose normative per gli Atenei italiani rivolte agli studenti ebrei italiani, studenti ebrei stranieri, studenti fuori corso, e infine studenti laureandi. Venne espresso il divieto di iscrizione presso qualsiasi Ateneo italiano per gli studenti ebrei a partire dall’anno accademico 1938-1939. Soltanto per gli studenti già iscritti e regolarmente in corso nell’anno 1937-1938 il Ministero creò una serie di “disposizioni transitorie” atte a far sì che potessero concludere il loro percorso di studi in Italia. Agli studenti ebrei fuori corso fu permesso rimanere in tale status soltanto per un anno. Tutte queste norme non furono valide per gli studenti ebrei tedeschi residenti in Italia. I fascicoli personali degli studenti ebrei appartenenti alla serie archivistica dei Decaduti e cessati sono contrassegnati dalla scritta “ebreo” a matita blu in copertina. Esaminando i fascicoli si nota che si tratta per la maggior parte di studenti stranieri (rumeni, polacchi, russi e lettoni) tuttavia compare anche qualche italiano tra i quali Pietro Vittorio Covo, che diventerà cognato del famoso grafico partigiano Albe Steiner ed emigrerà in Canada.
Tra gli studenti stranieri si possono ricordare: Alessio Gurviz, Zoltan Hala’sz, Henryk Szmus, Laja Jacubowicz, Tiberio Klein (famoso per aver realizzato il plastico di Bergamo Alta nel 1934 ), Camilla Lattes Fano (emigrerà in America) e Alessandro Levinstoff. Le pratiche di espulsione venivano evase con rigore seguendo le regole imposte dalla burocrazia anche senza darne notizia al diretto interessato come nel caso di Laja Iacubowicz, ebrea polacca di Lodz. La studentessa infatti scrisse alla Direzione del Politecnico di aver appreso dell’introduzione delle leggi razziali dal Consolato del suo paese, per chiedere rassicurazioni riguardanti il suo status. A lei non sarà rinnovata l’iscrizione ma le verrà rilasciato un certificato di “esami sostenuti”. Un’altra testimonianza è fornita da Alessandro Levinstoff, ebreo lettone di Riga, che chiede un certificato di esami sostenuti per iscriversi al Politecnico di Caifa in Palestina dove potrà completare gli studi.
Doveroso ricordare anche Saul Steimberg, studente ebreo di origini rumene, che riesce grazie al “privilegio” concesso, come riportano le circolari stesse, a laurearsi nel 1940 in architettura. Emigrerà in America nel 1941 dove diventerà un celebre disegnatore.
Il 5 settembre 2018 presso la tenuta di San Rossore a Pisa, per la prima volta a ottant’anni dalla firma delle leggi razziali, il mondo accademico italiano ha riconosciuto le proprie responsabilità nei confronti dei rappresentanti delle comunità ebraiche con la “cerimonia del ricordo e delle scuse”.