Il 9 luglio 2020 il Museo storico della Liberazione di Roma ha ospitato una tavola rotonda in occasione della presentazione del volume di Alessia A. Glielmi Il corpo e il nome. Inventario della Commissione tecnica medico-legale per l’identificazione delle vittime delle Fosse Ardeatine. 1944-1963 (Viella, 2020), che inaugura la Collana del Centro romano di studi sull’Ebraismo dell’Università di Roma Tor Vergata (CeRSE).
L’evento, organizzato in collaborazione con l’Università di Roma Tor Vergata, la Polizia di Stato, la Comunità ebraica di Roma, il Consiglio nazionale delle ricerche e l’Istituto storico germanico di Roma, si è svolto in modalità ibrida – parte in presenza, parte in remoto – ed è stato moderato da Lucia Ceci, direttrice della collana che ospita il volume. Le riflessioni della giornata si sono incentrate sulle fonti e sul dibattito storiografico intorno alla strage nazista delle Fosse Ardeatine del 24 marzo 1944, il più grave atto di repressione inflitto ad una capitale europea durate l’occupazione tedesca. Il libro di Glielmi rappresenta un importante contributo alla ricerca su questa vicenda, affrontandone un aspetto finora poco indagato, legato al lungo lavoro di identificazione delle salme delle vittime della strage.
La documentazione descritta nel testo ripercorre l’operato dalla commissione tecnica coordinata dalla Polizia scientifica, in particolare dal questore Ugo Sorrentino, per arrivare nella torrida estate del 1944 al riconoscimento e all’identificazione della quasi totalità delle 335 vittime. Il lavoro di identificazione era – ed è tuttora – legato alle evidenze documentarie prodotte da chi aveva avuto il compito di organizzare ed eseguire la strage: l’Aussenkommando Rom der Sicherheitspolizei und des SD, il carcere/comando di stanza a via Tasso, i cui archivi vennero dati alle fiamme dai nazisti in fuga la notte tra il 3 ed il 4 giugno prima della liberazione della Capitale. Parte di quella documentazione, però, scampò al rogo e fu recuperata ad opera dei detenuti liberati dalle celle e da Giuseppe Dosi, che abitava nelle vicinanze del carcere e aveva rilevato i movimenti dei nazisti in fuga. Dosi era un poliziotto inviso al regime ed era stato sospeso dai ruoli per volontà del duce. Il ritrovamento da parte dell’autrice presso l’abitazione di famiglia, nel 2009, dell’archivio di Giuseppe Dosi, che nel Dopoguerra venne totalmente riabilitato e divenne negli anni Cinquanta direttore dell’Ufficio centrale di polizia criminale e fondatore dell’Interpol italiana, e l’analisi delle carte recuperate a via Tasso furono fondamentali per ricostruite nomi e vicende di chi prima di essere ucciso alle Fosse Ardeatine aveva subito la reclusione nel carcere di Regina Coeli o di via Tasso. Nell’archivio Dosi si trovava, infatti, una parte della lista originale della strage delle Fosse Ardeatine, mentre il resto della lista era conservata – anche se non era stata prima riconosciuta – negli archivi del Museo storico della Liberazione. Si tratta nell’insieme di tre carte, provenienti da due archivi diversi, che insieme formano la lista dei detenuti di Regina Coeli prelevati per la strage delle Fosse Ardeatine. Oggi l’archivio Dosi è conservato presso il Museo storico della Liberazione. Questo ritrovamento è stato la prima pietra che ha consentito la ricostruzione delle vicende della strage. La scoperta ha successivamente condotto l’autrice ad individuare altri nuclei documentari legati alla vicenda, come il complesso prodotto dalla Commissione tecnica medico-legale per l’identificazione delle vittime delle Fosse Ardeatine, custodito dall’Ufficio storico della Polizia di Stato (USPS) e generosamente messo a disposizione per la prima volta per il progetto ViBiA, l’archivio virtuale delle vittime delle Fosse Ardeatine. Il fondo, conservato in origine presso i depositi della Polizia Scientifica, oggi è custodito dall’USPS ed è affidato alla responsabile del patrimonio archivistico di quell’ufficio, Ornella Di Tondo. Il lavoro di descrizione della documentazione di polizia ha riguardato un corpus di fonti estremamente eterogeneo delle quali fanno parte documenti cartacei e reperti di varia natura.
Come illustrato da Lucia Ceci nell’introduzione ai lavori, il volume di Glielmi rappresenta una ideale prosecuzione del progetto di valorizzazione delle fonti sulle Fosse Ardeatine intrapreso con la realizzazione della piattaforma ViBiA (con il quale l’inventario condivide anche importanti aspetti di tecnica archivistica), nonché un apprezzabile traguardo e motivo di soddisfazione per tutte le istituzioni a vario titolo coinvolte.
Il richiamo all’impegno civile e all’imperativo di giustizia per le vittime è il filo conduttore dei successivi interventi di saluto. Per Antonio Parisella, presidente del Museo storico della Liberazione, il lavoro sulle carte della Commissione medico-legale risponde a una esigenza di comprensione storica ancora attuale e trova risposta anche attraverso il prezioso apporto delle fonti materiali, che in questo contesto assumono particolare rilevanza. Come evidenziato dalla presidente della Comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello, il lavoro condotto su questo eterogeneo corpus di fonti fornisce un supporto – rigorosamente scientifico – all’attività, tutt’ora in corso, di riconoscimento delle vittime non identificate. Grazie alla attuale possibilità di accesso ad un insieme organizzato di informazioni, presenti in ViBiA, è stato infatti possibile procedere all’identificazione di 6 vittime ignote: un prezioso contributo per restituire dignità a tutti gli uccisi, oltre che un efficace antidoto contro le strumentalizzazioni storiografiche.
Anche Giorgio Adamo, direttore del Dipartimento di Storia, Patrimonio culturale, Formazione e Società Università di Roma Tor Vergata, nell’esprimere l’orgoglio per questo lavoro, ne ha ricordato i risvolti umani e la carica emozionale che riesce a trapelare oltre la freddezza di una documentazione essenzialmente tecnica.
Nel primo degli interventi in programma Marielisa Rossi, già docente di Bibliografia all’Università di Roma Tor Vergata, ha sintetizzato il contenuto del volume e introdotto la struttura dell’inventario e dell’archivio, composto – come detto – non solo da documentazione cartacea, ma anche da un importante numero di reperti, oggetti ritrovati sulle salme o forniti dai familiari delle vittime per agevolarne l’identificazione. Un complesso di fonti materialmente diverse ma strettamente complementari, per le quali l’autrice ha elaborato un modello descrittivo funzionale alla rappresentazione del vincolo naturale tra documenti cartacei e oggetti. In ideale prosecuzione del discorso sul vincolo archivistico, Claudio Procaccia, direttore del Dipartimento Cultura della Comunità ebraica di Roma, ha sottolineato l’importanza dell’inventario quale strumento in grado di far emergere le interconnessioni tra complessi documentari diversi, consentendo l’ampliamento della ricerca e la ripresa del dibattito storiografico sui fatti di Via Rasella e delle Fosse Ardeatine. Fonti di eccezionale importanza storica, quindi, rimaste a lungo inedite e ora aperte alla consultazione grazie alla lungimirante gestione in termini di valorizzazione e diffusione della conoscenza dell’USPS.
Come affermato dal direttore Raffaele Camposano, infatti, l’apertura del fondo agli studiosi è considerato dall’Ufficio l’adempimento di un dovere di testimonianza verso la nazione, oltre che una risposta alla domanda di giustizia per le vittime della strage. Ciò in sintonia con la missione istituzionale della Polizia e in ideale continuazione con il lavoro della Commissione tecnica, che ha rappresentato un primo e fondamentale momento di riscatto della tradizione della Polizia dopo le ombre del periodo fascista.
Gilberto Corbellini, professore di Storia della Medicina presso l’Università Sapienza di Roma e direttore del Dipartimento Scienze umane e sociali, patrimonio culturale del Consiglio nazionale delle ricerche, è tornato a sottolineare il ruolo cruciale della pratica archivistica quale strumento di conoscenza storica. Tra la documentazione resa accessibile, anche Corbellini rimarca l’importanza delle fonti oggettuali, testimonianze mute ma non meno potenti, in grado di restituire un collegamento visivo ed emozionale con la tragedia e al contempo capaci di fondare una ricerca empirica e fattuale in cui l’oggettività del dato precede le interpretazioni.
L’ultimo dei relatori, Lutz Klinkhammer, storico e vicedirettore dell’Istituto storico germanico di Roma, ha esposto una serie di riflessioni storiografiche intorno al volume, che ha il merito di scompaginare il classico binomio vittime/carnefici – su cui tipicamente si costruisce la storiografia sulle stragi – introducendo una terza categoria di soggetti, quella degli investigatori. Il prezioso lavoro della Commissione tecnica, peraltro ricostruito anche sotto il profilo del progressivo sviluppo delle tecniche di polizia scientifica, ha fornito i primi elementi per instradare i processi contro i responsabili dell’eccidio e per la ricostruzione storiografica di una strage del tutto peculiare che – per mezzo del comunicato del 25 marzo 1944 – infrange un paradigma della politica delle stragi naziste, quello dell’occultamento delle azioni di sterminio nell’Europa occidentale. L’incessante ricerca dell’identificazione delle vittime rappresenta d’altro canto una cifra distintiva della vicenda, che la pone in netta contrapposizione al modello di memoria collettiva proposto attraverso il monumento al Milite ignoto, fondato sull’anonimato e su una visione massificante della morte.
Terminati gli interventi dei relatori, l’autrice ha brevemente illustrato il percorso di ricerca che – seguendo le tracce suggerite dalle fonti – ha condotto alla realizzazione di quest’ultimo lavoro, strettamente collegato, come più volte evidenziato nel corso dell’incontro, ad altri progetti su documentazione correlata all’archivio della Commissione, nonché foriero di ulteriori sviluppi. Nel corso dell’evento Alessia Glielmi, Maurizio Vitale e Ornella Di Tondo hanno infatti illustrato l’accordo scientifico stipulato dal Consiglio nazionale delle ricerche con l’Ufficio storico della Polizia di Stato, finalizzato alla ricognizione, inventariazione e digitalizzazione della documentazione contenente lo stato matricolare e informativo del personale del Dipartimento di Pubblica sicurezza del Ministero dell’Interno e hanno presentato la nuova linea di ricerca volta a indagare la documentazione giudiziaria recante testimonianze di interventi della Polizia scientifica utili a ricostruire la storia della ricerca tecnologica e delle applicazioni scientifiche per la pubblica sicurezza, per la prevenzione e la repressione della criminalità. Questo nuovo filone di ricerca è condotto dal Consiglio Nazione delle Ricerche e dalla Polizia di Stato e si avvale della collaborazione dell’Archivio di Stato di Roma.
L’incontro si è chiuso con il conferimento del Premio CeRSE 2019 alla dott.ssa Stefania Ragaù per la tesi di dottorato Le utopie di Sion tra messianismo e sionismo nell’Europa di fine Ottocento e inizio Novecento, che sarà pubblicata come secondo volume della nuova collana del CeRSE.
Per saperne di più
Programma e nota stampa dell’evento
La registrazione dell’incontro è liberamente accessibile alla pagina Facebook @Stampa del CNR
Il sito web del Mausoleo delle Fosse Ardeatine è consultabile all’indirizzo
Per una sintetica presentazione del sito ne «Il Mondo degli Archivi»