“Un genocidio culturale”. In questi termini viene definita l’attività portata avanti nei confronti delle popolazioni indigene dalle Residential Schools, attive in Canada tra il 1876 e il 1996, nella relazione Honouring the Truth, Reconciling the Future pubblicata nel 2015 al termine dei lavori della Truth and Reconciliation Commission.
Il sistema delle Residential Schools fu una rete di collegi istituita nel 1876 per i nativi canadesi (Inuit, First Nations, Metis), con il compito di “civilizzare” queste popolazioni separando i bambini dalle loro famiglie e impedendo la trasmissione della lingua e delle culture ancestrali da una generazione all’altra. Le scuole vennero fondate dopo l’approvazione dell’Indian Act del 1876 dall’ente governativo canadese Indigenous and Northern Affairs Canada, e amministrate da diverse organizzazioni religiose (Chiesa cattolica canadese, Chiesa anglicana canadese e Chiesa unita del Canada). Oltre alla volontà di assimilazione culturale la vicenda delle Residential School fu segnata da violenze, abusi sessuali e morti, al punto che già nel 1922 un medico e funzionario del Dipartimento della salute dell’Ontario, Peter Bryce, pubblicò un saggio dal titolo The Story of a National Crime: Being an Appeal for Justice to the Indians of Canada; the wards of the nation, our allies in the Revolutionary War, our brothers-in-arms in the Great War.
L’ultima scuola venne chiusa nel 1996.
Si stima che nel corso di 120 anni più di 150.000 bambini, il 30% della popolazione nativa, entrarono nel sistema delle Residential School; circa 6.000 le morti accertate; 31.970 le cause legali per abusi sessuali.
Dopo un decennio di indagini e i primi atti legislativi per risarcire le vittime, la Truth and Reconciliation Commission venne istituita nel 2008, contestualmente alle scuse ufficiali del primo ministro canadese alle vittime del sistema delle Residential Schools per le violenze e gli abusi perpetrati nel corso di 120 anni, come strumento per avviare nel Paese una riflessione e indirizzare l’opinione pubblica verso una riconciliazione nel segno della verità storica. Nel corso dei lavori della Commissione sono stati ascoltati più di 7.000 testimoni diretti tra coloro che vissero all’interno di Residential School e alla conclusione del progetto è stato istituito il National Centre for Truth and Reconciliation presso l’Università di Manitoba per conservare e rendere disponibile l’intero archivio della Commissione che, oltre alle testimonianze ricevute, comprende milioni di documenti ecclesiastici e statali e centinaia di fotografie.
Uno degli esiti “archivistici” più importanti della TRC è stata l’attenzione rivolta agli archivi in due delle 94 Calls to Action, la parte operativa della già ricordata relazione finale della Commissione, dove si legge:
- 69. We call upon Library and Archives Canada to:
- i. Fully adopt and implement the United Nations Declaration on the Rights of Indigenous Peoples and the United Nations Joinet-Orentlicher Principles, as related to Aboriginal peoples’ inalienable right to know the truth about what happened and why, with regard to human rights violations committed against them in the residential schools.
- ii. Ensure that its record holdings related to Residential Schools are accessible to the public.
- iii. Commit more resources to its public education materials and programming on residential schools.
- 70. We call upon the Federal Government to provide funding to the Canadian Association of Archivists to undertake, in collaboration with Aboriginal peoples, a national review of archival policies and best practices to:
- i. Determine the level of compliance with the United Nations Declaration on the Rights of Indigenous Peoples and the United Nations Joinet-Orentlicher Principles, as related to Aboriginal peoples’ inalienable right to know the truth about what happened and why, with regard to human rights violations committed against them in the Residential Schools.
- ii. Produce a report with recommendations for full implementation of these international mechanisms as a reconciliation framework for Canadian archives.
Oltre alla conservazione degli archivi della TRC è nato un consorzio tra l’Università di Winnipeg, l’Università di Manitoba e l’amministrazione archivistica canadese, Library and Archives Canada, per avviare un progetto su vasta scala di web archiving per la conservazione e pubblicazione di tutti i materiali online relativi alle Residential School, dai siti istituzionali ai blog personali di quanti volontariamente hanno aderito all’iniziativa.
Se da un lato l’attività della TRC ha aperto gli occhi dell’opinione pubblica su una delle pagine più oscure della storia canadese, dall’altro la memoria delle Residential School si è dimostrata una realtà più complessa e conflittuale da affrontare collettivamente, da cittadini e istituzioni.
Numerose critiche sono state sollevate nei confronti degli stessi criteri istitutivi della TRC, che non è stata dotata dei poteri necessari per tenere audizioni formali, agire come un’inchiesta pubblica o condurre qualsiasi tipo di procedimento legale ed ha avuto l’incarico di raccogliere informazioni piuttosto che agire come un organo giudiziario, non potendo neppure fare nomi dei singoli responsabili o approfondire l’indagine sull’operato degli enti religiosi che amministrarono le scuole. Il lavoro della Commissione si è infatti concentrato sulle esperienze più traumatiche subite dalle vittime, facendo leva sulla possibilità della narrazione di agire come strumento per sanare traumi e riconciliare la storia del Paese con la memoria della violenza subita. In quest’ottica è stata denunciata la mancanza di esiti giudiziari o di indicazioni operative di risarcimento alle popolazioni e in numerosi lavori di ricerca sui risultati della Commissione, come quelli dell’antropologo Ronald Niezen, la riconciliazione è sembrata puntare a raccogliere memorie private piuttosto che sollecitare la capacità delle istituzioni canadesi di mettere in discussione la propria storia.
Da un punto di vista più generale due risposte agli esiti della Commissione sono indicativi della complessità di questa memoria collettiva: le reazioni della popolazione Inuit e delle First Nations e la sentenza della Corte suprema canadese sulla distruzione della documentazione prodotta durante i processi.
L’apertura degli archivi, l’attenzione nella ricerca e nella conservazione di tutto il materiale prodotto dalla TRC e l’attivazione di progetti per la conservazione della documentazione originale delle Residential Schools ha prodotto una molteplicità di reazioni nelle comunità Inuit, Metis e nelle First Nations. Da una parte si è assistito ad una maggiore consapevolezza archivistica, moltiplicando il numero di ricerche e richieste di accesso alla documentazione, dall’altra sono stati duramente criticate le mancanze e i limiti dell’approccio della TRC. Come racconta Marzio G. Mian in Artico. La battaglia per il Grande Nord (Vicenza, Neri Pozza, 2018), alcuni esponenti delle comunità Inuit di Nunavut, lo Stato canadese Inuit autonomo grande come l’Europa occidentale, come John Amagoalik, ex-presidente della Commissioner of the Nunavut Implementation, hanno persino dichiarato che dopo la pubblicazione della documentazione della TRC “il solco tra noi e loro, ascoltando centinaia di testimonianze e nuove rivelazioni, è soltanto aumentato”. Un indizio dinamico di questa risposta sul rapporto con la memoria si può intravedere ricercando su twitter l’hashtag #myreconcilationincludes, lanciato dall’artista Metis Christi Belcourt all’indomani della pubblicazione della relazione finale della TRC e che nel tempo si è popolato di migliaia di tweet e commenti sia positivi che critici.
La seconda risposta è stata quella della Corte suprema canadese che con una sentenza del 6 ottobre 2017 (Supreme court of Canada (Attorney General) v. Fontaine, 2017 SCC 47) ha dichiarato che, per tutelare la riservatezza delle vittime, oltre 30.000 fascicoli personali di deposizioni raccolte durante i processi per i risarcimenti su abusi e violenze verranno conservati per 15 anni e poi distrutti, a meno che i legittimi interessanti non dichiarino espressamente la volontà di archiviare e conservare tale documentazione. La sentenza è l’esito di un procedimento giudiziario della Corte d’appello dell’Ontario, nato dal disaccordo all’interno delle commissioni per i risarcimenti alle vittime degli abusi nelle Residential schools, sul destino della documentazione.
Come si legge nella sentenza:
Having concluded, without palpable and overriding error, that the IRSSA allowed for the destruction of the IAP Documents, the supervising judge then had to craft an appropriate order. In doing so, he had to strike a balance between competing concerns: preserving confidentiality and the need to memorialize and commemorate, all the while respecting the choice of survivors to share (or not share) their stories.
The supervising judge’s order, as modified by the majority of the Court of Appeal, charts an appropriate course between the Scylla of potentially unwanted destruction and the Charybdis of potentially injurious preservation. The destruction order is subject to a 15-year retention period, during which claimants may choose to have their IAP Documents preserved and archived.
(IRSSA, Indian Residential Schools Settlement Agreement è l’accordo stipulato nel 2006 tra il governo del Canada e circa 86.000 vittime del sistema delle Residential Schools per assegnare 2 milioni di dollari in risarcimenti
IAP, Independent Assessment Process è il ramo del IRSSA che si è occupato delle denunce per abusi sessuali e violenze di grave entità. Lo IAP ha raccolto tra il 2006 e il 2012 oltre 30.000 fascicoli contenenti dichiarazioni, registrazioni, referti medici, trascrizioni e altri documenti inviati dalle vittime degli abusi. L’intera documentazione è attualmente conservata dal governo canadese)
La sentenza ha accolto le osservazioni della Assembly of First Nations che ha proposto la possibilità di scelta sull’archiviazione o la distruzione da parte dei soggetti interessati dalla documentazione.
La risposta del TRC Center non si è fatta attendere e poco dopo la sentenza Sy Moran, direttore dell’istituto ha commentato “We’ve lost the entire integrity of the record of the worst atrocities inflicted on Indigenous peoples in this country’s history”. Per garantire la più ampia diffusione possibile della possibilità di scelta l’Indian Residential Schools Adjudication Secretariat ha attivato un sito web, MyRecordsMyChoiche, che offre informazioni puntuali sulle scelte da compiere per richiedere la copia dei documenti dell’IAP e avviare il procedimento di archiviazione: come recita l’informativa “the choice is yours and yours alone”.
Una memoria in conflitto, che mostra come la ferita collettiva delle Residential Schools sia tutt’altro che chiusa e la riconciliazione che la TRC ha posto come obiettivo del Canada e dei canadesi, e non solo di una parte di essi, si stia dimostrando un processo lungo e disseminato di difficoltà. In questa complessa e dolorosa vicenda gli archivi hanno svolto ruoli differenti, testimoni delle violenze come delle riconciliazioni, di distruzioni e ricostruzioni di identità culturali, di nuove e vecchie ferite, e diffusi nei vari piani temporali che l’attraversano: gli archivi delle scuole stesse, i documenti processuali, l’archivio della TRC, gli archivi digitali delle Università.
Si è sviluppata inoltre una rinnovata attenzione archivistica nella ricerca della memoria, una memoria divisa e frammentata che mette in crisi soluzioni semplicistiche e deterministiche alla rielaborazione collettiva del retaggio di eventi e vicende brutali che hanno caratterizzato un passato ancora vicino, e che riecheggiano in molte delle pieghe del presente.
Per saperne di più
National Centre for Truth and Reconciliation
The limits of truth telling: victim-centrism in canada’s truth and reconciliation commission
Supreme court of Canada (Attorney General) v. Fontaine, 2017 SCC 47