Il gruppo Facebook Archivistica è stato creato il 2 maggio del 2017. Ad oggi conta 3050 membri e registra un lieve ma costante incremento, nell’ordine di 15 membri ogni settimana, numero che cresce in concomitanza con eventi particolari nei quali il gruppo viene citato. Il flusso informativo sia in termini di post che di commenti è costante e le tematiche piuttosto articolate, non necessariamente collegate a temi archivistici in senso stretto.
Archivistica Attiva è un non luogo tematico verso il quale converge una molteplicità di istanze. Usa un ambiente per molti versi antiquato come FB e ha la presunzione di porsi come (sedicente) anello di congiunzione tra le molte anime dell’archivistica e degli archivi. E’ un fenomeno inscritto nella materialità digitale, di cui subisce la fascinazione nel momento stesso in cui la guarda con la dovuta distanza critica, cercando di tenersi lontano da letture ingenue e strumentali delle ICT. Obbedisce solo parzialmente a logiche social perché l’obiettivo non è tanto quello di “comunicare” o di apparire, quanto quello di contribuire a una discussione trasversale e prospettica. La capienza e la relativa pervasività del medium sono messi al servizio dell’esigenza di contribuire al consolidamento della disciplina fuori dalla disciplina stessa. Ammesso che possa essere utilizzato, nel caso di Archivistica Attiva il termine comunicazione, peraltro ormai generalmente inflazionato e piuttosto fastidioso, non sta a indicare la semplice circolazione di informazione o l’iterazione di concetti tesi a enfatizzare una aprioristica supremazia archivistica. Intende piuttosto orientarsi verso l’idea di trasmissione, nella convinzione che i cosiddetti valori archivistici abbiano rilevanza anche fuori dal loro dominio di riferimento e vadano oltre letture possibili ma datate e, in ultima analisi, passive rispetto alla contemporaneità.
L’aggettivo che definisce la disciplina nel contesto del gruppo FB va allora declinato innanzitutto dentro a una percezione dinamica dell’azione archivistica generalmente intesa ma si riferisce anche e soprattutto al bisogno di irrompere nella società.
Il desiderio proibito che attraversa tutta vicenda di Archivistica Attiva è quello di contribuire a creare i presupposti per una ridefinizione di alcuni degli obiettivi della disciplina genericamente intesa, restituendo degli archivi un’immagine non esclusivamente autoreferenziale e inevitabilmente di nicchia. La cifra espressiva prevalente è proprio per questo politica, pubblica, civile. Il non luogo è uno spazio che si apre ad un’archivistica partecipata, consapevole, responsabile e sostenibile.
L’unica regola che il gruppo si dà è di non indulgere per quanto possibile alle tradizionali lamentazioni sulla sorte degli archivi incompresi. Nei post non trova molto spazio l’indignazione cui si preferisce magari una sana irritazione costruttiva e la volontà di farsi capire, perché se il mondo non comprende gli archivi non è necessariamente colpa sua.
Dentro ad Archivistica Attiva, poi, non ci sono gerarchie, nella convinzione che la comunità archivistica, sia pure nel rispetto dei ruoli di ognuno, debba ricompattarsi intorno ai temi e ai progetti, lasciando da parte ogni tipo di rendita di posizione. Riteniamo che questo, insieme alla dimensione politica e pubblica, sia un tratto qualificante del gruppo. Non si tratta di demagogica aspirazione ad un’eguaglianza evangelica (che comunque nei fatti non può esserci) ma della consapevolezza che troppo spesso il punto di vista di un numero considerevole di persone non ha trovato spazi adeguati per esprimersi. Archivistica Attiva in questo senso predilige la sfera alla piramide, per quanto debbano restare chiare, nel bene come nel male, le rispettive responsabilità.
Allo stesso modo il gruppo asseconda la polifunzionalità degli archivi e nei post ha diritto di cittadinanza qualsiasi punto di vista, indipendentemente dal formato o dal momento del ciclo vitale da cui tragga spunto. In questo senso un altro dei tratti distintivi è il tentativo di riflettere sulla collocazione istituzionale e funzionale dell’intero modello conservativo e gestionale, alimentando una discussione che al riguardo risulta essere ancora troppo fiacca. Non si tratta di pregiudizi ideologici o di scelte a priori, ma di riflessioni su eclatanti dati di fatto, nel tentativo di capire se esistano soluzioni possibili a un disagio diffuso. Il senso dell’attivismo archivistico a questo livello si arricchisce ulteriormente nel manifestare la volontà di vedere riconosciuto agli archivi il loro effettivo potere. Gli archivi cui il gruppo guarda non sono semplicemente “memoria oggettivata”, ma ipotesi progettuali, strumenti indispensabili per quanti nel presente abbiano a cuore le sorti del futuro.
Almeno nelle intenzioni non c’è però nessuna concessione alla provocazione fine a sé stessa e tantomeno si abbraccia una vocazione rivoluzionaria, perché è proprio in nome di quella inesauribile tradizione da cui scaturisce l’archivistica contemporanea che si chiede di mantenere gli archivi ancorati alla realtà. Gli archivi di Archivistica Attiva sono anche – se non soprattutto- quelli utili alla vita quotidiana, desiderosi di dire la loro nel quadro di una società di riferimento in evidente difficoltà e in sicura, costante, trasformazione. Gli archivi attivi, insomma, come patrimonio irrinunciabile e condiviso, come bisogno dei cittadini e non in quanto esercizio stilistico degli archivisti.
Il tutto tenta di svilupparsi dentro a una visione “laica” dei diversi fenomeni, una visione che fin dal linguaggio utilizzato cerca di tenersi lontano da superlativi, iperboli ed entusiasmi di maniera, in direzione di un equilibrio concreto e della possibilità di un dialogo reale con il mondo che circonda gli archivi e di cui essi sono un elemento fortemente qualificante.
Sullo sfondo non si staglia la Repubblica degli archivi ma una Repubblica con gli archivi, anche se lo skyline può ricordare quello di Utopia.
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