Gli archivi di persona si stanno trasformando sempre più in archivi ibridi, o totalmente digitali. Come devono affrontare questa sfida gli archivisti? Con quali mezzi? Per quali scelte? Il caso dell’archivio dell’on. Massimo Vannucci, archivio misto cartaceo e digitale, è una prima risposta italiana a queste domande.
Il volume, curato da Stefano Allegrezza (docente di Archivistica all’Università di Udine) e Luca Gorgolini (storico, ricercatore all’Università di San Marino e docente di Storia contemporanea all’Università di Modena e Reggio Emilia), raccoglie gli interventi del convegno “Gli Archivi di persona nell’era digitale. Il caso dell’archivio dell’on. Massimo Vannucci” che si è tenuto a Macerata Feltria il 20 giugno 2015 per presentare il lavoro di riordinamento di Massimo Rossi, con il coordinamento di Matteo Sisti e la responsabilità scientifica di Stefano Allegrezza.
Massimo Vannucci (1957-2012) è stato un politico marchigiano: sindaco di Macerata Feltria dal 1995 al 2004; segretario regionale dei Democratici di sinistra dal 2001 al 2006; componente della costituente del Partito democratico; deputato dal 2006. Il suo archivio, ora conservato dall’Associazione Massimo Vannucci, raccoglie la documentazione prodotta nel corso della carriera politica dal 1971 al 2012.
La peculiarità del progetto consiste nell’essere stato per l’Italia un esperimento pioneristico di riordinamento di archivio di persona ibrido, costituito cioè da documentazione cartacea e digitale. Gli archivisti hanno calato e testato in una situazione concreta le soluzioni promosse dagli studi in materia di digitale. I temi legati a descrizione archivistica, selezione e scarto, scelta dei formati per la conservazione, trattamento dei dati, accesso e fruizione di archivi digitali prodotti al di fuori di sistemi di gestione documentale strutturati, da singoli (“dall’uomo comune”) rappresentano infatti ancora una novità sia per gli organi preposti alla tutela del patrimonio archivistico sia per gli stessi archivisti.
L’archivio Vannucci è anche il primo caso di archivio privato formato da documenti su supporto analogico e digitale dichiarato di interesse storico, con provvedimento della Soprintendenza Archivistica dell’Umbria e delle Marche.
Il volume comprende, oltre agli interventi dedicati specificatamente all’archivio Vannucci, contributi più generali sui temi e le criticità del personal digital archiving.
Il primo intervento di Maria Palma (archivista di Stato) ripercorre con ampie pennellate l’emergere degli archivi di persona dal XIX secolo, il loro affermarsi come fonte storica e le loro peculiarità come fonte archivistica, con una attenzione alla descrizione della situazione degli archivi di persona nella Regione Marche. Ricorda come, se prima del XIX secolo il vincolo gentilizio risultava prevalente rispetto all’affermarsi di individualità soggettive, negli ultimi due secoli la centralità della soggettività, accompagnata al senso di appartenenza a una collettività e alla consapevolezza del proprio ruolo individuale, ha spinto alla costituzione e alla conservazione di archivi di persona distinti dagli archivi di famiglia. Nella storia della pratica politico-amministrativa, in particolare, le carte private dei politici integrano le fonti istituzionali, lì dove la demarcazione tra carte pubbliche e private sfuma. Maria Palma si sofferma inoltre sulla varietà del mondo degli archivi di persona, caratterizzato da pluralità di soggetti produttori e policentrismo della conservazione che necessitano di progetti mirati per la rilevazione e la salvaguardia.
A Stefano Allegrezza (Università di Udine) è affidato il compito di delineare un excursus sui progetti più rilevanti sul digital personal archiving, a partire dalle esperienze statunitensi della metà degli anni Duemila: il progetto capofila National Digital Information Infrastructure Program (NDIIPP) della Library of Congress; il Personal Digital Archiving Day (evento nato nel 2010 e che ha elaborato un kit per piccole organizzazioni, biblioteche e privati alle prese con archivi privati). Per quanto riguarda il panorama europeo cita il progetto Personal Archives Accessible in Digital Media (PARADIGM) delle Università di Oxford e Manchester degli anni 2005-2007 (con sperimentazioni su archivi di politici britannici). A livello transnazionale il progetto InterPARES 3 (2007-2012) presenta tra i case history anche alcuni archivi personali. In generale però si lamenta che il punto di vista di questi studi sono i soggetti preposti alla custodia della memoria, mentre pochi sono quelli dedicati al soggetto produttore, anche nel caso delle ricerche americane, caratterizzate da un approccio concreto e pratico ma talvolta eccessivamente basilare e insufficiente a fornire informazioni esaustive per una corretta gestione degli archivi.
Nella seconda parte dell’intervento viene invece illustrato il progetto dell’intervento archivistico sull’archivio Vannucci. La metodologia e le scelte operate sono riprese e approfondite dagli archivisti Matteo Sisti e Massimo Rossi.
Matteo Sisti analizza in particolare le criticità della descrizione archivistica e della conservazione di un archivio di persona dichiarato di notevole interesse storico ai sensi del Codice dei Beni culturali, dichiarazione che porta con sé per il soggetto privato una serie di obblighi tra i quali il riordinamento, la conservazione a norma e l’accessibilità. Il contributo di Sisti si addentra nell’analisi di standard e normativa. Confronta le istanze degli standard ISAD(G) e ISAAR (CPF) con le esigenze di descrizione dei documenti informatici, che vede nei metadati la risorsa primaria per la descrizione degli oggetti digitali. Dedica poi un approfondito esame alla normativa italiana in materia di formazione, gestione e conservazione dei documenti informatici (le Regole tecniche del Codice per l’Amministrazione digitale), in rapporto alla sua applicabilità in contesti privati. Infatti, anche se la normativa nasce per le pubbliche amministrazioni, Sisti sottolinea come possa essere il punto di riferimento anche per gli archivi privati, in particolare per archivi dichiarati di notevole interesse e assunti al rango di bene culturale.
Costituito dal subfondo cartaceo e dal subfondo digitale, l’archivio Vannucci conserva 279 fascicoli (3 metri lineari) di documentazione cartacea (carteggi, atti parlamentari, leggi, articoli di stampa, materiali di documentazione, appunti manoscritti), e 326 e-mail, 114 file testo, 1 file video, 6 file audio, 13 file immagine (corrispondenza elettronica e documenti memorizzati nel computer). Se il riordinamento della parta cartacea è avvenuto secondo la prassi consolidata della dottrina archivistica, per la parte digitale (e in particolare per la corrispondenza elettronica) è stata necessaria una riflessione più approfondita, come illustra Massimo Rossi. Nella pratica del progetto, la prima operazione compiuta sulla sezione digitale è stato lo scarto, anche piuttosto cospicuo: a titolo di esempio su 846 messaggi di posta in arrivo ne sono stati conservati 200. Estrema attenzione è stata rivolta alla scelta dei formati, compatibili con la conservazione a lungo termine dei differenti oggetti digitali: EML per le e-mail, PDF/A (per i file testuali), JPG, MP3 e WMV (per i file immagine, audio e video). Per la descrizione e l’inventariazione è stato utilizzato il software ICA ATOM promosso dall’International Council on Archives (ICA). Open source e web based, ICA ATOM è parso lo strumento migliore per produrre un inventario fruibile su internet.
Gli ultimi due contributi allargano la prospettiva al di là del singolo caso dell’archivio Vannucci.
È il rapporto tra gli storici e il web il tema che affronta Luca Gorgolini (storico). Lo sviluppo della comunicazione digitale ha influenzato e cambiato il modo di fare ricerca, di comunicare e insegnare la storia. Gorgolini scorre il rapporto ambivalente degli storici con il web, visto da una parte come una fondamentale risorsa di contenuti (servizi, storiografie, fonti primarie e secondarie). Nello stesso tempo la natura volatile, instabile e partecipata del web suscita remore e dubbi. Posti di fronte a questa situazione, gli storici non possono far altro che innovare le proprie competenze per diventare parte attiva del processo di diffusione e ricezione di contenuti digitali (diventare digital public historians).
Il volume si chiude con l’intervento di Mariella Guercio sulle criticità ancora non risolte del personal digital archiving. Il tema della sopravvivenza delle memorie personali digitali è stato a lungo assente nella letteratura di settore, e le iniziative di ricerca legate soprattutto alle best practice (come quelle della Library of Congress) non sempre sono state sufficientemente approfondite da toccare i punti più critici della conservazione del digitale. Lo scarso interesse scientifico si è accompagnato anche a un mancato impegno delle istituzioni pubbliche deputate a esercitare la tutela su questa tipologia di archivi, e a un disinteresse delle imprese nel fornire soluzioni tecnologiche adeguate a utenti individuali. Mariella Guercio individua come soluzione privilegiata per superare questo stallo, il disegno di una road map delle questioni cruciali che susciti l’attenzione partecipe degli stakeholder coinvolti: gli individui (soggetti produttori), le istituzioni di salvaguardia e tutela, le imprese ICT, i professionisti (archivisti).
Gli archivi di persona nell’era digitale. Il caso dell’archivio di Massimo Vannucci,
a cura di Stefano Allegrezza e Luca Gorgolini, Bologna, Il Mulino, 2016, p. 153, € 16,00