In occasione del 60° anniversario della scomparsa di Giuseppe Di Vittorio (Cerignola 1892-Lecco 1957), la Cgil nazionale ha bandito un concorso (conclusosi il 31 maggio scorso) finalizzato al ritrovamento e all’acquisizione - in originale o in copia digitale - di video, foto, lettere o documenti a firma Giuseppe Di Vittorio, non conservati presso gli archivi della Confederazione.
A quattro mesi dalla chiusura del concorso (vinto da Fabiana Lovato, ospite, come da regolamento, delle Giornate del lavoro), i documenti acquisiti, arricchiti dalla documentazione conservata presso l’Archivio storico della CGIL nazionale e gli archivi pugliesi, daranno vita alla mostra Giuseppe Di Vittorio, eroe del lavoro, che sarà inaugurata a Lecce il 13 settembre 2018, nella prima delle Giornate del lavoro della Cgil nazionale (V edizione), alla presenza del segretario generale Susanna Camusso.
La mostra, impreziosita da una selezione di ritratti di Giuseppe Di Vittorio della raccolta d’arte di Corso Italia (di Ennio Calabria e Carlo Levi, solo per citare alcuni autori) e da nove film su Giuseppe Di Vittorio dell’immenso patrimonio filmico dell’Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico (Aamod), si compone di 21 pannelli dedicati a momenti diversi della vita del sindacalista di Cerignola.
Dalla Puglia delle origini alla Segreteria confederale, dal primo comizio al funerale, dalle lettere ai dipinti, dai graffiti ai fumetti, i documenti riprodotti all’interno dell’esposizione raccontano l’uomo Di Vittorio, la sua splendida umanità ed il suo rapporto unico ed assoluto la base.
Una biografia per documenti e immagini dal forte impatto visivo capaci di far rivivere i principali snodi della storia di Giuseppe Di Vittorio e della Cgil nell’Italia del Secondo dopoguerra raccontando la vicenda di un uomo, prima che un politico o un sindacalista, una persona e una personalità alla quale il Sindacato e l’Italia devono molto.
«Cosa devo a Di Vittorio? – dirà Luciano Lama anni dopo – Prima di tutto i ferri di un mestiere non facile. Il coraggio di affrontare la realtà, anche quella che non ti piace. Lo sforzo costante di non appagarsi della superficie, ma di vedere quello che c’è sotto le cose. Infine, l’abitudine a pensarci su, a non essere frettoloso nei giudizi, ma poi ad avere il coraggio di esprimerli anche controcorrente» (Il nobile Luciano e re Enrico, «L’Espresso» 15 novembre 1981).
«Dio sa quanto conoscessi i suoi limiti e le sue debolezze e quante volte mi sia ribellato a certe ristrette manifestazioni della sua mentalità di contadino meridionale – dirà alla sorella Franca Bruno Trentin pochi giorni dopo la sua morte -. Ma sento sempre di più quello che quest’uomo ha rappresentato per me, nella mia formazione di uomo politico e – retorica a parte – semplicemente di uomo. Sento la sua forza e la sua giovinezza, il suo ottimismo intellettuale, sempre “provocatorio”, come una delle cose più ricche che mi abbiano trasformato in questi ultimi anni».