Fino a qualche decennio fa, era semplice scegliere come affrontare un viaggio: la “Guida verde”, agile ed essenziale, o la “Guida rossa”, approfondita e corposa. A dispetto delle dimensioni e della semplicità dello stile espositivo, la Guida che Giovanni Michetti ci offre (Introduzione alla blockchain. Una guida per archivisti. Napoli, Editoriale Scientifica, 2020, pp. 292) appartiene certamente alla seconda categoria. 

Il pregio più evidente di questo lavoro è proprio l’ampiezza di sguardo con cui affronta il tema, non limitandosi agli aspetti tecnici che pure spiega nel dettaglio, ma sottolineando anche, se non soprattutto, quelli latamente filosofici che sono all’origine della soluzione tecnica.

La lettura diventa così l’occasione per una riflessione che si allarga a temi quali la fiducia, l’autorità, il consenso e la costruzione della memoria di una società; il che in fondo è la sfida a cui ogni archivista per natura professionale è costantemente richiamato: comprendere come l’uomo lasci tracce documentali del suo passaggio e contribuire al loro sedimentarsi, garantendone la fruibilità per il futuro.
Michetti esplicita subito in apertura il seme di rivoluzione che la blockchain porta in sé: una sfida a ripensare i meccanismi di gestione della fiducia nella società digitale, mettendo in discussione, in particolare, il ruolo dei soggetti che tradizionalmente svolgono la funzione di intermediari e garanti di tale fiducia. Una vera e propria visione (del mondo) alternativa a quelle consolidate, in cui la fiducia basata sulle istituzioni viene sostituita con una fiducia che trova il suo fondamento, scalabile e paritario, nelle tecnologie.

Si tratta di una prospettiva di mutamento anche valoriale che ha l’ambizione di modificare i modelli di interazione fra gli individui, trasformando le modalità di fruizione e comprensione delle informazioni e quindi la possibilità stessa di memoria. Si tratta di uno sviluppo per certi versi rivoluzionario, di cui l’autore pare avvertire il fascino, ma di cui allo stesso tempo rileva lucidamente limiti e criticità. E grazie a questa sua capacità di comprendere e mostrare entrambi i lati della medaglia, più che fornire un giudizio perentorio – quale che sia – impone al lettore di svolgere una propria riflessione.
Muovendo da tali premesse, nella seconda parte Michetti illustra dettagliatamente cosa sia una blockchain, come funzioni, chi siano gli attori coinvolti, quali l’architettura e le proprietà, quali le tipologie. Il tono ha il pregio di rimanere sempre lieve, sebbene l’esposizione risulti completa e opportunamente didascalica nei punti più tecnici.

Nella terza parte l’autore analizza le caratteristiche e le qualità della blockchain alla luce dello standard ISO 15489-1 sia in quanto documenti, sia come sistemi documentali, sia infine rispetto ai processi documentali. E merita sottolineare come colga l’occasione per riprendere, aggiornandolo, un suo precedente contributo in tema di autenticità nel contesto digitale, apparso in «DigItalia» nel 2010. L’autore si sofferma quindi sui riflessi normativi, a partire dalle previsioni del cosiddetto Decreto semplificazioni del 2019 per arrivare al GDPR.
È a questo punto che emergono gli elementi di forza della blockchain, ma anche i suoi aspetti meno convincenti, in particolare rispetto alla protezione dei dati personali e alla sicurezza, come pure gli spunti di miglioramento, a partire dalla necessità di implementare metadati a supporto di adeguati processi documentali.

L’ultima parte della Guida è infine dedicata a una carrellata dei possibili ambiti di applicazione della blockchain e a una valutazione delle esperienze fin qui maturate. Anche in questo caso l’autore illustra le potenzialità, ma anche i rischi intrinseci o i punti di opacità sui quali ritiene ancora necessario sviluppare riflessioni approfondite.
La Guida si rivela in definitiva un contributo prezioso perché consente agli archivisti di comprendere le vaste implicazioni di un modello che, per dirla con Michetti, molto probabilmente occuperà uno spazio nelle prassi lavorative in diversi settori, pur non rappresentando la soluzione, bensì un contributo alla soluzione di aspetti che interpellano necessariamente gli archivisti. Una prospettiva forse depotenziata rispetto agli intenti rivoluzionari che ne segnano l’origine, ma al contempo più concretamente percorribile per chi, anche senza mirare a stravolgimenti epocali, punti a intercettare gli stimoli che lo sviluppo tecnologico offre all’agire sociale.

G. MICHETTI, Il paradosso della conservazione digitale: riflessioni sull’autenticità, in «DigItalia», 2010, 2, pp. 41-53.

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