Roma, sabato 27 marzo 1976, l’ultimissima edizione del «Corriere d’Informazione» titola: Da martedì trasmette radio Pannella. Il partito radicale inaugurerà martedì la prima radio trasmittente privata appartenente ad un partito politico. Con queste parole viene data notizia della nascita di Radio Radicale, la cui storia è stata ripercorsa all’inizio del seminario Fonti orali e fonti audio: l’archivio di Radio Radicale e altri archivi orali, un incontro organizzato all’interno del corso di dottorato Culture d'Europa. Ambiente, spazi, storie, arti, idee dell’Università degli studi di Trento.
Andrea Maori, archivista, ricercatore e collaboratore dell’archivio di Radio Radicale, ha presentato un resoconto che ha consentito di comprendere come l’emittente sia stata, fin dall’inizio, qualcosa di più di una “semplice” radio di partito. L’obiettivo di Radio Radicale è stato quello di favorire una partecipazione informata dei cittadini, accompagnati all’interno delle istituzioni di rappresentanza, un’esigenza che si riflette nel motto einaudiano conoscere per deliberare, fatto proprio dalla Radio. Prima di tutto, rendere pubbliche le sedute delle Camere, ma anche i processi, non limitandosi a dare informazioni sul procedimento, ma portando gli ascoltatori nel processo, mandando in onda, quando possibile, le intere udienze. Negli anni, l’emittente ha trasmesso e conservato migliaia di ore di registrazione tra sedute e dibattimenti, ma anche assemblee, comizi, presentazioni di libri, convegni e interviste ai cittadini.
Nella prima parte del seminario è stata ricordata l’importanza del filo diretto con gli ascoltatori che, a metà degli anni Ottanta, raggiunge il suo apice con la diffusione senza controllo delle telefonate del pubblico. Una segreteria telefonica lasciata a disposizione degli ascoltatori quando le trasmissioni erano state interrotte a causa di difficoltà economiche. L’iniziativa delle telefonate libere fu denominata Radio parolaccia e replicata negli anni successivi; una parte delle registrazioni furono anche pubblicate in Pronto? L’Italia censurata delle telefonate a Radio radicale (Milano, Mondadori, 1986). L’archivio riflette, quindi, tutta la produzione di Radio Radicale, non solo documentazione sonora e audiovisiva, ma anche cartacea. Un esempio rilevante, presentato a conclusione della relazione di Andrea Maori, è l’archivio di Massimo Bordin, giornalista e direttore della radio. Taccuini, documenti e scritti che sono stati digitalizzati, schedati, indicizzati e messi a disposizione del pubblico su una piattaforma online.
Sono però le bobine, le cassette e i file digitali il nucleo centrale della documentazione di Radio Radicale. Guido Mesiti, responsabile dell’archivio, ha concluso la prima parte del seminario con un’approfondita relazione sulla struttura archivistica e sull’evoluzione dei formati utilizzati dalla radio. L’utilizzo del computer per la schedatura dei materiali a partire dal 1984, il passaggio da analogico a digitale, sperimentando una varietà di formati, da bobine a mp4, passando per cassette, dvd, mini-disc e molto altro. Un momento importante per la storia dell’archivio è stato sicuramente il dicembre 1993, quando Lucia Principe, soprintendente archivistico per il Lazio, dopo una visita ispettiva sollecitata dall’allora direttrice dell’archivio radiofonico Gabriella Fanello Marcucci, dichiara l’archivio di notevole interesse storico: «per la sua originalità, la vastità degli argomenti ed interessi, riveste il ruolo di fonte preziosa per la storia politica, culturale e sociale contemporanea»; una dichiarazione rinnovata nel 2008 e nel 2019.
Si diceva poc’anzi del passaggio dall’analogico al digitale, non soltanto nell’adozione di moderni supporti di registrazione, ma anche e soprattutto nel riversamento in digitale delle cassette e dei nastri; un’operazione importante iniziata nel 1998 e che è ancora in corso. Più della metà dell’archivio è quindi disponibile online, così come le schede di ciascuna registrazione e la trascrizione automatica che permette di “navigare” il documento sonoro.
La seconda e ultima parte del seminario si è aperta con una relazione di Alessandro Casellato, professore associato di Storia contemporanea all’Università Ca’ Foscari di Venezia e presidente dell’Associazione italiana di storia orale (AISO). Una panoramica sulle ricerche condotte dai pionieri della storia orale a partire dagli anni Sessanta ha dato un’idea della moltitudine di documenti sonori prodotti, interviste raccolte nell’ambito di diverse discipline che sono andate a costituire decine di archivi orali disseminati su tutto il territorio nazionale. Un’eredità che rischia di rimanere sommersa, testimonianze uniche che, a causa della fragilità dei supporti utilizzati per la registrazione, necessitano di essere salvate in tempi brevi. Gli esempi eccellenti di messa in sicurezza e ri-uso del materiale sonoro non mancano, basti pensare al recupero del materiale di Anna Maria Bruzzone con la recente pubblicazione Ci chiamavano matti. Voci dal manicomio (1968-1977), a cura di Marica Setaro e Silvia Calamai, oppure al portale Ti racconto la storia dell’ICAR, solo per fare due esempi. Mettere in sicurezza quindi, ma come? A chi dare le interviste quando la ricerca è finita? Con quali criteri metterle a disposizione dei ricercatori? L’intervento di Casellato ha sottolineato come negli ultimi anni sia emersa la necessità di fornire delle linee guida utili agli studiosi che producono fonti orali, ma anche e soprattutto informare e sensibilizzare chi conserva questa documentazione nelle varie istituzioni.
Necessità a cui si è cercato di rispondere elaborando un vademecum, la cui prima bozza era stata presentata il 27 ottobre 2020 in occasione del convegno Non di sola carta. Prendersi cura degli archivi orali. Una revisione pubblica, ancora in corso, ha permesso di accogliere i suggerimenti di accademici, documentaristi e archivisti, ma rimangono ancora alcuni nodi da sciogliere: la digitalizzazione del materiale, la gestione di una raccolta composta da documenti sonori, ma spesso anche da scritti e fotografie; le questioni poste dal nuovo regolamento europeo sulla protezione dei dati personali (GDPR). Un cantiere aperto, quindi, ma necessario, per riprendere il dialogo tra professionisti di diverse discipline, per (ri)creare un terreno comune di confronto, scambio e di vera e propria “osmosi culturale”.
La registrazione del seminario sarà presto disponibile sul sito dell’archivio sonoro di Radio Radicale all’indirizzo https://www.radioradicale.it/archivio.
Per saperne di più
Vademecum per il trattamento delle fonti orali (Aiso)
Il portale Ti racconto la storia