Tempo, abnegazione e risorse non corrispondono necessariamente a un sicuro privilegio. A chi oggi incontra difficoltà poco importa che un titolo di studio non sia mai bastato da solo, malgrado il valore, ad ottenere un lavoro. Che il suo conseguimento come il suo possesso siano sempre stati requisiti di abilitazione alla richiesta e mai di concessione d’impiego.

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Eppure le obiezioni che leggo e sento sulle garanzia di accesso all’occupazione che un percorso qualificato di formazione come il nostro dovrebbe riservare sono tanto condivisibili quanto giustificabili. È vero! Si è scelto consapevolmente da studenti, affermare il contrario sarebbe sciocco, un percorso che per natura riservava possibilità contenute e ridotta attenzione.

L’idea – probabilmente accompagnata da un pizzico di snobismo – di fare un lavoro «diverso» da altri più noti (ad esempio l’insegnamento) e che, forse, avrebbe potuto farmi incontrare altre persone che, […], non rientravano negli stereotipi del burocrate mezze maniche, culturalmente ottuso e pressoché sordo nei confronti della società circostante1 che negli anni universitari tanto convinceva oggi viste le difficoltà lascia perplessi. All’epoca non si era in grado di comprenderne a pieno il significato, e non si era di certo consapevoli che il nostro fosse un mestiere tanto complesso e liquido per competenze e collocazione.

Oggi, la naturale presenza degli archivi, degli archivisti e ancor prima dei documenti nel cuore dell’evoluzione digitale avrebbe dovuto ridefinire i principi della formazione stessa (con ritardo ormai strutturale si cerca di adeguare percorsi di studio a necessità operative) e contribuire a garantire nuove ed alternative possibilità di lavoro.

Nella realtà l’evoluzione digitale ha per quel che ci riguarda, prodotto reali e maggiori possibilità lavorative amplificando tuttavia la concorrenza oltre i consueti perimetri di riferimento. Significherà pur qualcosa se laureati in storia dell’arte, musicologia, restauro, antropologia, storia corrono in direzione dei nostri titoli e dei nostri saperi? Se Ingegneri informatici, collaborano e si confrontano sulle nostre materie?

Eppure “Il presente frastornante” annichilisce e le difficoltà sembrano moltiplicarsi. Le anomalie sono palesi e il profondo squilibrio fra eccessi formativi e mancanza d’esperienza alimenta il rammarico come l’insoddisfazione.

L’accumulo compulsivo di titoli, necessari a giustificare la speranza di un lavoro è il modo con cui la maggior parte di noi combatte la mancanza stessa di lavoro finendo per rimanere deluso. La mancanza di prospettive indebolisce l’applicazione come la sperimentazione e questa congenita “ossessione” della certificazione accademica sacrifica, immolandola, la riflessione disciplinare.

Nel merito, occorre tuttavia riconoscere che per pigrizia ed interesse ci astraiamo dal mondo. Prendiamo confidenza appena il necessario con metadati e standard quando dovremmo impadronircene, parliamo male e con sdegno degli aspetti “commerciali” del nostro lavoro. Con sufficienza, non priva di obiezioni consideriamo le dinamiche comunicative. Rigettiamo come fossero ininfluenti il diritto e la politica.

Eppure fra le carte accumulate da studenti, compresso in poche righe che fanno letteratura di genere, Isabella Zanni Rosiello (rincorsa per tutto il contenuto) definì timidamente un principio di assolata rassegnazione.

Forse l’archivista modello, l’archivista esemplare dovrebbe essere un po’ di tutto. Anche in tempi passati si diceva che un grande archivista è soprattutto un grande eclettico. Ma gli archivisti modello, gli archivisti tipo non esistono. E forse non esistono neppure i grandi eclettici2.

Archivisti in fondo lo si è (dentro e fuori le istituzione) per approssimazione necessaria, per attitudine, per possibilità. Mai o quasi per istruzione. Oggi, come ieri d’altronde, e forse un po’ di più “un archivista potrà anche essere freak, ma il freak, prima o poi, diventerà di tendenza”.

 

1-Isabella Zanni Rosiello, «Di archivi e di altre storie: conversazione tra Isabella Zanni Rosiello e Claudio Pavone» in L’archivista sul confine Scritti di Isabella Zanni Rosiello, a cura di Carmela Binchi e Tiziana Di Zio, Roma, Mibac, 2000; 

2-Ead., «Sul mestiere dell’archivista» in L’archivista sul confine Scritti di Isabella Zanni Rosiello, a cura di Carmela Binchi e Tiziana Di Zio, Roma, Mibac, 2000.

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