L’esperienza della Soprintendenza archivistica per l’Emilia Romagna durante e dopo il sisma del 20 e del 29 maggio 2012.

Il recupero del materiale dall’Archivio comunale di Sant’Agostino (FE). Luglio 2012

Il 20 maggio 2012 una prima violenta scossa di terremoto colpiva alcune province dell’Emilia Romagna (Bologna, Modena, Reggio Emilia, Ferrara), provocando danni consistenti al patrimonio culturale e alle strutture civili e produttive di quelle zone.

In quei primi giorni di emergenza – quando gli amministratori locali erano impegnati a fare fronte a bisogni impellenti come l’assistenza alle persone, il recupero di preziose opere d’arte, la ripresa delle attività produttive – la Soprintendenza archivistica dell’Emilia Romagna avviava una estesa attività di verifica della condizione degli archivi disseminati sul territorio (in primis archivi comunali e parrocchiali) per accertare gli eventuali danni subiti e pianificare i necessari interventi.
Tra maggio e luglio 2012, attraverso visite in loco o contatti diretti, è stata verificata la condizione di 50 archivi comunali, suddivisi spesso in vari nuclei dislocati in più sedi, e di più di 90 archivi parrocchiali, la cui attività di monitoraggio è stata condotta, laddove possibile, d’intesa con gli Uffici beni culturali delle Diocesi secondo quanto stabilito dall’art. 4, c. 6, dell’Intesa stipulata il 18 aprile 2000 tra il Ministero per i beni e le attività culturali e la Conferenza episcopale italiana.
Se complessivamente non si lamentavano perdite irreparabili di documentazione, appariva però evidente che bisognava mettere in atto tempestive iniziative per recuperare e trasferire i nuclei documentari a rischio.
Decisiva a tal fine è stata la costituzione dell’Unità di crisi regionale da parte della Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici per l’Emilia Romagna e la nomina dell’allora soprintendente archivistico Stefano Vitali all’interno di tale organismo, con l‘incarico di coordinare il recupero degli archivi.
Ciò ha infatti consentito di stabilire contatti diretti con referenti per gli interventi sui beni culturali dei Comandi dei Vigili del fuoco di Bologna, Ferrara e Modena, con i quali effettuare sopralluoghi negli edifici inagibili al fine di programmare i recuperi della documentazione. Mentre per gli archivi parrocchiali, di consistenza limitata, le difficoltà erano costituite prevalentemente dalle condizioni strutturali degli stabili (dichiarati inagibili o contigui ad altri a rischio di crollo), per quelli comunali alla condizione drammatica di molti edifici si aggiungevano altri elementi che ne rendevano più complessa l’identificazione in vista del loro recupero: la rilevante mole della documentazione, frequentemente gravata da una pregressa assenza di regolari operazioni di scarto; le precarie condizioni di conservazione; la collocazione in scantinati o sottotetti spesso su scaffalature di fortuna il cui crollo dopo le prime scosse aveva frequentemente scompaginato le serie documentarie; la dispersione all’interno degli edifici comunali; una frequente condizione di disordine del materiale, accompagnata da una insufficiente conoscenza della sua consistenza e composizione con conseguente scarso controllo esercitato su di esso dai detentori. Pochi sono stati i casi virtuosi (Crevalcore e San Giovanni in Persiceto) che nel corso degli interventi di recupero hanno potuto fare affidamento su dettagliati inventari topografici, strumenti necessari sia per il prelevamento che per la successiva ricollocazione in nuovi spazi.
Contestualmente al proseguimento dell’attività di verifica – estesa anche agli archivi delle aziende sanitarie e delle scuole (una verifica condotta alla fine del 2013 insieme all’Ufficio scolastico provinciale ha evidenziato che una ventina di archivi scolastici si trovavano in gran parte ancora all’interno delle scuole inagibili) – sono iniziati gli interventi, alcuni dei quali particolarmente complessi, per mettere in sicurezza quelli maggiormente a rischio: a partire dal 25 maggio (e nei 18 mesi successivi) sono stati recuperati e messi in sicurezza 15 archivi comunali per un totale di circa 7.500 metri lineari di documentazione, 16 archivi parrocchiali per un totale di circa 200 m. l., 2 archivi scolastici (200 ml.) ed è stata supportata l’attività di recupero dell’archivio dell’Azienda ospedaliera Sant’Orsola Malpighi di Bologna, per un totale di 140.000 faldoni recuperati e riordinati.
Decisiva anche in questa fase è stata la sinergia con la Direzione regionale che ha messo a disposizione le risorse finanziarie necessarie per il trasferimento degli archivi; molti di questi interventi sono stati effettuati grazie anche alla collaborazione di archivisti volontari, che hanno affiancato i funzionari della Soprintendenza nel corso delle operazioni di prelevamento e ricollocamento della documentazione, e dell’Associazione S.O.S. Archivi che in taluni casi è intervenuta con i propri mezzi e il proprio personale.
Il problema più rilevante in questa fase è stato il reperimento di spazi all’interno dei quali collocare le centinaia di metri di documentazione che venivano rimossi dalle loro sedi. In alcuni casi parrocchie e comuni (Concordia, Mirandola, Novi, San Felice sul Panaro nel Modenese; Brescello, Fabbrico, Reggiolo in provincia di Reggio nell’Emilia; Baricella e Crevalcore nel Bolognese), hanno individuato soluzioni provvisorie all’interno dei propri territori considerando anche – nel caso delle amministrazioni comunali – la necessità di poter disporre della propria documentazione nella lunga e faticosa fase di ricostruzione e ripresa della ordinaria azione amministrativa. Laddove ciò non è stato possibile ci si è avvalsi (per gli archivi comunali) di spazi messi generosamente a disposizione soprattutto da enti pubblici (archivio comunale e provinciale di Modena). Gli archivi parrocchiali sono stati trasferiti, a seconda delle diocesi di appartenenza, nell’archivio diocesano di Carpi, in un deposito predisposto dalla Diocesi di Modena per custodire i beni culturali ecclesiastici dell’area colpita dal terremoto e nell’archivio comunale di Cento.
Nel contempo – grazie all’offerta di un ampio capannone avanzata dal Comune di Vignola e al sostegno tecnico ed economico della Direzione regionale per la realizzazione di interventi per l’adeguamento strutturale e impiantistico – nell’estate del 2014 si è potuto portare a termine la realizzazione di un polo archivistico per la conservazione temporanea e trattamento di fondi archivistici colpiti dal sisma.
In tale struttura (dove sono state allestite scaffalature per complessivi 6.000 m.l.) è stato ricoverato l’archivio comunale di Cavezzo, parte dell’archivio di deposito del Comune di Sant’Agostino, due istituti scolastici del Ferrarese e circa 1200 m.l. dell’Archivio di Stato di Modena per consentire a questo Istituto di procedere a rilevanti interventi strutturali necessari a riparare i danni causati dal sisma. In base alla convenzione decennale stipulata tra il Comune di Vignola, la Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici per l’Emilia Romagna e la Soprintendenza archivistica dell’Emilia Romagna (che ne ha la gestione operativa) il Polo si configura come uno spazio disponibile anche nel futuro per interventi urgenti di salvaguardia della documentazione disposti dalla Soprintendenza archivistica.

Se, come si è detto, non si sono verificati danni irreparabili, tuttavia le frequenti pregresse situazioni di disordine di molti archivi comunali sommate ai danni provocati dal sisma e alle condizioni di urgenza nelle quali si è operato per mettere in sicurezza i complessi documentari hanno di fatto reso non fruibili una larga parte di tali archivi. Per ovviare, almeno in parte, alle difficoltà economiche e organizzative dei comuni nell’autunno 2013, grazie alle risorse messe a disposizione dalla Direzione regionale, la Soprintendenza archivistica ha messo a punto un Piano degli interventi sugli archivi colpiti dal sisma del maggio 2012 per il riordino di alcuni complessi documentari e il restauro di parte della documentazione: sono state così finanziate le operazioni di riordino e inventariazione degli archivi storici dei comuni di Concordia sulla Secchia, San Felice sul Panaro, San Possidonio e dell’Istituto comprensivo statale Dante Alighieri di Sant’Agostino e il restauro di alcune buste gravemente deteriorate dell’archivio storico del Comune di Concordia.
Caso esemplare di una felice sinergia tra la Soprintendenza archivistica e l’amministrazione comunale è stato quello di San Felice sul Panaro: dopo che il Comune ha provveduto con proprie risorse ad una prima ricognizione e ricompattamento dei nuclei documentari (effettuando al contempo le operazioni di selezione e scarto della documentazione) e all’adeguamento strutturale e impiantistico dei locali già sede dell’archivio, la Soprintendenza ha finanziato il riordino e l’inventariazione delle serie storiche. A distanza di poco più di tre anni dagli eventi sismici, il Comune di San Felice può ora contare su una sede archivistica a norma – che oltre a consentire negli anni a venire una ordinata sedimentazione delle carte, dispone di uno spazio per la loro consultazione – e su uno strumento inventariale che costituisce una tappa significativa per la valorizzazione della sua ricca e importante documentazione, conseguendo un significativo miglioramento, sia dal punto di vista della conservazione che di quello della conoscenza, rispetto alla situazione precedente al sisma.
In questi anni molte amministrazioni comunali hanno previsto, all’interno degli interventi di costruzione di edifici pubblici, spazi destinati ad ospitare la propria documentazione: ciò ha consentito certamente di migliorarne le condizioni conservative grazie anche alla concentrazione in una unica sede delle diverse serie documentarie storiche e di deposito; prevale però spesso l’idea dell’archivio come mero contenitore di carte (con poche eccezione, come nel caso del Comune di Finale Emilia), utile tutt’al più a facilitare le ricerche amministrative ad uso interno, con una scarsa consapevolezza di come il patrimonio documentario sia indispensabile per ricostruire la propria memoria identitaria già così colpita dalla distruzione di tanti edifici civili e religiosi. In tale visione è difficile che vengano investite risorse per interventi di riordino, almeno sommari, delle serie storiche e per una gestione più ordinata dell’archivio di deposito in modo da conseguire un reale controllo del processo di sedimentazione delle carte. Ci si augura che a seguito di una vicenda così drammatica, con l’aiuto delle istituzioni che di archivi si occupano, tale visione possa progressivamente mutare.

Per saperne di più

S. Vitali, L’attività degli istituti archivistici coinvolti nel sisma del maggio 2012. Soprintendenza archivistica per l’Emilia Romagna, in «Rassegna degli Archivi di Stato», n.s., V-VI (2009-2010), pp. 285-293

S. Vitali, Lavori in corso: gli archivi emiliani dopo il terremoto, pubblicato on line sul sito della Soprintendenza archivistica dell’Emilia Romagna

Sezione Terremoti del 20 e 29 maggio 2012 nel sito della Soprintendenza archivistica dell’Emilia Romagna

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