Il 21 dicembre 2018, l’Archivio centrale dello Stato ha inaugurato la mostra Costituzione e diritto delle genti. L’evento, concepito per celebrare i settant’anni della Costituzione italiana a partire da un’idea di Eugenio Lo Sardo, già sovrintendente dell’Archivio centrale, è stato articolato in una serie di appuntamenti connessi tra loro.
Numerose le personalità del mondo dell’arte, della cultura e delle istituzioni che hanno preso parte alla manifestazione, a cominciare dal maestro Michelangelo Pistoletto, il quale ha presentato l’opera Al passo della Costituzione con il Terzo paradiso, realizzata in collaborazione con gli architetti Massimo Domenicucci e Franco Papale dell’Archivio centrale. L’installazione, che mette fisicamente in comunicazione il corpo centrale e il braccio settentrionale del complesso monumentale occupato dall’Archivio, non solo permette il transito tra i due corpi di fabbrica ma intende anche simboleggiare il passaggio dalla memoria cartacea alla memoria digitale. Una sfida importante che l’Istituto si appresta ora a fronteggiare grazie al nuovo Servizio dell’Archivio digitale dello Stato italiano (ADSI), presentato nel corso della mattinata da Silvia Trani, responsabile del Servizio. Proprio come l’opera di Pistoletto, l’ADSI è oggi un ponte proiettato verso il futuro che tenta di risolvere l’insita antinomia tra analogico e digitale. Questa volontà di riconciliare opposti duali è espressa anche da un’altra creazione del maestro Pistoletto, Love difference, la pedana sagomata con la forma del Mediterraneo che è stata posizionata nell’atrio antistante il salone monumentale dell’Archivio, all’inizio del percorso espositivo.
Love Difference (“ama le differenze”) per Pistoletto è un annuncio programmatico che «unisce l’universalità dell’arte all’idea di transnazionalità politica e focalizza la sua attività nell’area mediterranea in quanto in essa si rispecchiano i problemi della società globale». L’opera, decorata al centro con l’emblema della Repubblica italiana, è stata anche il podio dal quale Paolo Maddalena, già vicepresidente emerito della Corte costituzionale, ha pronunciato in pubblico il suo discorso incentrato sull’attualità del “diritto delle genti”, con il quale si intende quell’insieme di norme sovranazionali che garantiscono diritti e tutele per gli esseri umani a prescindere dal luogo in cui essi si trovino.
Diritto e Costituzione sono stati il fulcro anche dell’esposizione d’arte contemporanea ospitata nel salone monumentale dell’Archivio centrale, il cui perimetro è stato arricchito per l’occasione con una serie di pannelli che riportano l’articolato della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. L’area espositiva è costituita da opere di Bruno Ceccobelli Auro e Celso Ceccobelli, Ludovica Sitajolo, Enzo Barchi e infine dalle serie di 17 opere dal titolo Art For Global Goals di Eve Carcan, gruppo di lavoro composto nel 2015 dalla fotografa Patricia Carpani e dalla pittrice Claudia Cantoni che ha interpretato graficamente i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile inseriti nell’Agenda Globale 2030 promulgata dalle Nazioni Unite nel settembre 2015. Bruno Ceccobelli è inoltre l’autore di un’altra opera, il Sole Italiano, visibile all’esterno, nel portico dell’edificio laterale dell’Archivio centrale affacciato sul piazzale degli Archivi: si tratta di una meridiana di forma circolare posta a rappresentare il punto di contatto tra il tempo della storia, le ombre, e il tempo cosmico, la luce, e quindi il ricongiungimento tra la società e le sue istituzioni con la natura e l’ambiente.
La mostra documentaria
In questa ricca cornice l’Archivio centrale non ha soltanto offerto alcuni dei suoi ambienti più prestigiosi ma, attraverso la documentazione che custodisce, è entrato nel cuore del tema della mostra. L’esposizione documentaria curata da Valentina Carola e Cristina Mosillo ruota infatti intorno all’originale della Costituzione, che venne sottoscritto il 27 dicembre 1947 a Palazzo Giustiniani dall’allora Capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola, dal Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, dal Presidente dell’Assemblea Costituente Umberto Terracini e dal Guardasigilli Giuseppe Grassi. Alcuni dei momenti salienti del difficile vissuto dei quattro firmatari nel corso del ventennio fascista sono raccontati da una selezione di documenti tratti dai fascicoli del Casellario politico centrale e della Polizia politica esposti in mostra, che quindi diventano testimonianza tangibile di come esponenti politici avversati dal regime per le loro idee siano in seguito divenuti alcuni dei più illustri protagonisti della storia dell’Italia repubblicana. Le carte raccontano ad esempio i particolari dell’arresto di De Gasperi alla stazione di Santa Maria Novella a Firenze l’11 marzo 1927, ma più in generale lasciano intendere quanto fosse serrato il controllo esercitato dagli osservatori dell’OVRA sui soggetti partecipanti alla vita politica. Davanti agli occhi dei visitatori si aprono così le schede biografiche originali, con tanto di fotografia, di De Gasperi e Terracini. La documentazione di quest’ultimo è completata anche dalle sentenze del tristemente noto Tribunale speciale per la difesa dello Stato che lo condannò al confino a Ventotene. Una seconda teca custodisce invece gli originali delle leggi di ratifica dei trattati che costituiscono il diritto delle genti. Dalla Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti dell’Archivio centrale provengono, in particolare: la l. 26 settembre 1920, n. 1322 concernente l’approvazione del Trattato di pace concluso fra Italia e Austria che sancì la nascita della Società delle Nazioni, la l. 17 agosto 1957, n. 848 con cui l’Italia dà esecuzione allo Statuto delle Nazioni Unite del 26 giugno 1945, la l. 14 ottobre 1957, n. 1203 di ratifica del Trattato di Roma istitutivo della Comunità economica europea e la l. 2 agosto 2008, n. 130 che ratifica il Trattato di Lisbona firmato il 13 dicembre 2007.
«Nuove fonti per la storia d’Italia»
In occasione dell’inaugurazione della mostra è stato infine esposto nell’atrio del salone monumentale un ampio pannello di presentazione al volume Nuove fonti per la storia d’Italia. Per un bilancio del “secolo breve” curato da Mirco Modolo per l’Archivio centrale, in cui sono state illustrate alcune delle più significative acquisizioni documentarie degli ultimi anni che costituiranno per gli storici un sistema di fonti essenziale per comprendere e descrivere la storia più recente del nostro Paese. Tra i fondi descritti si segnala la collezione dei piani regolatori delle città italiane allegati alla Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti, l’archivio della Direzione generale servizi speciali del Ministero dei lavori pubblici, che documenta l’attività di prevenzione e ricostruzione messa in opera nei centri italiani colpiti da terremoti, frane e alluvioni dalla fine dell’Ottocento agli anni Settanta del Novecento, e l’archivio della Cassa per il Mezzogiorno che, con i suoi 24 chilometri di documentazione, ci racconta le fasi di sviluppo del Meridione d’Italia dal 1950 al 2001. Altre sezioni sono invece dedicate agli archivi privati e alle fonti per la storia dell’archeologia italiana, mentre la quarta presenta quei versamenti che saranno indispensabili per ricostruire il difficile contesto politico e sociale nel trentennio compreso tra gli anni Sessanta e Ottanta che ancora attende di essere analizzato con l’occhio scrupoloso dello storico: in particolare l’archivio della sez. IV della Divisione affari riservati (il cd. archivio Russomanno), il principale organo informativo del Ministero dell’Interno istituito nel ’48 per garantire la sicurezza dello Stato e la tenuta dell’assetto democratico, che fu rinvenuto nei depositi di Circonvallazione Appia a Roma nel 1996, e la documentazione che è stata declassificata a seguito delle Direttive Prodi (2008) e Renzi (2014) per fare luce rispettivamente sulle stragi che hanno insanguinato l’Italia da Piazza Fontana (1969) sino al Rapido 904 (1984) e sull’assassinio di Aldo Moro (1978).
La mostra, aperta fino al 21 febbraio 2019, è pertanto un esempio delle potenzialità di una comunicazione fondata su una visione olistica e sinergica di diverse discipline in cui la valorizzazione degli archivi passa anche attraverso la dimostrazione delle tante connessioni che si possono creare ponendo al centro le fonti documentarie.