Alcune riflessioni sulla giornata di studi Archivi dell’archeologia italiana. Progetti, problemi, prospettive, promossa dalla Soprintendenza archeologica della Toscana, dall’Archivio di Stato di Firenze e dalla Soprintendenza archivistica e bibliografica della Toscana.
L’idea del convegno (Firenze, 16 giugno 2016) è nata a partire da un profondo cambiamento in atto nella struttura del MiBACT: il decreto ministeriale n. 44 del gennaio del 2016 ha stabilito, infatti, la fusione delle 17 soprintendenze archeologiche presenti sul territorio nazionale con le soprintendenze belle arti e paesaggio, creando così delle soprintendenze di tipo nuovo. Sempre nel medesimo decreto sono stati poi istituiti dieci musei e istituti di rilevante interesse nazionale, dotati di autonomia, tra i quali vari parchi e musei archeologici.
Questa riforma si è sommata alla precedente, dell’agosto 2014, che aveva tagliato – tra l’altro – il legame diretto sino allora esistente nel nostro ordinamento tra le soprintendenze delle varie tipologie e i musei (anche archeologici), dando autonomia a 20 musei ritenuti di rilevante interesse nazionale e facendo dipendere gli altri da Poli museali regionali, di nuova istituzione. Si tratta di una vera e propria rivoluzione della struttura del Ministero, soprattutto nella sua organizzazione periferica, che non poteva non avere effetti sugli archivi. In particolare, nella vicenda degli archivi di soprintendenze archeologiche di regioni grandi, come la Toscana, in cui le competenze di settore verranno divise tra 4 soprintendenze territoriali, si scontrano due principi e due esigenze: da una parte quella di mantenere indiviso un patrimonio archivistico più che centenario, dall’altra quella delle soprintendenze attuali di continuare a servirsi degli archivi, che costituiscono un indispensabile strumento di lavoro per esercitare l’attività di tutela.
La soluzione proposta in Toscana, che nell’ambito del convegno è stata presentata al mondo degli studiosi, è un progetto di versamento dell’archivio della Soprintendenza (anni 1870-1980) nell’Archivio di Stato di Firenze e contemporaneamente la digitalizzazione di tale materiale, in maniera integrale per il nucleo più antico (1870-1924), esclusivamente riguardo alla documentazione relativa all’attività di tutela per il periodo seguente. La prima tranche sarà disponibile per tutti gli studiosi nel sito web dell’Archivio di Stato di Firenze, mentre la consultazione della seconda verrà riservata ai funzionari. Nelle relazioni è stata evidenziata la varietà del panorama italiano, ma anche l’emergere di esigenze comuni e di strategie condivise. In alcuni casi è stata portata a termine qualche anno fa un’operazione simile a quella che si vuole attuare in Toscana, come in Piemonte, con il versamento nell’Archivio di Stato di Torino dell’archivio dalla Soprintendenza alle antichità egizie, al momento della sua soppressione. A Roma, invece, l’archivio storico della Soprintendenza archeologica per la città di Roma è stato riunificato e conservato a Palazzo Altemps. In ambedue le realtà si sta procedendo con la digitalizzazione degli archivi, anche al fine di metterli in rete. Un importante cambiamento riguarda l’apertura di alcuni archivi delle soprintendenze archeologiche al pubblico, apertura che sempre di più si realizza grazie al web. Le modalità possono essere varie: ad esempio, la Soprintendenza archeologica dell’Umbria ha messo il censimento del proprio archivio in rete attraverso il portale SIUSA, permettendo l’ampliarsi della conoscenza degli archivi e la moltiplicazione delle iniziative scientifiche ad essi collegate.
È scaturito inoltre che particolari fondi – come quelli fotografici conservati presso l’Istituto centrale per il catalogo e la documentazione – sono o potranno a breve essere consultabili on line, ma anche che i fondi archivistici di istituzioni e di singoli studiosi di archeologia sono attualmente oggetto di progetti di digitalizzazione, spesso finalizzati alla loro messa in rete. In particolare, i progetti riguardano gli archivi dei grandi archeologi, che hanno fatto la storia dell’archeologia in Italia e non solo, e le cui carte nei casi più fortunati sono conservate presso fondazioni o istituti di cultura. Talvolta questi archivi hanno avuto vicende rocambolesche, come l’archivio di Alessandro Della Seta, venduto sul mercato antiquario, o quello di Paolo Orsi, ritrovato dagli eredi in una soffitta. Oggi su questi archivi si sta lavorando e alcuni di essi sono già totalmente o in parte disponibili in rete. Attraverso la rete possiamo avere, ad esempio, come nel caso dell’archivio di Paolo Graziosi, conservato presso il Museo e Istituto fiorentino di preistoria, le immagini di siti archeologici oggi non più visibili perché posti in aree di guerra.
Bisogna partire comunque dall’identificazione di questi archivi: centrale è quindi la funzione delle soprintendenze archivistiche. In Toscana gli archivi degli archeologi sono stati censiti nell’ambito di un progetto dedicato agli archivi delle personalità della cultura, oggi in rete all’interno del SIUSA. Giustamente è stata sottolineata l’importanza di questi censimenti presenti nel web, che moltiplicano la fruibilità di ciascun archivio, grazie ai collegamenti che si possano stabilire tra loro. Basti pensare alla possibilità di ricostruire i carteggi, ricollegando mittenti e destinatari delle lettere.
Ma se un collegamento virtuale è importante, e certamente il primo passo è censire gli archivi degli archeologi, forse ancora più proficuo per la loro buona conservazione e la possibilità di fruizione sarebbe creare un centro di documentazione in cui questi archivi potessero essere riuniti fisicamente. Il soprintendente archeologo per la Toscana, Andrea Pessina, avrebbe voluto far nascere un centro simile presso la Soprintendenza archeologica, invitando gli studiosi di archeologia a depositare lì i loro archivi ma, non essendoci più una Soprintendenza archeologica, avanza la proposta che qualcosa di simile venga realizzato presso l’Archivio di Stato di Firenze, che già da diversi anni accoglie gli archivi delle personalità dell’architettura contemporanea. La proposta è certamente affascinante, quanto poi sia realizzabile – visti i problemi di spazio e di personale dell’Istituto archivistico – è tutto da vedere.