Nel quadro di Lucas van Leyden (o Luca da Leida, anche conosciuto come Luca d'Olanda), pittore e incisore molto noto ai suoi tempi, sono raffigurate tre persone intorno ad un tavolino sistemato all’aria aperta.
I giocatori di carte sono una donna, al centro, che indica una figura posta sul tavolino, e due uomini ai lati. I volti ieratici dei tre non lasciano trasparire emozioni e non si riesce a cogliere l’intenzione dell’uomo con il cappello rosso che fissa l’anziano signore di fronte a lui. Tuttavia, dall’inequivocabile gesto della mano destra, notiamo che il giovane sta per tirare al centro della tavola il re di picche: è in procinto di scartare.
Senza voler approfondire riferimenti allegorici e significati nascosti del dipinto (che pure non mancano e sono ben illustrati nel ricchissimo sito del Thyssen-Bornemisza di Madrid, museo che conserva l’opera), l’azione che sta per compiere il giocatore offre un ottimo spunto per comprendere origine e significato della parola scarto.
Il termine deriva infatti da scartare, nel significato di ‘gettare al monte o calare in tavola, al proprio turno, una o più carte’ (vocabolario Treccani online). Un verbo che proviene a sua volta dal sostantivo carta (intesa come ‘carta da gioco’) con l’aggiunta del prefisso s- (l’ex latino con valore privativo) e della terminazione verbale -are. Chi frequenta i tavoli da gioco sa con quale sollievo o con quale rabbia ci si disfa di una carta che non serve o che addirittura rischia di mandare a monte la partita.
Eccoci dunque al sostantivo scarto (deverbale di scartare), il cui significato allude a un insieme omogeneo da cui viene tolto qualcosa: lo scarto è una scelta, una selezione, in un certo senso è il risultato di un’operazione di pulizia, una separazione tra ciò che è buono, tra ciò che serve ed è valido e tra ciò che non lo è più. Ciò che non possiede più le caratteristiche positive del gruppo al quale viene sottratto è uno scarto. E le accezioni del sostantivo (scarto2, vocabolario Treccani online) vanno tutte in quella direzione, a partire da ‘lo scartare una o più carte’ o ‘la carta o le carte scartate a ogni mano da ciascun giocatore’; il ‘rifiutare, l’eliminare qualcosa dopo una scelta, fino al significato concreto riferito alla ‘cosa o alla persona scartata’.
Scorrendo alcuni esempi d’autore, salta agli occhi quanto la penuria limitasse lo spreco, e di conseguenza, la percentuale di scarto. «Poi mio padre era partito per la guerra e noi a casa si mangiava male. Dal casolino compravamo solo risetta, che è lo scarto del riso. Una volta il casolino mi domandò: “Ma il riso non lo compri mai?”. C’era qualcun altro in bottega, e mi guardò. Da allora, prima di entrare a comprare la risetta, aspettavo sulla porta che gli altri uscissero e il negozio fosse vuoto» (Ferdinando Camon, Un altare per la madre, 1978).
«Mia madre apparteneva a una cultura tramontata che non concepiva sprechi. Non buttava via il pane secco, del formaggio usava anche la crosta cuocendola nella minestra per insaporirla, non comprava quasi mai carne ma al macellaio chiedeva ossi di scarto per ricavarne brodo e li succhiava come se contenessero sostanze miracolose» (Elena Ferrante, L’amore molesto, 1992).
In tipografia i fogli di scarto sono i fogli usati per avviare la stampatrice o i fogli sporchi o macchiati non conteggiati nella tiratura, mentre nell’industria laniera lo scarto è la parte meno pulita del vello.
In riferimento agli esseri umani, il significato di scarto travalica l’oggettività, assumendo tinte impietose e fosche, come nelle locuzioni scarto umano (o solo scarto o anche scartina), detto di chi è ritenuto quasi colpevolmente privo di qualità o valore, o scarto di leva (riferito a chi non risultava idoneo al sevizio militare).
«Per quanto gli altri insistessero, non fu possibile indurlo a riconoscere che nel comportamento di Pino Barilari ci fosse qualcosa di minaccioso. “Quello scarto di leva un sovversivo!?”, sbottò anzi a ridere. “Ma se è stato con noialtri a Roma, nel ’22!” (Giorgio Bassani, Cinque storie ferraresi, 1956).
«La convivenza quotidiana con gli scarti, i senza amore, quelli con tante vite o con la vita a metà, quelli inchiodati al suolo dal peso di un’idea, quelli che per la fatica di assimilare la realtà – la spazzatura, i veleni – si perdono, lontano»
(Clara Sereni, Manicomio primavera, 1989).
E di cultura e teoria dello scarto parla papa Francesco, anche in una recente intervista allo scrittore e giornalista britannico Austen Ivereigh: «È un avvertimento di Paolo VI riguardo all’ondata di neomalthusianismo che oggi vediamo nella selezione delle persone secondo la possibilità di produrre, di essere utili: la cultura dello scarto“. “I senzatetto restano senzatetto – aggiunge Francesco – giorni fa ho visto una fotografia, di Las Vegas, in cui erano stati messi in quarantena in un parcheggio. E gli alberghi erano vuoti. Ma un senzatetto non può andare in un albergo. Qui la si vede all’opera, la teoria dello scarto” (Papa, no alla ‘cultura dello scarto’. Populismi? Sembrano i discorsi di Hitler, Ansa.it).
In archivistica lo scarto è l’«operazione con cui si destina al macero parte della documentazione di un archivio prima del versamento nell’Archivio di Stato o nella Sezione storica dell’archivio di un ente pubblico. Manca in Italia una espressione specifica per indicare l’operazione di valutazione per lo scarto che, evidentemente, rappresenta il momento qualificante nella selezione dei documenti da destinare alla conservazione permanente» (sito Direzione Generale Archivi, Glossario). Si tratta di un’attività molto delicata, che viene regolata dalle norme di legge (si veda l’art. 68 Disposizioni per la conservazione degli archivi del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa (D.P.R. 28-12-2000 n. 445).
Dopo tante selezioni, preferenze o scelte ci piace concludere con una locuzione “al contrario” e inclusiva come a scarto zero, in altre parole quando “non si butta via nulla”. E questo può accadere per esempio in cucina, per evitare gli sprechi alimentari: «Si stima che un terzo del cibo prodotto a livello mondiale finisca nella spazzatura: basterebbe a sfamare gli 870 milioni di persone che soffrono la fame nel mondo, aiutare il clima e l’economia» (La cucina a scarto zero, ecco le regole anti-spreco, Corriere.it,); o nell’edilizia (La bolognese Cea crea l’asfalto 100% riciclato: l’era dei cantieri “a scarto zero”, ilsole24ore.com).
Ben lontano dalla retorica spicciola, dovremmo puntare ad una società a scarto zero, con al centro l’essere umano, all’insegna dell’accoglienza e del rispetto di ognuno.
Per saperne di più
• Museo Nacional Thyssen-Bornemisza, scheda dell’opera I giocatori di carte
• Le citazioni letterarie da autori novecenteschi sono tratte dal Primo tesoro della lingua letteraria italiana del Novecento, a cura di Tullio De Mauro, Utet – Fondazione Maria e Goffredo Bellonci onlus, Torino 2007.
• Direzione generale Archivi Piani di conservazione e massimari di scarto
• Sito Direzione Generale Archivi, Glossario
• Soprintendenza Archivistica e Bibliografica della Lombardia La procedura di scarto di materiale archivistico
• Agenzia per l’Italia digitale – AGID Gruppo di lavoro per la formulazione di proposte e modelli per la riorganizzazione dell’archivio dei Comuni – Piano di conservazione – Massimario di scarto
• Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa (D.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445)