Esporre al pubblico il materiale archivistico è sempre una sfida, tanto più quando la mostra ha luogo in un museo di arte moderna e contemporanea come il Mart di Rovereto: in un contesto del genere l’importanza delle raccolte, la vocazione dell’istituzione e le aspettative dei visitatori sollecitano l’archivista, fattosi curatore, a conciliare l’aspetto storico e documentario con quello iconografico, rivolgendo inoltre particolare attenzione alla resa visiva dell’allestimento.
Cogliendo tale sfida, l’Archivio del ’900 ha recentemente organizzato la mostra Costruire con la luce (7 maggio – 28 agosto 2017), che grazie alla ricchezza dei fondi dell’Archivio ha permesso di ripercorrere lo sviluppo della fotografia d’architettura, dall’epoca del suo perfezionamento tecnico, negli ultimi decenni del XIX secolo, fino agli anni recenti.
La scelta del titolo, che si ispira a un importante saggio di Robert Elwall, ha inteso coniugare la vocazione “tettonica” dell’architettura con la natura della fotografia, che è scrittura di luce.
Costruire con la luce ha attinto in primo luogo dagli archivi degli architetti (Luciano Baldessari, Luigi Figini e Gino Pollini, Francesco Mansutti e Gino Miozzo, Angiolo Mazzoni), ma anche dalle carte del critico Carlo Belli, di artisti come Fortunato Depero, Thayaht (Ernesto Michahelles) o Mario Radice, e dal Fondo Fotografico Arti in Trentino. I materiali esposti erano costituiti soprattutto da stampe fotografiche, ma le bacheche hanno ospitato anche monografie e periodici, dai quali è emerso il ruolo fondamentale rivestito dalla fotografia quale strumento indispensabile per divulgare l’architettura, le ideologie e i linguaggi dei vari movimenti e gruppi.
Nel presentare questi documenti la mostra ha proposto una scansione cronologica, partendo dalle fotografie realizzate dalle Edizioni Alinari nell’epoca dell’albumina e concludendo con le opere di Gabriele Basilico, lettore critico del paesaggio costruito contemporaneo.
Con gli Alinari la disciplina raggiunge una maturazione tecnica che consente di perseguire lo stile documentario oggettivo e impersonale allora ricercato, secondo un canone che guardava ai principi della rappresentazione rinascimentale, nell’ottica di una totale ed incondizionata fiducia nella propria capacità informativa e testimoniale.
Tale stile continuerà a improntare molta fotografia d’architettura del XX secolo, soprattutto quella realizzata su commissione di soggetti istituzionali, come nel caso delle foto del trentino Sergio Perdomi; e sarà prediletto anche dagli architetti esponenti del movimento funzionalista, che maneggiano con grande consapevolezza il messaggio fotografico, sulle riviste e su altri prodotti editoriali, che dalla seconda metà degli anni Venti diffondono il nuovo canone modernista. Così accade ad esempio quando, dovendo pubblicare immagini del complesso del Bauhaus di Dessau, vengono scelte le fotografie di Lucia Moholy, aderenti a un certo rigore oggettivo.
A partire dalle avanguardie storiche e poi nel Ventennio fra le due guerre, tuttavia, alcuni fotografi cercano di svincolare la disciplina dalla funzione puramente informativa e documentaria in favore di un autonomo statuto di ricerca espressiva, che dà origine a scatti non convenzionali: con loro l’edificio diventa pretesto per una percezione soggettiva, fatta di distorsioni prospettiche, punti di vista inusuali, alti contrasti tonali, tesi a suggerire una nuova esperienza dello spazio.
Nel secondo dopoguerra una tendenza di origine statunitense esalta la capacità della fotografia di ritrarre l’edificio nella migliore luce possibile, esaltandolo ed enfatizzando il suo dialogo con il contesto naturale. Gli sviluppi stessi dell’architettura favoriscono in questo periodo nuovi approcci espressivi: l’esuberanza delle costruzioni “organiche” induce a sperimentazioni di astrazione lirica, come accade a Marcello Grisotti nel 1952 davanti al Padiglione Breda di Luciano Baldessari.
Negli stessi anni la disciplina si arricchisce dell’apporto del fotoreportage, che inserisce un afflato umanista all’interno di immagini in precedenza deserte e disabitate per sottolineare al massimo le qualità intrinseche degli edifici. L’obiettivo si sofferma sulla relazione fra gli uomini e i luoghi, su aspetti di costume o di interesse sociale, come mostrano le foto di Ugo Mulas o Fulvio Roiter alla Olivetti di Ivrea.
L’approccio autoriale del reporter spicca anche nelle foto di Cesare Colombo alla Casa al Villaggio dei giornalisti di Luigi Figini, datate alla fine degli anni ’70 e lontane ormai dagli scatti dedicati tanti anni prima a questa icona del razionalismo italiano dallo Studio Crimella.
Costruire con la luce ha offerto dunque una variegata rassegna di autori – fotografi lombardi come Bombellio Petraroli, tedeschi come Loosen o newyorkesi come George Everard Kidder Smith – che mostrano episodi essenziali delle storia dell’architettura del secolo scorso: edifici di Gropius e Le Corbusier, di Sartoris e di Terragni. Si è trattato di un appuntamento destinato a dare nuova visibilità agli archivi del Mart, aperti ormai da un quarto di secolo allo studio e alla libera consultazione.
Un appuntamento fra altri. Dal 2016 infatti l’Archivio del ‘900 si occupa con continuità di un particolare spazio espositivo, al piano Mezzanino del Mart: lì prendono forma progetti dedicati a materiali documentari e librari, inseriti nel programma di valorizzazione delle collezioni del museo, in parallelo quindi con l’allestimento delle opere d’arte ospitate nelle sale degli altri piani. La programmazione si è fino ad oggi rivolta in alternanza agli archivi di architettura e agli archivi di artisti del secondo ‘900: è in corso attualmente la rassegna Riviste d’avanguardia 2.0: il portale Capti (3 settembre 2017 – 28 gennaio 2018), incentrata su alcune riviste sperimentali conservate nei fondi di Rovereto e digitalizzate all’interno del progetto Diffondere la cultura visiva (www.capti.it), capofila la Scuola normale superiore di Pisa. A corredo del materiale stampato, sono esposti numerosi documenti provenienti dagli archivi personali dei protagonisti dell’editoria sperimentale, come Enrico Baj e Stelio Maria Martini.
Per saperne di più
Le mostre fino ad ora organizzate al piano Mezzanino sono presentate nel sito del Museo, nelle pagine Focus Collezioni. Ogni mostra è stata corredata da un pieghevole illustrativo, con testi scritti e immagini scelte dai curatori.
In copertina: George Everard Kidder Smith, Padiglione Breda alla XXIX Fiera di Milano (Architetto Luciano Baldessari con ingegner Marcello Grisotti), 1951 (Mart, Archivio del ‘900, Fondo Baldessari).