Dal 1° settembre 2016, 25 tra storici, musicologi, storici del teatro e della danza, archivisti, provenienti da 8 paesi dell’Europa, hanno intrapreso una descrizione metodica dei documenti presenti in 11 fondi d’archivi familiari conservati in Italia (a Roma e a Frascati) e nello Stato della Città del Vaticano.
Si tratta di documenti relativi agli anni 1644-1740, che possono contribuire a rinnovare lo studio delle arti dello spettacolo nell’ambito delle famiglie aristocratiche romane. Si tratta degli archivi Aldobrandini, Borghese, Caetani, Chigi, Colonna, Lante della Rovere (al cui interno è compreso quello dei Vaini), Orsini, Computisteria Ottoboni, Doria-Pamphilj, Ruspoli-Marescotti. In alcuni casi, la ricerca si estende agli archivi notarili e a quelli di istituzioni, come l’Accademia dell’Arcadia, il Collegio Nazareno e il teatro Alibert. La ricerca riguarda gli eventi teatrali, musicali e coreografici organizzati dalle famiglie aristocratiche sia nei loro palazzi urbani, sia nelle loro residenze di villeggiatura disseminate nel Lazio.
Intitolato “Promuovere, patrocinare e praticare le arti nelle famiglie aristocratiche romane (1644-1740). Il contributo degli archivi delle famiglie romane alla storia delle arti performative”, il progetto di ricerca PerformArt è diretto da Anne-Madeleine-Goulet (CNRS-Centre d’études supérieures de la Renaissance-École Française de Rome) e coordinato da Michela Berti (École Française de Rome). È stato finanziato dallo European Research Council e intende approfondire il ruolo delle arti nella vita quotidiana delle élite, chiarire le condizioni e le motivazioni del loro mecenatismo e valutare l’importanza delle arti nei processi di costruzione identitaria di queste grandi famiglie.
Ci si propone di spostare l’attenzione delle ricerche dalle committenze papali d’arte e d’architettura della Roma barocca alle numerosissime performance che includevano teatro, musica e danza commissionate dalle principali famiglie aristocratiche dell’epoca. Fino ad oggi la ricerca si è concentrata sul patronage di un papa, di un cardinale o di un principe: l’obiettivo è di uscire da questo approccio frammentario, lavorando più ampiamente sul milieu culturale romano, senza privilegiare la musica, il teatro o la danza, ma considerando queste arti come elementi dello stesso ambiente artistico. La scelta di Roma si impone per la sua centralità nella penisola italiana, ma anche su scala europea, dal momento che la città, in quanto centro nevralgico della cristianità e della diplomazia internazionale, accoglieva gli ambasciatori di tutti i sovrani europei.
Come mettere in relazione gli archivi, le tracce che vi sono rinvenute e gli eventi-spettacoli studiati per proporre una narrazione storica coerente e pervenire a un modello d’analisi storica degli spettacoli? In primo luogo si svolge l’analisi storica degli spettacoli – eventi per definizione effimeri – dei quali non rimangono che delle tracce a partire dagli archivi familiari. Questi eventi-spettacoli del passato vengono affrontati nella loro globalità, dalla loro elaborazione alla loro ricezione. In secondo luogo questi spettacoli vengono reinseriti nel sistema generale della magnificenza aristocratica, con l’obiettivo di prendere in considerazione le condizioni materiali ed economiche nelle quali gli spettacoli furono creati e realizzati, e di considerare le committenze artistiche dal punto di vista dell’etica della spesa.
La nostra équipe può contare sull’aiuto di due archivisti professionisti, Orsetta Baroncelli e Marco Cavietti (fino al settembre 2018), che svolgono un duplice ruolo: orientano i ricercatori che lo desiderano nella valutazione e nella selezione dei documenti, e controllano la qualità e la coerenza dei dati inseriti nella nostra banca dati. Questa collaborazione costituisce un punto di forza del progetto perché rappresenta un procedimento di razionalizzazione e di messa in comune delle competenze finora ancora raro nel campo delle arti dello spettacolo. Centrale è pure la stretta collaborazione con gli archivisti operanti nelle istituzioni archivistiche romane, in particolare con Letizia Leli, membro del progetto e archivista dell’Archivio di Stato di Roma.
La durata globale del progetto è di cinque anni (2016-2021). I primi tre anni – ancora in corso – sono stati dedicati a un intenso lavoro di raccolta di dati da inserire e ordinare nella nostra banca dati che raggruppa come fonti tutti i documenti trascritti dagli archivisti e dai ricercatori (corrispondenza, testamenti, inventari post mortem, libri mastri, giustificazioni di pagamento, partiture musicali, libretti, etc.), ma anche – in linea diretta con questi documenti – le persone, le opere di creazione, le collettività, i luoghi, i realia (oggetti di interesse per il nostro campo di studio, siano essi ancora esistenti o no), le immagini e gli eventi come anche la bibliografia afferente a ciascuno di questi dati particolari.
Tutti questi elementi sono messi in relazione per ritrovare agevolmente tutte le informazioni sugli eventi-spettacoli, analizzati separatamente o considerati in una catena di eventi (un macro-evento, come un carnevale, raggruppa più micro-eventi). In questa ricerca, basata su una critica sistematica delle fonti, le fonti testuali sono poste sullo stesso livello delle fonti contabili o iconografiche, poiché ogni tipo di fonte apporta un chiarimento specifico sull’evento.
La banca dati si accompagna alla creazione di un thesaurus, ossia un vocabolario controllato degli spettacoli storici. Dal settembre del 2018, le nostre schede di descrizione vengono riversate nel Nuovo Soggettario, l’indice della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, sotto la direzione di Manuela Grillo (Biblioteca Boaga, Sapienza Università di Roma) e Michela Berti, con la collaborazione di Marco Cavietti.
Al termine di questo progetto, l’insieme dei dati pertinenti alla banca dati sarà messo a disposizione del pubblico nell’ambito di un sito Web dinamico, in relazione con Huma-Num, la “très grande infrastructure de recherche” del CNRS che permette una salvaguardia perenne e un accesso unificato ai dati digitali nel campo di studi delle scienze umane.
Il programma PerformArt possiede una dimensione patrimoniale evidente per due motivi: in primo luogo per la natura del nostro materiale di ricerca. I documenti d’archivio sui quali lavoriamo appartengono al patrimonio culturale nazionale italiano e vaticano, e sono dunque sottoposti alla disciplina della tutela e della valorizzazione previste dalle norme in vigore nei due Stati (Legge sulla tutela dei beni culturali 25 luglio 2001 N. CCCLV dello Stato della Città del Vaticano e Codice dei beni culturali e del paesaggio d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 dell’Italia). Sebbene il nostro interesse principale non si concentri sulla conservazione degli archivi nei quali lavoriamo, la nostra banca dati contribuisce, di fatto, alla tutela e alla valorizzazione dei documenti che si trovano conservati in questi istituti.
La dimensione patrimoniale del nostro progetto risiede inoltre nell’oggetto stesso della nostra ricerca: partecipiamo a una forma di ricostruzione patrimoniale degli eventi-spettacoli del passato, da considerare nei termini dell’eredità musicale, teatrale e coreografica. Il patrimonio è anche la testimonianza dei fenomeni culturali legati alle generazioni che ci hanno preceduto, e in particolare alle élite che hanno attribuito a questi fenomeni un valore fondativo.
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