Una fonte ricchissima per studi demografici o specificatamente genealogici è costituita dalla documentazione afferente alla leva di terra conservata presso gli Archivi di Stato, della quale daremo una sintetica descrizione.
Il cittadino italiano di sesso maschile, al compimento del diciannovesimo anno di età, diviene soggetto passivo di leva ossia entra automaticamente in un procedimento rigidamente fissato dalla legge per il quale la società civile, attraverso meccanismi di selezione e di scelta, fornisce uomini alle strutture militari dello Stato. Il complesso di queste operazioni è ciò che, in ambito militare, si chiama reclutamento ed è ordinariamente scandito dal trascorrere del tempo o da eventi particolari come i richiami per i più vari motivi (addestramenti, aggiornamenti, etc.) o le mobilitazioni e le smobilitazioni a seguito di eventi bellici o crisi internazionali. Nel lungo percorso legislativo della leva obbligatoria, dall’Unità politica del Paese alla sua sostanziale abolizione con la l. n. 331/2000 (ultima chiamata la classe 1985 in servizio nel 2005), anche i parametri della durata e delle modalità temporali del servizio, nonché del termine finale dell’età passiva, sono mutati seguendo le più varie esigenze politiche e sociali, ma il diciannovesimo anno come termine a quo non ha mai subito oscillazioni, se si escludono i «ragazzi del ’99» chiamati nel 1917 a 18 anni. Anche i processi del reclutamento hanno subito non poche riforme e aggiustamenti, illustrati da una bibliografia relativamente aggiornata anche sotto l’aspetto archivistico, ma alcuni soggetti attivi ed alcuni caratteri di fondo sono rimasti costanti.
Rispettando, anche in questo caso, il canone tipico della pubblica amministrazione italiana che demanda al comune l’esecuzione di operazioni o l’assolvimento di compiti di eminente interesse statuale, il comune dà inizio al procedimento di leva, compilando su appositi moduli, prescritti dai regolamenti, le cosiddette liste di leva ove vengono inclusi, per ordine alfabetico di cognome, tutti i maschi diciannovenni residenti nel comune alla data della compilazione. Questo fatto è determinante ai fini archivistici perché le liste di leva di ogni classe, cioè le unità archivistiche, si formano nel comune e restano individuate dall’anno della classe di nascita e dal nome del comune.
I modelli utilizzati all’Unità sono quelli subalpini del 1855, successivamente estesi a tutto il nuovo Regno e in seguito riformati dai regolamenti del 1877, del 1890, del 1911 e del 1940. Poche le differenze tra i formulari ottocenteschi e fino al 1911; più marcate quelle introdotte dal Regolamento 1940.
Le liste di leva riguardanti classi di nascita ottocentesche sono compilate su moduli di grande formato (cm. 50×40 e 58×40) suddivisi in 20-21 colonne, numerate a partire dalla sinistra, che occupano il verso ed il recto di due pagine affrontate e sono raggruppate a seconda dell’autorità che, seguendo la procedura, è, di volta in volta, incaricata delle varie operazioni. Procedendo dal margine sinistro, per prime troviamo le caselle di competenza dell’autorità comunale che impianta o «forma» la lista stessa: dopo il numero d’ordine del soggetto passivo o «Inscritto», il suo cognome, nome, generalità complete del soggetto (compresa la maternità e la condizione o professione propria e del padre, ma non è richiesto il livello di alfabetizzazione) e varie altre indicazioni intrinseche a questa prima compilazione della lista, che si concludono con la «Verificazione della lista» da parte dell’autorità comunale. Sulla seconda facciata sono raggruppate le colonne che descrivono le operazioni compiute rispettivamente dal Commissario di leva (risultati del primo esame dell’iscritto, aspetto fisico, stato civile, numero «toccato in sorte» nell’estrazione e «verificazione definitiva») e dal Consiglio di leva (esame definitivo con date e decisioni: se abile, inabile, rinviato ad altra successiva leva, renitente; l’arruolamento con la data e l’iscrizione alla 1^ o alla 2^ o alla 3^ categoria ed infine la situazione finale del soggetto: data della partenza e Distretto militare, corpo di assegnazione, riforma. Nel modello modificato nel 1911, e utilizzato durante la Prima guerra mondiale, vengono introdotte informazioni su professione e istruzione (leggere / scrivere). Infine il modello prescritto nel 1940 e valido anche per tutto il secondo dopoguerra è strutturato su una sola facciata di formato A4 circa (cm. 21×29) e riguarda un solo individuo i cui dati descrittivi sono raggruppati su 4 colonne: numero nella lista alla formazione e numero definitivo, cognome e nome dell’iscritto, classe ed eventuali rinvii, generalità (paternità, maternità, data e luogo di nascita e di residenza), contrassegni fisici, antropometrici, alfabetizzazione, professione, titoli di studio; nel terzo inferiore della facciata è lasciato uno spazio libero per le «Decisioni del Consiglio […] di leva».
Giova ricordare che siamo in pieno nell’epoca della burocrazia cartacea e soprattutto manuale, quando, impiantato un documento – specie su un modello così complesso e articolato – esso è materialmente trasferito ad altri uffici dove autorità diverse intervengono in successione sul medesimo a completare il procedimento. La stessa metodica si osserva anche in uffici diversi quando ad operare è la stessa autorità, ma il procedimento si prolunga nel tempo, come – ad esempio – per i registri delle cancellerie giudiziarie, o è a tempo indeterminato ed è prova delle variazione di status, come per i beni immobili nei partitari catastali o per le persone nelle annotazioni nei registri dello stato civile. Ciò spiega il pessimo stato di conservazione in cui spesso tali materiali giungono agli Archivi di Stato.
Agli atti di leva appartengono anche la serie delle Liste di estrazione – che ripetono le informazioni presenti nelle Liste di leva, aggiungendo notazioni riservate agli aspetti burocratici e procedurali – e i Registri sommari delle decisioni del Consiglio di leva,che ospitano la motivazione della decisione e dal 1877 anche il parere e la firma del perito sanitario. Dal 1911 cessa la compilazione delle Liste di estrazione e dei Registri sommari e scompaiono le serie relative; l’estrazione a sorte verrà definitivamente abolita solo nel 1920.
Il termine a quo della documentazione è fissato dalla legge 13 luglio 1862, n. 696, che chiamò alla leva tutti i cittadini maschi delle «nuove provincie del Regno»; dunque le serie hanno inizio con la classe di nascita 1842. Bisogna però tenere conto dei diversi tempi di assestamento del processo unitario e dell’estensione, quasi immediata, della legge sul reclutamento ai nuovi territori. Così osserviamo, ad esempio, che nella Toscana ex granducale gli atti iniziano con la classe 1842 mentre nell’attuale provincia di Massa Carrara, già parte degli ex Ducati padani attratti nell’Unità con l’Emilia e le Romagne dal Farini fin dal 1860, iniziano con la classe 1840. Analoghe osservazioni valgono per i territori del mantovano e del Veneto aggregati al Regno dopo la guerra del 1866 e per quelli riuniti dopo il 1919.
I soggetti descritti sono ovviamente limitati ai cittadini di sesso maschile: il che dimezza praticamente l’universo personale interessato. Le informazioni positive non sono diverse da quelle dei registri di stato civile e di anagrafe dai quali vengono desunte dai comuni in sede di prima formazione delle liste (luogo e data di nascita, paternità e maternità); altre possono essere diverse (professione del padre ed eventualmente stato in vita dei genitori altrimenti preceduti dal «fu») in quanto rilevate a 19 anni dalla nascita; altre ancora del tutto nuove come la professione del soggetto, il suo stato di alfabetizzazione o titolo di studio e, nei moduli subalpini e in quelli dopo il 1940, anche la professione religiosa.
È evidente che, con tali contenuti, la ricerca e la ricostruzione genealogica non può che rivestire interesse accessorio e talvolta succedaneo in presenza di lacune in altre fonti certamente più competenti, quali gli atti di stato civile, di cui un originale è conservato presso i comuni e l’altro fino all’anno 2000 negli archivi dei tribunali competenti per circondario e successivamente presso le prefetture; alcuni di questi complessi sono poi recentemente pervenuti agli Archivi di Stato.
Sull’interfaccia stato civile dei comuni e liste di leva si devono fare importanti precisazioni. Finché non entrò in vigore in tutti i comuni del Regno il nuovo regime dello stato civile moderno il 1° gennaio 1866 (r.d. n. 2602/1865) la raccolta delle informazioni per la compilazione delle liste da parte dei Comuni, si effettuava, almeno fino a quelle della classe 1864 formate nel 1884, in maniera abbastanza farraginosa, per approssimazioni ed apporti successivi. Studi particolari lo hanno appurato anche per la Toscana, dove pure esisteva un collaudato sistema di stato civile preunitario. Ciò consente di spostare la riflessione a ritroso per le leve preunitarie effettuate sostanzialmente nella cosiddetta seconda Restaurazione con classi di leva a partire dai primi anni ’30 del sec. XIX, in presenza di meccanismi di reclutamento non troppo dissimili tra loro e varati attorno agli ani ’50. Se questo consente di ampliare il campo temporale della ricerca, specie in situazioni di stati civili preunitari lacunosi o assenti, bisogna però verificare in concreto il contenuto informativo di tali documentazioni di leva che la nostra esperienza, per quanto occasionale, ha constatato abbastanza povero.
Certamente non compaiono negli atti di stato civile le informazioni antropometriche e igienico-sanitarie del soggetto. Il comune, nel formare la lista di leva, ha come unico riferimento lo stato in vita e le generalità del maschio diciannovenne residente né tiene conto di alcun’altra sua qualità o deficienza fisica pure evidente e conclamata. Lo stato di defunto (per errore o per evento successivo alla formazione della lista) sarà verificato dal Commissario di leva o durante il procedimento e porterà all’immediata cancellazione del nominativo. Le altre informazioni verranno assunte durante il primo esame e la visita o le visite successive e riportate sulla lista di leva o su quella di estrazione o su ambedue, in forma molto sintetica o semplicemente con la laconica citazione dell’articolo del regolamento di sanità militare vigente al momento. Tali notazioni vengono anche riportate sui registri sommari delle decisioni del Consiglio di leva per giustificare la riforma definitiva del soggetto (cioè l’inabilità al servizio militare) o il rinvio a successiva visita e ad altra classe di leva.
Tali «dati sensibili» – come li chiamiamo oggi – allargano certamente il quadro di un’indagine genealogico-familiare particolare al contesto sociale e igienico-sanitario delle persone e dei luoghi e consentono di seguire anche fenomeni epidemiologici e patologie professionali o ereditarie. Va da sé che tali indagini, condotte con metodologie statistico-demografiche per periodi e comprensori di una qualche estensione, danno risultati di più ampia consistenza e di più comprensivo giudizio.
Prendendo in esame la documentazione di leva con occhio più specificamente archivistico, a fronte di una consistenza smisurata sia sul piano geografico (l’intero territorio nazionale) che su quello temporale (di lunghissimo periodo: 1860-2005, classi 1840-1985) si apprezzano lacune materiali, anche consistenti, nei patrimoni conservati presso i singoli Archivi di Stato, nonché difetti, lacune, approssimazioni ed irritualità compilative anche nelle serie conservate. Si rileva inoltre un aspetto che abbiamo denominato il «carsismo» della documentazione di leva, che sembra apparire e scomparire e poi riaffiorare or qui or là in Archivi diversi. Il problema mette in serio imbarazzo l’archivista-ordinatore non meno che l’utente ricercatore. Il primo nello scrupolo scientifico/ossessivo di un ordinamento «storico» degli archivi; l’altro nell’angoscia del non capire il se, il dove e il quando delle fonti tanto agognate.
L’impianto alfabetico delle liste di leva consente il loro utilizzo immediato senza la produzione di ulteriori strumenti di dettaglio; l’abbondanza e la ripetitività dei riferimenti numerici interni consente rinvii incrociati tra i singoli nominativi anche in serie e classi diverse. Sarà piuttosto compito dell’archivista-ordinatore orientare il ricercatore fornendo un quadro più generale che collochi l’archivio del singolo Ufficio di leva nel panorama storico e soprattutto diacronico e geografico delle istituzioni coinvolte, non esclusi gli Archivi di Stato ultimi ricettori dei materiali. In questa ricostruzione storico-istituzionale e geo-amministrativa degli archivi della leva, una guida metodologicamente sicura ci viene fornita proprio dall’ordinamento comunale. Nel reclutamento militare, col meccanismo complesso delle leve, la componente ‘comunale’ è nella ‘genetica’ – come si è detto – della produzione documentaria delle liste e caratterizza indelebilmente la struttura dell’archivio che esse vanno a formare. In sede di trasmissione archivistica l’orditura ‘comunale’ della documentazione permette di registrare ogni variazione di interfaccia tra i reticoli geo-amministrativi ed istituzionali e di seguirne con rigore gli sviluppi, gli itinerari ed i punti di arrivo. Quell’apparente “idrologia carsica” che sembra caratterizzare gli archivi della leva in Italia trova dunque compiuta spiegazione seguendo attentamente nel tempo le interfaccia istituzionali della produzione e della trasmissione in costante riferimento ai sottostanti reticoli delle circoscrizioni amministrative coinvolte.