Budapest 1949, in mezzo alla ‘gioventù comunista’ un ragazzo e una ragazza si scontrano. Lui è stato a Cuba ed ha girato il mondo, lei è nata nel nord dell’Ungheria e non ha visto altro fino a quel momento. Lei è più bella di lui, lo sarà sempre. Il loro è uno di quegli incontri inesorabili.
Budapest 1949, in mezzo alla ‘gioventù comunista’ un ragazzo e una ragazza si scontrano. Lui è stato a Cuba ed ha girato il mondo, lei è nata nel nord dell’Ungheria e non ha visto altro fino a quel momento. Lei è più bella di lui, lo sarà sempre. Il loro è uno di quegli incontri inesorabili: dopo un anno si sposano, si trasferiscono insieme a Milano e 2 anni dopo, nel 1952, arrivano a Roma. Da quel momento il tempo assume una nuova dimensione per loro. Traducono insieme in italiano molti poeti ungheresi tra cui Attila Jòzsef e Miklòs Radnòti e a tempo perso vivono.
Condividono anni interi, fatti di giorni, di minuti ed ore, condividono sogni e battaglie politiche, ma anche esperienze e riflessioni artistiche. Marinka scopre la pittura e il modo di fissare i colori nelle immagini e nei ricordi. Gianni sperimenta modi personali di fare poesia. Le cose iniziano a diventare naturali poco alla volta e nel frattempo intorno a loro, il tempo si affastella divenendo sotto forma di quadri, disegni, carte, libri, fotografie; riempiono quella che loro chiamano casa e che oggi sopravvive ad entrambi col nome di Casa Totiana.
46 anni di vita insieme. 46 anni della stessa vita trascorrono senza che loro se ne accorgano. L’11 dicembre del 1992, tutto finisce. Marinka muore e Gianni seppur ancora vivo non le sopravvive. È qui che inizia la storia dei fiori di carta. Il tempo assume una nuova consistenza per Gianni dopo la morte di sua moglie. Per 6 Anni, l’undicesimo giorno di ogni mese, puntuale come un orologio rotto, pubblica un necrologio sul quotidiano «L’Unità».
In quel gesto metodico ‘il sopravvissuto’ rincorre l’elaborazione dell’assenza, fa guerra all’oblio e riproduce il tempo grazie alla puntualità del ricordo. Scrive cose meravigliose, parole che diventano oggetti rassegnati e disperati:
Trecentosei giorni: tra due mesi sarà trascorso un anno da quando l’essere si è privato di MARINKA Dallos, la compagna di Gianni Toti. E la sua morte cresce, occupa gli spazi profondi della memoria e della disperazione, si fa sempre più significativa delle dimensioni di una perdita che continua, inesorabile come l’angoscia «finale» del compagno di Marinka Dallos «cosmunista». Roma, 11 ottobre 1993 (L’Unità – anno 42 nuova serie 39 – lunedì 11 ottobre 1993, p. 8)
Continua a morire, a morire di più e sempre di più, ogni attimoversario, non cessa mai di vivere morendo, anche oggi, quarantaquattresimo anniversario del nostro matrimonio,mentre comincia il nono mese del secondo anno, il ventunesimo mese, seicento e otto giorni da quel’11 dicembre del 1992 in cui perdemmo MARINKA e ora, tra incubi, allucinazioni e «passi del delirio» «materializzazioni» (controlla!!) e smentite oniriche della morte, il suo compagno-marito Gianni Toti continua qui a interrogarsi sul dolore e sul senso del Progetto Umano in cui lei, Marinka Dallos, faceva credere e per cui, è cosi difficile lottare oggi senza di lei. Roma, 11 agosto 1994. (L’Unità – anno 71, n.186 – giovedì 11 agosto 1994, p. 14).
E’ il settecentoduesimo giorno e comincia il secondo mese del terzo anno di questo «esercizio di tenebre» (controlla!!) MARINKA e il suo deserto compagno Gianni Toti continua a enumerare, ora dopo ora e giorno dopo giorno, eternità dopo eternità. Il gocciolio implacabile del tempo privato di quella vita che ci integrava tutti nel mondo senza sogni e progetti cosmunisti in cui mal resistiamo alla regressione della specie. Roma, 11 febbraio 1995. (L’Unità, sabato 11 febbraio 1995, p. 10)
Trentaduesimo è il mese. E 973 è il numero dei giorni vissuti (vissuti?) senza MARINKA e l’uomo mutilato della sua vita che le sopravvive (o sottomuore?), Gianni Toti, è sempre in fuga per il mondo a testimoniare per lei nel lavoro dell’arte cosmunista, perché la memoria di Marinka Dallos cresce come un fiore infinito. Roma 11 agosto 1995. (L’Unità – anno 72 n.185 – venerdì 11 agosto 1995, p. 12)
Tre anni di fiori verbali, di carta, di tempo morto che sembra passare (ma «tutto passa» e «niente passa»: non passa, il dolore) e adesso comincia il quarto anno, il trentasettesimo mese da quella «immersione temporanea nelle acque del nulla» (controlla!!) che chiamano morte, la morte infinita di MARINKA nella tomba eterna del suo ex-uomo-vivo Gianni Toti in Dallos. Roma 11 dicembre 1995. (L’Unità – anno 45 nuova serie 49 – sabato 11 dicembre 1995, p. 10)
Quattro anni, quattro millenni o nihillenni, e comincia il quarantanovesimo mese, è il Millequattrocentosessantunesimo giorno di assenza (da se stesso, anche) per il compagno di MARINKA ogni giorno stupefatto di sopravvivere senza la parte di sé che era tutto. E cosi Gianni Toti commemuore due che egli era e l’assurdo resto del silenzio per il quinto anno di vuoto che arriva, forse. Roma, 11 dicembre 1996 (L’Unità, giovedì 11 gennaio 1996, p. 18)
Ancora oggi, fra le notizie di cronaca ed il racconto del quotidiano di quegli anni, queste piccole pietre disperate raccontano una storia romantica e meravigliosa di resistenza alla morte. Chiunque le cerchi e le rincorra negli archivi e nelle pagine ingiallite dei vecchi quotidiani che le custodiscono, finisce per arrendersi alla sicurezza che la guerra sia finita e che le parole alla fine l’abbiano avuta vinta sulla morte.