Al termine della Prima Guerra Mondiale per ogni comunità del Paese fu davvero difficile tornare alla normalità. In Italia il crudele conflitto aveva lasciato dietro di sé complessivamente oltre 680.000 soldati italiani morti sui campi di battaglia, molte famiglie avevano perso un proprio caro. Per tenere vivo il ricordo dei propri caduti, ogni comune italiano

Al termine della Prima Guerra Mondiale per ogni comunità del Paese fu davvero difficile tornare alla normalità. In Italia il crudele conflitto aveva lasciato dietro di sé complessivamente oltre 680.000 soldati italiani morti sui campi di battaglia, molte famiglie avevano perso un proprio caro.

Per tenere vivo il ricordo dei propri caduti, ogni comune italiano si impegnò a creare qualcosa che ne ricordasse il sacrificio. Nei primi anni del dopoguerra il principio ispiratore del culto dei caduti si era fondato sulla “riconoscenza” per la vita donata alla Patria; si trattava di consegnare alle famiglie un’idea della guerra che allontanasse ogni sospetto di inutilità del sacrificio evocando la gloria piuttosto che le atrocità del conflitto, il suo fine piuttosto che la sua tragedia.

Il compito consolatorio fu attuato spesso attraverso i concorsi e le commissioni – nazionali, provinciali e comunali – per la realizzazione di monumenti alla memoria.

L’esigenza di onorare la morte di quanti si sacrificarono per la Patria diede avvio a una vera e propria “campagna monumentale di massa” quella che, a partire dal 1918-1919, si snoda ancora oggi lungo l’intera penisola: un fenomeno, quantitativamente rilevante, caratterizzato da una pluralità di rappresentazioni e da una altrettanto eterogenea compagine di promotori. A farsi carico di eternare l’evento, drammatico e insieme vittorioso, sono enti locali, comitati civici e associazioni di settore ma anche strutture statali: tutti coinvolti nella celebrazione del rito e nella realizzazione delle sue manifestazioni tangibili. Strumento di questa messa in scena è il monumento inteso nel suo significato più ampio, come “tutto ciò che può richiamare il passato, perpetuare il ricordo”.

I monumenti ai caduti uscirono dai cimiteri occupando il cuore degli spazi pubblici al centro delle città: nella piazza principale, in quella del Municipio e della Chiesa. Venne stravolto il paesaggio urbano dei vari comuni. Affianco a questi elementi, oltre alla creazione di una nuova toponomastica, si diffuse una particolare tipologia di monumenti ai caduti: i parchi e viali della Rimembranza, in cui a ogni caduto era dedicato un albero.

L’idea di realizzare i parchi e viali della Rimembranza in ogni comune italiano venne lanciata il 26 novembre 1922 in occasione della festa dell’albero a Fiesole dal sottosegretario alla Pubblica Istruzione Dario Lupi. Il parco – viale donava un nome e una pianta a ogni soldato, poteva essere un luogo sacro dedicato alla celebrazione della Nazione, un monumento alla memoria di chi per essa aveva combattuto fino alla morte, rinnovandone il ricordo attraverso gli alberi. Lupi attraverso le circolari n. 67 e n. 73 del 27 e 28 dicembre 1922 affidò le prime istruzioni per la costruzione di questi “luoghi della memoria” alle scuole italiane affinché scolari e studenti potessero, con tale gesto, onorare i caduti italiani e al tempo stesso coltivare quella che allora veniva chiamata la “religione della Patria”.

La mobilitazione fu generale e, dai dati pubblicati dallo stesso Lupi, alla data del 15 ottobre 1923 risultavano costituiti 5735 comitati esecutivi su un totale di 8305 comuni e ben 1048 parchi già inaugurati. La legge numero 559 del 21 marzo 1926 definì i parchi e viali della Rimembranza “pubblici monumenti”.  

Con la caduta del fascismo e la fine della seconda guerra mondiale, i parchi e viali della Rimembranza spesso vennero sacrificati alle esigenze urbanistiche e molti di essi furono eliminati. Anche i toponimi hanno subito alterazioni. Il venir meno dei tratti identitari di questi luoghi oggi rende assai complessa un’azione di tutela e di salvaguardia e ancor più difficile un’opera di recupero e valorizzazione di questi beni.

La legge numero 78 del 2001 ha sancito che tutti i monumenti della Grande Guerra, ivi compresi i viali e i parchi della Rimembranza, sono dichiarati beni culturali e quindi sottoposti al regime speciale previsto dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio.

Nell’ambito delle iniziative scientifiche dedicate al Centenario della Grande Guerra, sul territorio nazionale, l’Istituto Centrale per il catalogo e la documentazione (ICCD) avviò con il supporto delle soprintendenze statali un progetto di ricerca dedicato ai parchi e viali della Rimembranza denominato “Narrando i territori della Grande Guerra attraverso i monumenti ai caduti, parchi della Rimembranza”. Il progetto, finanziato con fondi resi disponibili dalla Direzione generale Spettacolo (DG) sul fondo per le rievocazioni storiche (convenzione tra la DG Spettacolo e l’ICCD sottoscritta il 7 dicembre 2017), ha avuto come obiettivo un’attività di censimento e di individuazione dei viali e parchi della Rimembranza, con il fine di promuoverne l’interpretazione critica e divulgarne la conoscenza e il messaggio educativo anche tra le giovani generazioni.

Sono state coinvolte tutte le soprintendenze territoriali e sono state realizzate schede di censimento per ogni parco e viale rintracciato; il materiale poi riversato sul sito www.catalogo.beniculturali.it .

In Abruzzo i primi esiti di ricerca di questo studio sono confluiti in un saggio “Il recupero della memoria: parchi e viali della Rimembranza. Primi esiti di una ricerca in Abruzzo“ a cura di Aldo Giorgio Pezzi e Patrizia Luciana Tomassetti (ArcHistoR anno I, 2014, n.1).

Dall’ottobre 2021, in previsione del centenario dell’istituzione dei parchi e viali della Rimembranza in Italia è stato condotto uno studio sulla genesi e sullo sviluppo dei parchi e viali della Rimembranza in Italia, con particolare riferimento ai parchi e viali realizzati in Abruzzo. Il lavoro di ricerca (M. Nanni, La Grande Guerra e il ricordo. Parchi e viali della Rimembranza, Teaternum, S. Giovanni Teatino 2022) ha permesso di individuare le dinamiche realizzative di questi monumenti, parchi e viali scomparsi, parchi mai realizzati, informazioni sulle inaugurazioni e sulla partecipazione dei cittadini.

Un altro approfondimento sui parchi e viali della Rimembranza è stato condotto nel corso del 2023 in provincia di Rieti (M. Nanni, Parchi e viali della Rimembranza in provincia di Rieti a 100 anni dalla loro istituzione, in “Annali” dell’Associazione Storica per la Sabina, n. XIV, 2023, pp. 241-298). I risultati hanno consegnato un quadro conoscitivo aggiornato del patrimonio celebrativo della Grande Guerra permettendo di rintracciare due viali della Rimembranza non ancora censiti e di ipotizzare la realizzazione di un ulteriore parco della Rimembranza.

Per un esame più dettagliato di questi “luoghi della memoria” presenti in Abruzzo e in provincia di Rieti si è partiti dalle schede di censimento realizzate dalle Soprintendenze Archeologia Belle Arti e Paesaggio in occasione del centenario della Grande Guerra, un lavoro che ha gettato le basi per un’azione di tutela.

Di grande aiuto è stata la consultazione di giornali d’epoca nelle biblioteche più importanti e di cartoline d’epoca spesso di collezioni private. In seguito si è passati ad analizzare i fondi archivistici conservati negli archivi di stato, in particolar modo il GABINETTO DELLE PREFETTURE e gli AFFARI DEI SINGOLI COMUNI. Poi sono stati visionati gli archivi comunali con i registri di giunta e consiglio comunale del periodo e la categoria X (lavori pubblici).

La ricerca della documentazione archivistica sui parchi e viali della Rimembranza, in particolare per il territorio abruzzese e reatino in cui si è effettuato lo studio, si è rivelata ardua per via delle difficoltà incontrate ad accedere ad archivi comunali, a causa di mancanza di personale o disordine in cui si trovavano le carte. La salvaguardia e la conservazione dei documenti sono di primaria importanza per un archivio, specie di un ente pubblico. Nonostante le leggi in materia sul diritto di accesso ai documenti per motivi di studio, le amministrazioni, anche per negligenza riguardo alla corretta tenuta dell’archivio, limitano di fatto la ricerca storica degli studiosi e pongono in atto un duplice problema: la salvaguardia e la diffusione del patrimonio culturale, ovvero la “memoria accessibile”. Nel complesso le amministrazioni comunali interpellate, eccetto alcuni casi, si sono rese disponibili a far visionare laddove possibile la documentazione.

L’indagine inerente i monumenti ai caduti, di cui i parchi e viali della Rimembranza ne sono una particolare tipologia, ha fatto emergere documenti inediti prodotti in base alle competenze istituzionali ed amministrative proprie di tutti gli uffici dei comuni e delle prefetture del Regno, restituendo un quadro della “memorialistica” della Grande Guerra di grande interesse per la storia locale, pur se non completamente esaustiva per l’assenza di certe tipologie documentarie e per la loro dispersione e frammentarietà.

Partendo da questi presupposti le carte conservate negli archivi, si presentano in primis nella loro veste ufficiale di testimoni inconfutabili della storia e si rivelano, nello stesso tempo, nel loro significato emozionale, umano, personale e familiare, imprimendo nella mente del lettore la dimensione del dramma totale di una intera nazione di fronte alla morte di tantissimi giovani.

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