Felicissima è stata la decisione di presentare, il 15 febbraio 2018, presso l’Archivio di Stato di Potenza, il volume Alle fonti della Basilicata medievale: edizioni, progetti e cantieri (Bari, Adda, 2017, pp. 340) curato da Francesco Panarelli, ordinario di Storia medievale nel Dipartimento di Scienze umane dell’Università degli Studi della Basilicata.

Il volume raccoglie gli atti di un seminario di studio che ha inteso fare il punto sulla situazione delle fonti per lo studio della Basilicata medievale: non solo delle fonti di natura archivistica, ma anche di quelle narrative, artistiche e archeologiche. La scelta dell’Archivio di Stato come luogo della presentazione ben si adatta all’impegno profuso dall’Istituto per la tutela, lo studio e la valorizzazione di fondi pergamenacei lucani, fin dagli ultimi anni del XIX secolo, quando era direttore dell’Istituto Antonino Tripepi che, nel 1898, accompagnò Melle Klinkenborg, uno dei collaboratori di Paul Kehr, nell’esplorazione del materiale pergamenaceo conservato nell’archivio storico della Diocesi di Potenza. Tuttavia, diverse vicende hanno provocato la dispersione o persino la perdita di interi fondi membranacei lucani, come dovette constatare anche Renato Perrella, direttore dell’Archivio negli anni Cinquanta del XX secolo, quando, volendo pubblicare l’inventario della raccolta di pergamene dell’Istituto archivistico potentino, cercò di recuperare le membrane lucane che, in base alla disposizione del Ministero dell’interno del 26 agosto 1847, erano state trasferite nell’Archivio di Stato di Napoli. Gli fu risposto che anche le pergamene lucane, insieme a tanta altra preziosa documentazione napoletana, erano andate distrutte nell’incendio appiccato dalle truppe tedesche a villa Montesano nel settembre del 1943.

L’attività di valorizzazione di fondi pergamenacei lucani riprese con vigore nel 1985, con il deposito presso l’Archivio di -Stato delle 92 pergamene dell’archivio capitolare della cattedrale di Venosa. L’esempio fu imitato negli anni successivi da diverse istituzioni ecclesiastiche lucane che trasferirono temporaneamente la parte pergamenacea dei propri archivi storici, con l’intento di avvalersi delle varie professionalità maturate all’interno dell’Istituto archivistico potentino, in grado di studiare e valorizzare un patrimonio che, rispetto ad altre tipologie documentarie, presenta molteplici difficoltà di approccio. Da parte dell’Archivio di Stato, la scelta di dedicare una speciale attenzione a tali fondi pergamenacei è scaturita dalla considerazione della loro rilevanza per la memoria storica del territorio: soprattutto nell’Italia meridionale, chiese matrici, conventi e monasteri sono stati luoghi significativi nella vita delle comunità locali, non solo dal punto di vista strettamente spirituale. Gli archivi ecclesiastici, poi, soprattutto quelli delle antiche chiese matrici, racchiudono un interesse peculiare in quanto spesso intorno ad essi si sono venuti aggregando nuclei documentari di diversa provenienza, fra cui carte di parrocchie soppresse, di cappelle urbane, di confraternite, di associazioni, persino fondi di natura privata.

Il ruolo di tutela assunto dall’Archivio di Stato si è rivelato di fondamentale importanza nel porre termine, di fatto, alla dispersione di tanta parte della documentazione più antica che, a partire dalla prima metà del XIX secolo, fu trasferita – senza farvi più ritorno – da molte diocesi lucane a Napoli o a Roma proprio per consentirne lo studio e l’inventariazione. Esemplare è il caso delle 150 pergamene dell’archivio capitolare di Tricarico che nel 1959 i sacerdoti di quel capitolo cattedrale, su proposta dello studioso Holtzmann dell’Istituto Germanico di Roma, decisero di “affidare” all’Archivio di Stato di Napoli affinché fossero adeguatamente conservate, restaurate e studiate.

Un primo sommario inventario di diversi fondi pergamenacei lucani depositati nell’Archivio di Stato di Potenza è stato realizzato nell’ambito di un progetto promosso nel 1995 dalla Deputazione di storia patria per la Lucania con il finanziamento del Ministero per i beni culturali e ambientali e in attuazione del progetto nazionale SIAS tutte le pergamene depositate presso l’Istituto archivistico potentino, dopo gli opportuni interventi conservativi effettuati presso il Laboratorio di legatoria e restauro, sono state schedate, riordinate, digitalizzate e pubblicate sul portale nazionale.

Molto, dunque, è stato fatto finora, ma ancora molto resta da fare. Come scrive Francesco Panarelli nel suo saggio di apertura del volume, la Basilicata non è del tutto sprovvista di fonti medievali, ma il problema è che spesso non sono conosciute o non sono pubblicate, o sono pubblicate ma non secondo gli standard riconosciuti dalla medievistica contemporanea. Ad avviso di chi scrive, è necessario pensare a strumenti che aiutino ad orientarsi meglio nel variegato panorama delle fonti di età medievale. Nel caso dell’Archivio di Stato di Potenza, dati più precisi potranno scaturire dal completamento e dalla revisione del lavoro sinora svolto, così come dallo studio comparato di altri fondi pergamenacei lucani fortemente correlati a quelli depositati nell’Istituto archivistico potentino.

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