A 50 anni dall'Offensiva del Tet in modo autonomo e indipendente istituzioni archivistiche statunitensi, documentaristi e il cinema hollywoodiano, su tre piani differenti stanno affrontando la memoria della guerra del Vietnam, con una rinnovata attenzione alla documentazione relativa a questo conflitto.
Vietnam 1968, nei primi mesi dell’anno, mentre lo scontro tra nordvietnamiti e vietcong da una parte e sudvietnamiti e esercito statunitense sta raggiungendo un nuovo livello di violenza, durante l’Offensiva del Tet, vengono realizzate e pubblicate alcune fotografie che segneranno per sempre la storia di questa guerra, portando il documento fotografico al centro della percezione collettiva del conflitto:
1° febbraio 1968, Saigon execution, il fotografo statunitense Eddie Adams fotografa l’uccisione di Nguyễn Văn Lém da parte del generale sud vietnamita Nguyễn Ngọc Loan;
Febbraio 1968, Shell-shocked US Marine, il fotografo britannico Don McCullin fotografa il volto perso nel vuoto di un marine statunitense durante la battaglia di Hue:
16 marzo 1968, My Lai Massacre, l’operatore e fotografo dell’esercito statunitense Ronald L. Haeberle fotografa l’intera vicenda del massacro di civili vietnamiti nel villaggio di My Lai da parte dei soldati statunitensi della Compagnia C della 23a Divisione dell’Esercito USA.
Queste fotografie, come molte altre scattate sia sul campo di battaglia che sul “fronte interno” durante le proteste contro la guerra, hanno plasmato e plasmano ancora la memoria collettiva, statunitense in primo luogo, ma anche di tutto il mondo, riguardo la guerra del Vietnam, come le scene delle proteste del novembre del 1967 o la disperazione di Kim Phúc che a 9 anni fugge dalla devastazione del napalm nel 1972. Il documento fotografico assume durante questo conflitto un ruolo mai visto in precedenza, e forse nemmeno successivamente, nel segnare l’opinione pubblica, anche più profondamente rispetto a centinaia di ore di scene di combattimento registrate sul campo dall’esercito USA.
Dopo quelle fotografie il cinema, la musica e l’intera industria culturale statunitense hanno rielaborato quella memoria iconografica in una innumerevole serie di prodotti differenti, riplasmando in modo radicale la percezione stessa della guerra del Vietnam (in questo senso vale la pena riprendere le riflessioni che la cultura vietnamita degli ultimi anni ha elaborato sul rapporto tra la vicenda politico-militare che si è abbattuta su di loro e la successiva narrazione, come nel caso degli scrittori Bảo Ninh e Viet Thanh Nguyen).
A 50 anni di distanza, tra la fine del 2017 e l’inizio del 2018, è interessante prendere in esame come in modo autonomo e indipendente istituzioni archivistiche statunitensi, documentaristi e il cinema hollywoodiano, su tre piani differenti abbiano affrontato tematiche inerenti alla memoria della guerra del Vietnam, con una rinnovata attenzione alla documentazione relativa a questo conflitto: stiamo parlando dell’attività di desecretazione e pubblicazione di documenti da parte della CIA e della NSA e dell’amministrazione archivistica statunitense (Remembering Vietnam), del documentario The Vietnam War di Ken Burns and Lynn Novick e del recente film di Steven Spielberg The Post.
Le istituzioni governative
Durante il corso di tutto il 2017 varie agenzie del governo statunitense hanno avviato una vasta operazione di desecretazione di documentazione classificata e pubblicazione online di documenti relativi all’attività del governo USA durante gli anni della guerra in Vietnam, in particolare la CIA e la NSA.
La CIA (Central Itelligence Agency) ha pubblicato due gruppi di documenti (The Vietnam Collection e Vietnam Histories) relativi all’attività dell’agenzia di intelligence negli anni dell’intervento in Vietnam, resa disponibile grazie al FOIA, ed è attesa una più vasta desecretazione di documentazione nel corso del 2018 con un complessivo inquadramento da parte della sezione storica del National Intelligence Council. Inoltre la sezione cartografica della CIA ha reso liberamente disponibile online sulla propria pagina Flickr un grande repertorio di mappe e studi realizzati dagli anni Quaranta fino al 2013 con una selezione di documenti dedicati ai piani strategici sul Vietnam.
La NSA (National Security Agency), ha invece desecretato tutta la documentazione conservata dall’agenzia relativa alla Conferenza di Pace di Parigi, in particolare i dossier utilizzati durante gli incontri tra Henry Kissinger e Le Duc Tho che portarono alla cessazione delle ostilità e al ritiro completo delle truppe statunitensi nel marzo del 1973. Questi documenti vanno ad affiancare la documentazione già desecretata tra il 2005 e il 2016 e pubblicata sul sito dell’agenzia relativa all’Incidente del Golfo di Tonchino e ai Prigionieri di guerra durante il conflitto in Vietnam.
Al di là della natura della documentazione messa a disposizione è importante rilevare come entrambe le agenzie esprimano la volontà di mettere a disposizione la documentazione per gli storici e chiunque abbia curiosità verso la storia, senza particolari analisi e interpretazioni critiche degli eventi, come si legge dal sito della CIA:
Do UFOs fascinate you? Are you a history buff who wants to learn more about the Bay of Pigs, Vietnam or the A-12 Oxcart? Have stories about spies always fascinated you? You can find information about all of these topics and more in the Central Intelligence Agency (CIA) Freedom of Information Act (FOIA) Electronic Reading Room.
Per quanto riguarda la principale istituzione archivistica statunitense, i National Archives, che offre la più vasta raccolta di archivi provenienti dagli uffici governativi, istituzioni militari e archivi personali, relativi alla Guerra del Vietnam, si è assistito da un lato una vasta campagna di invito alla ricerca su questa documentazione attraverso tutti i canali di comunicazione, per favorirne la conoscenza diretta da parte dei cittadini statunitensi, dall’altro la realizzazione di una mostra Remembering Vietnam: Twelve Critical Episodes in the Vietnam War.
La mostra si propone non solo di fornire un’analisi storica della guerra, ma anche di superare la stratificazione di immaginari e iconografie che hanno ricoperto i momenti salienti della Guerra del Vietnam, riagganciando la narrazione ad una dimensione documentaria. Come si legge nell’introduzione alla mostra:
This exhibition presents both iconic and recently discovered National Archives records related to 12 critical episodes in the Vietnam War. They trace the policies and decisions made by the architects of the conflict and help untangle why the United States became involved in Vietnam, why it went on so long, and why it was so divisive for American society.
It is important to answer these questions. The sacrifices made by veterans and their families, the magnitude of death and destruction, and the war’s lasting effects require no less. Yet many only know the war through a handful of slogans, lyrics, and film scenes. “Remembering Vietnam” is a resource for refreshing our collective memory. Its collection of evidence provides an opportunity for new insight and greater understanding of one of the most consequential wars in American history.
Intermezzo
Film e documentari
La filmografia e i documentari sulla guerra del Vietnam è una materia talmente vasta e variegata da formare un vero e proprio mondo a sé che, come suggerito dai National Archives, ha quasi sostituito l’immaginario collettivo stesso di questo conflitto. Senza dilungarsi in un’analisi della produzione passata sulla guerra del Vietnam si può notare come negli ultimi anni si sia passati da una rappresentazione del conflitto dal punto di vista puramente bellico o psicologico, a un racconto degli eventi incardinato sulla presentazione di documenti originali.
The Vietnam War è un documentario realizzato nel 2017 da Ken Burns and Lynn Novick per la PBS, una delle agenzie radiotelevisive pubbliche degli Stati Uniti, forse la più ampia e minuziosa indagine documentaristica sul Vietnam mai mandata in onda, con la monumentale durata di oltre 18 ore di registrazioni divise in 10 singoli episodi.
Gli autori di questo documentario sono partiti dall’obiettivo di rinarrare l’intera vicenda del coinvolgimento statunitense in Vietnam grazie alla pubblicazione di nuovi documenti, immagini e filmati inediti e, soprattutto, di raccogliere in un’unica visione i punti di vista che all’epoca divisero gli USA e il mondo. Marines, Soldati del NVA, Nordvietnamiti, Sudvietnamiti, GI e attivisti per la pace prendono parte ad una grande narrazione corale che, nell’intento degli autori, vuole essere un tentativo di rielaborazione collettiva di un evento tanto traumatico.
L’intero cardine della narrazione è basato sulla documentazione degli anni della Guerra, affiancata dalle interviste ai testimoni diretti e indiretti degli eventi bellici. Presentandosi come una riflessione sulla vicenda storica complessiva della Guerra del Vietnam The Vietnam War rappresenta uno dei più ampi tentativi di rielaborazione per il grande pubblico statunitense che comprenda anche gli occhi dell’altro, in questo caso dei vietnamiti, sebbene alcune criticità risultino evidenti. Nel metodo della narrazione documentaristica si nota la forzatura di continui paralleli e decontestualizzazioni di documenti ed eventi con l’intenzione di sviluppare la tesi della violenza sproporzionata da ambo gli schieramenti, nel merito del senso dell’intera opera si percepisce una tensione eccessiva a voler ricomprendere tutti i diversi punti di vista, come una grande terapia di gruppo, orientata a ricomporre in modo unitario e definitivo la percezione su questo conflitto. Ad uno spettatore non statunitense sorge immediatamente il dubbio se sia possibile, o anche solo auspicabile, questa ricomposizione forzata per mettere la parola fine alle visioni divergenti del passato, in particolare su una vicenda talmente complessa, tragica e distruttiva come la Guerra del Vietnam.
Dal punto di vista cinematografico è il recentissimo film di Steven Spielberg The Post, che affronta la tematica dei documenti della Guerra del Vietnam, attraverso la narrazione della vicenda dei Pentagon Papers e della loro pubblicazione, prima da parte del New York Times, e successivamente del Washington Post nel 1971 (i Pentagon Papers, completamente desecretati nel 2011 sono comodamente navigabili nel portale del New York Times oltre che nella sezione dei National Archives). Senza svelare troppo, The Post, risulta un’interessante termometro per misurare il rapporto tra giornalismo, libertà di stampa e governo statunitense valido forse più per il presente della presidenza Trump che per il passato, ma soprattutto una rappresentazione plastica della capacità di separare l’istituzione democratica dal temporaneo reggente e una celebrazione della separazione dei poteri degli Stati Uniti.
Da un punto di vista archivistico-documentario vale la pena riprendere alcuni elementi interni ed esterni alla finzione cinematografica: l’intero intreccio narrativo del film si costruisce attorno alla sottile linea tra divulgazione prematura e oscuramento dell’operato del governo, tra trasparenza e segreto di stato, anche se solo tangenzialmente si fa riferimento al fatto che i Pentagon Papers sono stati un rapporto costruito appositamente per futura memoria («Per gli storici e i ricercatori del futuro», come viene detto da McNamara durante il film) e da un certo punto di vista “auto-censurati”. È emblematico, in questo senso, come venga rappresentata la macchina amministrativa statunitense, che in modo automatico e inesorabile arriva alla pubblicazione dei documenti classificati in nome della libertà di stampa. All’esterno della narrazione si può cogliere questo particolare rapporto con i documenti nelle scene finali del film, dove è rappresentato il presidente Richard Nixon al telefono: Il doppiaggio italiano probabilmente falsa la reale natura del materiale che viene posto sotto gli occhi, ma soprattutto le orecchie, dello spettatore, poiché in quella scena viene riprodotta la registrazione originale nella quale Nixon esclude i giornalisti del Washington Post dalla Casa Bianca, oggi ascoltabile nella sezione Artifact della Presidential Library di Nixon (Tape 34, conversation 50 (034-050)).
Steven Spielberg realizza una grande narrazione centrata maggiormente sul rapporto tra il governo USA e la libertà di stampa, agganciandola e rinnovandola in un continuo rapporto con il mito fondativo della nazione americana stessa, i padri fondatori e il popolo americano (non è casuale che la sentenza della Corte Suprema venga declamata come un discorso di Lincoln da una segretaria della redazione del Washington Post, un’americana qualunque), rispetto ad una riflessione critica sulla Guerra del Vietnam e all’operato dei governi USA.
Gli archivi, gli archivisti e la guerra
In questo spaccato sul rapporto tra USA, Guerra del Vietnam e documentazione non va dimenticato l’apporto che archivisti e storici hanno dato per contribuire allo sviluppo di una legislazione che garantisse l’accesso agli archivi e ai documenti da parte dei cittadini, in particolare grazie ai molti che si schierarono al fianco movimenti per la pace.
In particolare vale la pena riprendere un articolo del 1977 scritto da Howard Zinn, Secrecy, Archives, and the Public Interest, nel quale si invitavano gli archivisti a non trincerarsi dietro un asettico professionalismo ma di sentire la responsabilità umanitaria nella pubblicazione dei documenti, in questo caso sulla Guerra del Vietnam. Questo e molti altri articoli pubblicati nel corso degli anni da storici e archivisti statunitensi come Randall C. Jimerson e Richard J. Cox, hanno contribuito a sviluppare una concezione problematica dell’archivio, inteso come strumento di potere e come tale oggetto di un utilizzo critico, non portatore di un intrinseco e generico valore positivo ma strumento ugualmente capace di liberare come di opprimere, e che nelle società democratiche svolge un irrinunciabile ruolo di controllo diffuso delle istituzioni.
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