Si è da poco concluso l’intervento di riordinamento ed inventariazione dell’archivio di Luca Ronconi, noto in Italia e all’estero per le sue grandi regie teatrali e liriche e morto a Milano il 21 febbraio 2015.
Ronconi era nato l’8 marzo 1933 a Susa, in Tunisia, dove la sua famiglia si era trasferita. Il padre, Giovanni, era romano; la mamma, Fernanda Nardi, era una professoressa di lettere. Dopo pochi anni fecero ritorno in Italia ed abitarono a Roma, ma presto i suoi genitori si separarono.
Dal 1951 al 1953 frequentò l’Accademia nazionale d’arte drammatica. Tra il 1953 e il 1963 partecipò, come attore, a numerosi film e spettacoli teatrali, sceneggiati e prosa radiofonica e televisiva con la RAI, lavorando con tanti attori esperti e tanti coetanei, la maggior parte dei quali continuarono a recitare. In quegli anni scrisse anche qualche copione: tra quelli trovati in archivio, gli è stato attribuito con sicurezza Guerra ed estate del 1956.
Il 1963 è l’anno di esordio alla regia, al Teatro Valle di Roma, con Bettina (La putta onorata e La buona moglie) di Carlo Goldoni. Del 1967 sono, invece, le sue prime opere liriche, Giovanna d’Arco al rogo di Arthur Honegger e Arlecchino ovvero le finestre di Ferruccio Busoni, in scena al Teatro Nuovo di Torino.
La consacrazione come regista arrivò nel 1969 quando a Spoleto, il 4 luglio, nell’ambito del XII Festival dei Due Mondi, andò in scena l’Orlando furioso di Ludovico Ariosto, nella riduzione di Edoardo Sanguineti. Dal 1975 al 1977 diresse la Sezione Teatro della Biennale di Venezia e tra il 1977 e il 1979 il Laboratorio di progettazione teatrale di Prato, dove portò in scena il Calderón di Pier Paolo Pasolini, La Torre di Hugo von Hofmannsthal e Le Baccanti di Euripide, interpretate dalla sola Marisa Fabbri. Altre significative tappe furono: nel 1988 a Modena, al Teatro Storti, i Dialoghi delle Carmelitane di Georges Bernanos; il 29 novembre 1990 Gli ultimi giorni dell’umanità di Karl Kraus, un allestimento singolare con oltre sessanta attori, nella ex Sala Presse del Lingotto a Torino, trasmesso dalla RAI il 23 settembre 1991; a Milano, nel 2002, alla Bovisa, negli ex laboratori del Teatro alla Scala, Infinities di John Barrow, lo spettacolo dell’infinito narrare, con attori e pubblico a rincorrersi in cinque luoghi d’azione e di rappresentazione; infine la sua ultima regia, Lehman Trilogy di Stefano Massini, in scena al Piccolo Teatro Grassi pochi giorni prima della sua morte.
Nella lirica, l’11 marzo 1974, ci fu la prima rappresentazione alla Scala, la Valchiria di Richard Wagner, e poi ancora altri spettacoli fino al 1981, quando fu allestita la grande opera di Karlheinz Stockhausen Giovedi da Luce cui seguì, nel 1984, al Palazzo dello Sport, Sabato da Luce. Mise in scena opere di Gioacchino Rossini, Giuseppe Verdi, Giacomo Puccini, Hector Berlioz, Wolfgang Amadeus Mozart, Richard Strauss, Carl Maria Von Weber, Luciano Berio e tanti altri, collaborando con scenografi come Gae Aulenti e Pierluigi Pizzi, ma anche Luciano Damiani e più tardi Margherita Palli.
Dall’anno accademico 1971-1972 svolse attività di formazione teatrale presso l’Accademia nazionale d’arte drammatica, con la quale riprese la collaborazione anche successivamente, con il suo Centro teatrale Santacristina di Gubbio, fondato nel 2002 con Roberta Carlotto. Dal 1989 al 1994 diresse il Teatro Stabile di Torino, dove si occupò anche della Scuola di teatro. Immediatamente dopo fu chiamato in un altro grande Stabile, quello di Roma. Il 16 luglio 1998, infine, fu nominato direttore artistico del Piccolo Teatro di Milano, di cui poi, dal 1° gennaio 2005 e fino alla sua morte, fu consulente artistico; anche qui gli fu affidata la Scuola per attori. Dal 2001 al 2011 allestì anche numerose mostre di successo, sempre in collaborazione con Margherita Palli. Tantissimi sono stati i premi ed i riconoscimenti che ha ricevuto nella lunga carriera artistica: settanta e trentadue. Il più prestigioso è stato, nel 2012, il Leone d’oro alla carriera della Biennale di Venezia; il più originale il modello di treno, il Lingotto ’90, per Gli ultimi giorni dell’umanità. Di tutti si conserva traccia in archivio.
L’archivio di Luca Ronconi, costituito da 793 fascicoli, condizionati in 173 buste, con estremi cronologici 1951-2015 e con documenti dal 1913, è stato dichiarato di interesse culturale in data 26 aprile 2016. Ne è proprietaria la sua collaboratrice Roberta Carlotto, che lo ha ereditato, insieme alla biblioteca e ad una raccolta di dischi, per volontà testamentaria dello stesso Ronconi. Visitato per la prima volta nel maggio 2015 presso l’abitazione del regista a Santacristina, l’archivio è stato subito dopo trasferito a Perugia, presso l’allora Soprintendenza archivistica dell’Umbria e delle Marche, dove, nei mesi successivi, in due distinte spedizioni, è stato recapitato anche il materiale che era rimasto nell’ufficio di Milano, presso il Piccolo Teatro. Fu così avviato l’intervento di riordinamento ed inventariazione, a cura di chi scrive, durato circa due anni e conclusosi con la stesura dello strumento di ricerca Regia e vita. L’archivio di Luca Ronconi. Il 28 aprile 2017, al termine del lavoro, è stato trasferito presso l’Archivio di Stato di Perugia.
Il complesso archivistico è un “unicum un po’ speciale”, un insieme di materiale di vario tipo, in gran parte di natura professionale, cui si aggiungono poche carte private; è presente anche un nucleo documentario di Fernanda Nardi Ronconi, la mamma di Luca. Tra la documentazione abbondano i copioni e le fotografie di scena, tra cui quelle di alcuni grandi fotografi italiani come Marcello Norberth e Tommaso Le Pera per il teatro, Lelli e Masotti della Scala e Roberto Marchiori di Firenze per la lirica. Poi ci sono i programmi di sala, anche in formato ridotto, i manifesti e le locandine degli spettacoli; i premi e i riconoscimenti, cioè medaglie, targhe, coppe, sculture, opere d’arte, diplomi, fogli con le motivazioni; la corrispondenza; la rassegna stampa; tavole, piante, prospetti, schizzi, bozzetti, planimetrie, disegni; il materiale audio video, DVD, CD, VHS e cassette; quello a stampa, sia originale che in fotocopia; appunti, programmi e progetti, inviti; lettere di incarico, contratti e fatture; tesi di laurea sul suo lavoro artistico; tanta documentazione ricevuta, da collaboratori più o meno stretti o da chi inviava un copione per un giudizio o un curriculum per una parte. Tra le carte di natura personale: tessere di adesione ad associazioni, sculture e stampe ricevuti in dono, periodici e cataloghi di giardinaggio, dipinti e disegni, documenti di riconoscimento, documentazione relativa a spese di gestione e pratiche di case e proprietà, banche, automobili, tasse e assicurazioni, pagamenti SIAE, alcuni quaderni, rubriche ed agende, appunti scolastici e fotografie familiari, della casa di Santacristina, di animali, di amici, di viaggi.
Arrivato piuttosto in disordine, per niente condizionato, con poche date, si è subito fatto apprezzare come l’archivio un po’ “speciale” che è. Riordinarlo non è stato semplice, anche se è stato molto piacevole, e i ripensamenti in corso d’opera sono stati diversi. Ispirandosi alla struttura del sito ufficiale dell’artista, sono state via via individuate 19 serie, alcune suddivise in sottoserie, a partire dalle attività prevalenti del regista. Per citare soltanto le più importanti e significative, si comincia con l’Attività giovanile, quando, fresco di Accademia, Ronconi faceva l’attore; si va avanti con le Regie, il Teatro e la Lirica, da quando era ormai un trentenne fino alla morte; si prosegue con le grandi Mostre degli anni della maturità; l’Attività di formazione teatrale, compresa quella nel suo Centro teatrale; la Direzione artistica presso il Piccolo Teatro di Milano; gli Scritti ed interviste suoi e su di lui; i Premi; i Riconoscimenti; le Tesi di laurea sui suoi spettacoli; la gran quantità di Materiale ricevuto in visione o raccolto. Nella serie Regie si ripercorrono interamente la sua produzione teatrale e i suoi allestimenti musicali, un’attività enorme, che conta centinaia di spettacoli. Una segnalazione particolare merita un documento importante, una sorta di autobiografia inedita, in due versioni simili ma non uguali, scritta da Ronconi con la giornalista Maria Grazia Gregori, probabilmente tra il 1993 e 1994, che troverà presto la sua rivisitazione per mano dello storico dell’arte Giovanni Agosti.
Grazie, infine, al Centro teatrale Santacristina e al contributo economico messo a disposizione da Roberta Carlotto, sono stati realizzati anche due progetti di digitalizzazione di fotografie, documenti, premi e riconoscimenti, effettuando oltre 12.000 riproduzioni digitali; alcune di queste immagini sono già state pubblicate nel sito dell’artista ed altre lo saranno.
L’archivio è anche descritto nel SIUSA, il Sistema Informativo Unificato delle Soprintendenze Archivistiche, nel SAN, il Sistema archivistico nazionale, e nei suoi portali dedicati agli Archivi della Musica e a Giuseppe Verdi.
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