In occasione del 52° anniversario della scomparsa di Stan Laurel, pseudonimo di Arthur Stanley Jefferson - in Italia, è per tutti Stanlio, del duo comico Stanlio & Ollio - avvenuta a Santa Monica (California), il 23 febbraio 1965, Pioda Imaging pubblica il volumetto di Enzo Pio Pignatiello Stanlio, Ollio e... le donne. Iconografia del gentil sesso nei manifesti cinematografici della coppia, disponibile in duplice edizione, a colori e in bianco e nero.
Questo nuovo agile volumetto fa seguito ad una serie di opere e iniziative da lui dedicate al cinema comico e ad aspetti connessi in qualche modo alla documentazione cinematografica.
Il libro riguarda un aspetto documentario, quello delle locandine cinematografiche, troppo spesso ignorate e sottovalutate dagli storici del cinema, e considerate tutt’al più oggetto di collezionismo. Si tratta invece di materiali documentari di post produzione del film, che, oltre ai manifesti e alle locandine, comprendono anche fotobuste, soggettoni, foto di scena e affiches pubblicitarie. Una parte della storia del film, una fonte storica da non trascurare. Infatti come osserva Pignatiello: «i materiali parafilmici – veri e propri beni culturali – divengono una fucina di immagini e simboli che rappresentavano elementi determinanti di aspettative culturali e sociali».
Al principio degli anni Settanta del Novecento, Gianni Rondolino proponeva «una storia del cartellone pubblicitario cinematografico» al fine di identificare e evidenziarne «le costanti tematiche, le uniformità linguistiche, le sostanziali equivalenze stilistiche» [Gianni Rondolino, Cinema, spettacolo e mezzo di comunicazione, “Sipra”, 2, marzo-aprile 1972]. Sono trascorsi quarantacinque anni e manca tuttora una storia generale del manifesto cinematografico nella sua specificità e nelle sue funzioni, come ha fatto notare Roberto Della Torre nella sua recente monografia sui primi tempi di questo mezzo pubblicitario nel nostro Paese [Roberto Della Torre, Invito al cinema. Le origini del manifesto cinematografico italiano (1895-1930), Milano 2014].
Sono pertanto benvenuti gli studi settoriali come quello di Enzo Pio Pignatiello, che si propone il particolare di rintracciare i «codici visivi (figurativi, cromatici, tipografici) all’interno di una serie di esempi iconografici significativi e rappresentativi dei manifesti realizzati in Italia tra il secondo dopoguerra e la metà degli anni settanta» relativi ai film di Stan Laurel ed Oliver Hardy.
Un lavoro di analisi semantica e semiologica, dunque, non priva di notazioni sociologiche, che prende in esame il recupero nel Secondo dopoguerra sul mercato italiano dei film americani interpretati dal celebre duo.
Le locandine o i manifesti fanno parte delle tecniche di pubblicità del film, costituiscono la promozione diretta delle pellicole, soprattutto all’ingresso e nelle vicinanze delle sale cinematografiche, sono la strategia più immediata per catturare l’interesse dei possibili spettatori. Si tratta di una comunicazione che fa leva sull’empatia di chi vede la locandina, nella quale si cerca di dare in qualche modo una sintesi del film e dei suoi interpreti, quasi un regesto iconografico che tuttavia non mira alla fedeltà documentaria e all’aderenza al testo, ma sviluppa piuttosto temi e situazioni capaci di suggestionare lo spettatore, spesso facendogli immaginare contenuti inesistenti o marginali, ad esempio di carattere erotico o di suspense. Come osserva l’autore «questo non avveniva per capriccio dei pubblicitari, bensì per una ragione precisa: far rientrare anche quei film nelle regole generali della civiltà dei consumi, ridurli insomma a generi di consumo come tutti gli altri».
La stessa rappresentazione degli attori, dei protagonisti, veniva realizzata con toni enfatici, che nei film comici, come quelli di Stanlio e Ollio, assumeva spesso caratteri caricaturali o addirittura grotteschi.
L’iconografia del gentil sesso nei poster di Stanlio e Ollio viene descritta e analizzata compiutamente con una cinquantina di immagini di corredo, tanto che suggerirei come sottotitolo Cinquanta sfumature di risate, strizzando l’occhio alla dimensione erotica introdotta surrettiziamente nella composizione del manifesto. Una variegata tipologia di donne seducenti fa capolino dai manifesti, dalla femme fatale alle pin up fino alle playmates, passando per ballerine, zingarelle, odalische, hawaiane e chi più ne ha più ne metta. Non mancano sullo sfondo le “terribili” mogli, tiranne e castigatrici, armate di mattarello e alle quali è dedicato il capitolo finale, Chi dice donna dice… danno: Laurel & Hardy, le mogli e… le “altre”, un’intrigante rassegna di situazioni, tipologie e gag connesse al matrimonio e alla “guerra dei sessi”.
Le esaurienti schede biografiche di una cinquantina di cartellonisti e un’ampia bibliografia completano questo libro, che costituisce una lettura interessante e divertente, riportandoci all’Italia della ricostruzione e del boom economico, un Paese che lavorava con impegno, cresceva e progrediva, e che al tempo stesso sapeva ridere, con i comici autoctoni, come Totò, Tino Scotti, Alberto Sordi, Renato Rascel, Carlo Croccolo, Franchi e Ingrassia (per citarne solo alcuni) e con quelli importati da Hollywood, primi fra tutti naturalmente i sempreverdi Stan Laurel ed Oliver Hardy.
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