Il progetto per il recupero e la valorizzazione dell’intera struttura relativa all’ex-carcere borbonico di Santo Stefano, avviato nel 2016 dalla Presidenza del Consiglio dell’epoca, è stato rilanciato dal nuovo governo nel 2020 anche con il sostegno del Ministro per i beni culturali. Il rinnovo del mandato nel gennaio 2021 alla dott.ssa Silvia Costa, Commissario straordinario per il recupero e la valorizzazione dell’ex-carcere borbonico in veste di coordinatore tra le amministrazioni, ha determinato il fondamentale impulso operativo del progetto nel suo complesso, che aveva già visto con la legge della Regione Lazio n. 12/2020 il riconoscimento di Ventotene come luogo della memoria e di riferimento ideale per la salvaguardia dei valori comuni ispiratori del processo di integrazione europea.
In questo ampio orizzonte l’Amministrazione degli archivi ha svolto un ruolo costruttivo ed efficace perché quel che resta dell’archivio storico, molto consistente e prezioso, testimonia il successo di un lungo percorso di acquisizione, al quale hanno contribuito protagonisti autorevoli, culminato con il versamento all’Archivio di Stato di Latina nei giorni 5 e 6 maggio 2021.
Sebbene il complesso penitenziario sia caratterizzata da una lunga storia che risale al Settecento, la documentazione del carcere pervenuta, nonostante le gravi perdite, riflette l’attività delle istituzioni preposte alla sua gestione all’indomani dell’Unità e testimonia, quindi, l’attuazione di norme, regolamenti e codici estesi dal Regno sabaudo al nuovo Regno e le riforme che ne seguirono. In particolare, tra il 1860 e il 1862 furono emananti cinque regolamenti relativi alle diverse tipologie di stabilimenti carcerari: bagni penali, carceri giudiziarie, case penali, case di custodia. La sedimentazione degli atti rispecchia inoltre l’applicazione della legislazione fascista, i tentativi di umanizzazione degli anni Cinquanta, fino alla chiusura definitiva della struttura avvenuta nel 1965. Fondamentale fu l’introduzione del lavoro obbligatorio del 1862, ma più incisive le misure adottate con il regolamento 260/1891, che al lavoro diurno associarono la separazione notturna, il Consiglio di sorveglianza, le Società di patronato preposte al reinserimento dei detenuti. Il centro vitale delle attività economiche e della tenuta delle scritture venne affidato al ragioniere, così come il regolamento interno del direttore scandiva il trattamento e la disciplina dei detenuti, il quale compilava e aggiornava una “matricoletta” molto funzionale alla visione complessiva del movimento carcerario. Contestualmente, alla tenuta dei fascicoli personali e alle registrazioni di protocollo della corrispondenza provvedeva una segreteria contigua alla direzione.
Tra relazioni conoscitive sugli stabilimenti carcerari – si ricorda la Relazione al regolamento generale per gli stabilimenti carcerari e per i riformatori governativi del Regno del 1891 – e studi sulla irrisolta questione carceraria, tentativi di riforma inattuati e dibattiti sul diritto penitenziario che attraversarono l’Ottocento e i primi decenni del secolo successivo, nella prassi quotidiana fu il regolamento n.784/1931 che determinò in modo definitivo la fisionomia dell’archivio giunto fino a noi. Nella tabella n.1 erano riportati “i registri e i modelli” che dovevano essere utilizzati negli stabilimenti, ai quali andavano ad aggiungersi quelli disposti da eventuali regolamenti speciali e istruzioni ministeriali; la stampa di tale modulistica veniva effettuata nella tipografia delle Mantellate in Roma.
Nelle prime fasi di riordinamento sono stati individuati i tre nuclei costituivi: le serie dei 63 registri, dal 1861 al 1915, dei fascicoli personali dei detenuti (fascc. 631, 1915-1965) e infine del carteggio amministrativo, molto disordinato (bb. 340 ca., 1900-1965) e sono stati definiti alcuni interventi di restauro e digitalizzazione per la messa in sicurezza, già finanziati dalla Direzione generale Archivi.
La permanenza presso il carcere ordinario di Santo Stefano di personaggi del Risorgimento italiano quali Raffaele Settembrini e il figlio Luigi, Silvio Spaventa, briganti come Carmine Crocco e Giuseppe Musolino, anarchici come Gaetano Bresci e Giuseppe Mariani, il bandito Sante Pollastro, alcuni membri della banda Giuliano e illustri avversari del regime fascista, non deve mettere in ombra la presenza di migliaia di anonimi disperati. Questa complessa umanità si potrà avvicinare e conoscere attraverso la realizzazione di una banca dati che comprenderà i nominativi dei detenuti tratti dai registri delle matricole e dai fascicoli personali, in modo da coprire un arco cronologico di oltre un secolo. Il progetto, anch’esso finanziato dalla Direzione generale Archivi, richiederà indubbiamente un approccio critico delle fonti esaminate, ma consentirà anche di verificare i passaggi cruciali del sistema carcerario italiano, l’entità delle fratture e delle permanenze, osservare le concrete attuazioni delle riforme.
Il progetto coltiva anche un’altra ambizione, quella di celebrare il forte legame esistente tra il carcere ordinario di Santo Stefano e le cittadelle confinarie di Ventotene e Ponza, dove durante il Ventennio furono rinchiusi molti degli oppositori alla dittatura fascista, quasi tutti condannati al confino politico, tra i quali Sandro Pertini, Umberto Terracini, Mauro Scoccimarro, Camilla Ravera, padri dell’Italia repubblicana. Negli stessi luoghi, non dimentichiamo, si sono sviluppati quei valori comuni che hanno ispirato il processo di integrazione europea, grazie agli autori del Manifesto di Ventotene Altiero Spinelli, Eugenio Colorni, Ernesto Rossi, perciò l’Amministrazione degli archivi non può che avere parte attiva nella salvaguardia e nella trasmissione di queste testimonianze documentarie alle future generazioni di fruitori, che si tratti di studiosi e ricercatori o semplici cittadini.
Per saperne di più
La bibliografia sui temi legati alle carceri è impegnativa e molto vasta, si citano soltanto le voci:
Sistemi penitenziari in Enciclopedia del diritto, XLII, Varese 1990.
Carcere, e ss. …, in Enciclopedia giuridica italiana, III, parte 1ª, sez. 2ª, Milano 1903.