Il primo editoriale del “nuovo mondo degli archivi” – secondo il titolo suggestivo con cui si è presentato – è uscito con la data 14 marzo 2016. La scadenza dei cinque anni coincide con il concludersi di un anno che la pandemia ha reso del tutto particolare, esaltando le possibilità di comunicazione offerte dalla rete, e questa doppia ricorrenza ci ha suggerito il tema per un nuovo speciale che vi proponiamo, con il titolo #comunicarchivi.

Da una parte, con questo articolo intendiamo dedicare attenzione a quanto fatto in questi cinque anni, non per tentare un bilancio, proposito troppo ambizioso, ma per fare il punto sui risultati raggiunti e provare a mettere a fuoco nuovi obiettivi da raggiungere.
Dall’altra, ci siamo guardati intorno e abbiamo chiesto ai principali protagonisti della comunicazione archivistica in internet di unirsi alle nostre riflessioni, inviandoci una pagina in cui descrivono il loro progetto e, se possibile, ne analizzano l’andamento. Trovate uniti qui di seguito i testi che abbiamo ricevuto.

Tornando al nostro notiziario, in primo luogo vogliamo registrare alcuni dati numerici: gli articoli pubblicati sono più di 550, con una media di oltre un centinaio all’anno e ne viene promossa la diffusione grazie all’invio con cadenza più o meno mensile di una newsletter a un indirizzario molto ampio, che raggiunge oltre 23.000 persone.
Anche il raggio dei contenuti presi in esame è molto ampio perché accoglie, tra l’altro, moltissime tipologie di archivi (da quelli della psichiatria agli archivi giudiziari a quelli fotografici) e di enti, tra i quali un certo numero di Archivi di Stato e Soprintendenze, qualche biblioteca, diversi istituti culturali e aziende, oltre a personaggi di spicco nei più svariati settori, da Antonio Pizzinato a Andrea Camilleri, da Bruno Zevi a Ettore Bernabei.

Altrettanto vari sono i temi intorno ai quali sono stati raccolti gli articoli per gli otto speciali, tutti pensati in accordo con una sollecitazione esterna, per lo più nel solco di una ricorrenza (la Settimana internazionale degli archivi, il Giorno della Memoria, il 9 maggio, il 40° anniversario della Legge Basaglia, la Giornata nazionale degli archivi di architettura), in due casi sullo stimolo di un particolare avvenimento (la diffusione del Covid nei primi mesi del 2020 e il sisma che nel 2016 ha investito alcuni territori del Reatino e delle Marche). Lo speciale sugli archivi d’impresa, infine, è stato pubblicato contemporaneamente all’uscita del volume con lo stesso titolo nelle Edizioni Anai.

A questa varietà di contenuti, che si manifesta con evidenza scorrendo i titoli, non rende pienamente giustizia la ricerca a testo libero, né i pochi campi che è possibile introdurre come filtri e neppure la suddivisione tra le 9 rubriche in cui gli articoli sono raggruppati (In Italia; Nel mondo; Il potere degli archivi; Gli archivi si raccontano; Formazione; Archivi e didattica; Archivi digitali; Archilibri; Le parole dell’archivio) e che intendevano indicare le tematiche sulle quali la rivista intende prioritariamente concentrarsi, come detto in quell’editoriale di apertura. Con le rubriche si è voluto offrire ai lettori una struttura meglio definita e costante, che permettesse loro di individuare più facilmente gli articoli di loro interesse, nella concreta attività editoriale ci si è trovati però di frequente in difficoltà nel decidere l’attribuzione di un articolo all’una o all’altra rubrica e si è finito per popolare in maniera forse eccessiva quella dal titolo più generico: In Italia, che conta ad oggi ben 190 titoli, quasi un terzo del totale. Si potrebbe dire che le rubriche forniscono una segnaletica utile per un primo smistamento ma insufficiente a restituire la molteplicità di argomenti trattati dai diversi articoli: ad esempio, nella rubrica Nel mondo è raccolto un numero ridotto di titoli, solo 28, che suscita l’impressione di uno sguardo rivolto solo al panorama nazionale, mentre diversi articoli di argomento internazionale sono presenti anche nella rubrica Il potere degli archivi. Queste brevi notazioni suggeriscono l’opportunità di rendere disponibili altre possibilità di ricerca e la redazione sta lavorando per predisporle.

Possibilità di ricerca più raffinate consentirebbero di soddisfare con precisione alcune curiosità alle quali adesso è possibile dare risposte solo approssimative e in primo luogo capire se il notiziario restituisce una fotografia sufficientemente rappresentativa del mondo archivistico reale. Sempre scorrendo i titoli e le qualifiche degli autori degli articoli si registra una presenza molto significativa degli istituti archivistici statali – Archivi di Stato e Soprintendenze – seguiti dagli istituti di conservazione privati, mentre gli archivi pubblici non statali e le università sembrano assicurare un numero inferiore di contributi.

Per ampliare l’offerta culturale e l’approfondimento degli interventi rispetto agli articoli di taglio informativo, che costituiscono il nucleo principale della rivista, è stata anche inaugurata la serie de I quaderni del mondo degli archivi uno spazio dove pubblicare contributi come atti di giornate seminariali, working paper, aggiornamenti provenienti da convegni di particolare interesse e altri contributi di taglio interpretativo proposti per aprire una riflessione condivisa su temi in discussione nel panorama archivistico. La rubrica ha visto la pubblicazione di 6 numeri e uno speciale con argomenti che hanno spaziato dal contributo italiano alla riflessione sullo standard RiC alla pubblicazione di alcuni scritti di Armando Petrucci, dal viaggio in URSS di Claudio Pavone agli archivi di persona.

Quello che appare certo, in ogni modo, è che il Mondo degli archivi propone un mondo in attività, che organizza mostre, conferenze, convegni, presentazioni di libri o anche è impegnato in progetti di recupero e inventariazione o nella pubblicazione a stampa o nel web. Si può dire quindi che gli archivi hanno occupato lo spazio che la rivista offre loro per rendere visibili le iniziative in corso o compiute, ma al contrario si deve riconoscere che non hanno accolto, almeno fino ad oggi, l’altra opportunità che la rivista si era proposta di offrire, proponendosi come punto di incontro per scambiarsi opinioni e commenti, per fare e sentirsi comunità. Lo spazio destinato ai commenti in fondo agli articoli rimane infatti vuoto nella quasi totalità dei casi.

Rivolgendo adesso l’analisi alla risposta degli utenti, in primo luogo bisogna precisare che l’indirizzario è stato costruito riunendo diversi indirizzari istituzionali e che per questo motivo i dipendenti MiC che ricevono la newsletter sono più del doppio di quelli esterni all’amministrazione. Rispetto alla platea dei destinatari, notiamo una certa regolarità nella media sia di quanti aprono la newsletter (circa 3000) che di quanti si soffermano a leggere subito almeno un articolo (circa 700).

Possiamo aggiungere che la consultazione degli articoli non si ferma a questo momento iniziale perché le visualizzazioni di pagina ci forniscono cifre più lusinghiere: i due articoli più letti (Il portale Antenati si rinnova! e Documentazione di leva e ricerca demografica) superano rispettivamente le diciannovemila e le diciassettemila visualizzazioni, mentre il terzo (Il «FOIA italiano» è legge: cosa cambia nell’accesso ai documenti) sfiora gli undicimila e il quarto e il quinto (Che cosa ci insegna la storia: terremoti nel Reatino dal Medioevo a oggi e Cartier-Bresson, Rocco Scotellaro e i suoi fratelli nella Basilicata del secondo dopoguerra) si attestano sui quattromila.

Anche se ben al di sotto di queste punte di eccellenza, il corpo principale degli articoli pubblicati continua a essere consultato:

  • Circa 20 articoli superano le duemila visualizzazioni
  • Oltre 100 articoli si attestano tra le mille e le duemila visualizzazioni
  • Oltre 200 articoli hanno ottenuto tra le seicento e le mille visualizzazioni

Segnaliamo che tali dati sono approssimativi poiché le statistiche precedenti al 2017 non sono completamente affidabili, anche se offrono comunque un ordine di grandezza di quanto gli articoli siano stati visualizzati da parte degli utenti.

Non potendo affrontare un’indagine sui contenuti che incontrano maggiore successo, perché richiederebbe strumenti più raffinati di quelli che abbiamo disponibili e un impegno di tempo considerevole, ci limitiamo per concludere a sottolineare l’indicazione che emerge da quanto riportato più sopra: i due articoli più letti sono stati pubblicati entrambi nello speciale Antenati e il numero di visualizzazioni che hanno totalizzato fornisce un’ulteriore riprova di quanto sia sentito il tema della ricerca genealogica e di quanto sia quindi corretto l’impegno dell’Amministrazione archivistica per la valorizzazione delle fonti anagrafiche.

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