Tra le molte tipologie documentarie che l’Archivio Centrale dello Stato conserva nei suoi depositi sono presenti anche materiali diversi, quali cimeli, fotografie, manifesti politici. Per questi ultimi è in corso un vasto lavoro di schedatura, digitalizzazione e riordinamento, che permetterà agli studiosi interessati all’argomento di approfondire le forme di comunicazione politica in uso in special modo nel secolo scorso, e non solo.

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Particolare di un manifesto elettorale del Partito socialista democratico italiano. Archivio Centrale dello Stato

Questo non vuole dire che i manifesti o i volantini non vengano più utilizzati come forma comunicativa del XXI secolo, lo sono ancora, anche se prodotti con tecnologie più sofisticate rispetto a quelle di trenta o quaranta anni fa. Va detto semplicemente che i messaggi comunicativi di questo periodo storico viaggiano su supporti che non sono solamente quelli tradizionalmente in uso, cartacei o radiotelevisivi, ma si avvalgono di mezzi tecnologici informatici in grado di raggiungere velocemente un gran numero di persone. Basti pensare a come il computer o il cellulare attraverso i social media hanno sostituito in gran parte la comunicazione di eventi e iniziative politiche, anche se in particolari occasioni come elezioni o referendum popolari ricompaiono per le strade, durante il periodo indicato per legge, manifesti e striscioni che tornano a riempire gli spazi loro dedicati per diffondere i messaggi delle diverse formazioni politiche.

I manifesti conservati nell’Archivio Centrale appartengono e sono stati prodotti da organizzazioni politiche diverse per natura e contesto politico istituzionale e costituiscono un complesso documentario di grande valore storico, ma più di altre tipologie documentarie sono soggette ad usura a causa delle loro dimensioni e della fragilità del loro supporto. La qualità della carta su cui sono stampati è infatti spesso scadente perché scopo del manifesto era, ed è tuttora, quello di comunicare un messaggio la cui validità spesso si esaurisce nel breve lasso di tempo. Di qui la necessità della digitalizzazione.

Bisogna aggiungere che i soggetti che hanno prodotto manifesti politici, soprattutto in tempi di importanti sommovimenti sociali, di solito non avevano in mente la loro conservazione per il futuro, né il valore di testimonianza storica che essi potenzialmente potevano rappresentare. Questo valore lo si scopre solo in seguito, quando guardando indietro nel tempo gli stessi soggetti autori di quei documenti non esistono più, sono scomparsi dalla scena politica e solo a quel punto coloro che se ne considerano gli eredi e si pongono nel solco di quella tradizione politica comprendono l’importanza di conservare le testimonianze del loro passato. Anche da qui originano i versamenti di questa documentazione negli Archivi di Stato, presso istituti e fondazioni private, con le quali gli istituti archivistici possono e devono dialogare per uno scambio di dati e informazioni in grado di fornire agli studiosi testimonianze visive e iconografiche in grado di apportare nuovi elementi di comprensione di un epoca storica, testimonianze che hanno o possono avere la stessa validità e la stessa importanza dei messaggi di testo riportati su documenti teorici più articolati e ragionati.

La conservazione di fonti per la storia della comunicazione politica dagli anni del fascismo alla caduta del muro di Berlino e oltre è quindi la ragione principale alla base del progetto di censimento, schedatura e digitalizzazione di questo materiale.

Una mole non indifferente di manifesti e volantini è già presente fra la documentazione prodotta dalle amministrazioni dello Stato preposte al controllo dell’ordine pubblico dall’Unità d’Italia al ventennio fascista, in gran parte già riordinata e inventariata. L’iniziativa di cui stiamo parlando riguarda invece principalmente fondi archivistici costituiti esclusivamente da manifesti e che non contengono altro materiale documentario.
Il primo lavoro portato a termine nell’ambito di questo progetto è stato effettuato sui manifesti prodotti dal Partito della Rifondazione comunista, che ha depositato il suo archivio all’Archivio centrale nel 2016. Si tratta di circa 500 manifesti riordinati, inventariati e digitalizzati sulla base di un elenco di versamento fornito al momento del deposito, che testimoniano la nascita del Movimento per la Rifondazione comunista, successivamente partito, avvenuta per scissione dal Partito comunista italiano nel 1990-91, a seguito della caduta del muro di Berlino e al crollo dell’Unione sovietica.

Il secondo intervento portato a termine è stata la digitalizzazione di 198 manifesti prodotti negli anni dal 1933 al 1942 dalla Federazione fascista dell’Urbe. Più che manifesti bisogna definirli veri e propri giornali murali, contenenti immagini e notizie sull’attività del partito fascista nella Capitale, ma anche notizie di politica nazionale e internazionale.

Degli archivi fascisti fanno parte anche un centinaio – ma il numero è approssimativo – di manifesti appartenenti al fondo della Mostra della rivoluzione fascista. Documentazione che a differenza della serie fotografica e documentaria della mostra, delle immagini delle bandiere e gagliardetti, non è mai stata schedata né riprodotta. L’intervento non è ancora cominciato.

Del periodo storico che inizia con la nascita della Repubblica sono conservati un centinaio di manifesti elettorali relativi alle elezioni politiche del 1953, prodotti dai partiti dell’arco costituzionale. Anche di questi è iniziato il lavoro di schedatura e digitalizzazione.

Attualmente sta iniziando il lavoro di ricognizione di una più vasta mole di manifesti politici degli anni ’70 e ’80, elettorali e non, che sono conservati senza alcun ordine né elenco, il cui numero ammonta a circa un migliaio. Sono manifesti elettorali e di propaganda politica che veicolano temi quali i referendum per i diritti civili degli anni ’70, l’aborto, il divorzio, l’affiorare delle tematiche ambientaliste, la creazione di partitini e gruppi politici nati dalle ceneri del movimento degli studenti e operai del biennio 1968-1969. Per questa parte di documenti il lavoro sta iniziando adesso e promette di essere impegnativo per il numero e per lo stato di conservazione in cui versano i manifesti stessi, ma sarà sicuramente entusiasmante perché permetterà di arricchire la conoscenza di un periodo storico testimone di importanti conquiste sociali del nostro Paese.

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