Maria Francesca Tiepolo (31 maggio 1925 - 13 marzo 2020), direttore dell’Archivio di Stato di Venezia dal settembre 1977 al maggio 1990, era una donna minuta, dai grandi occhi azzurri, che si spalancavano ad effetto quando voleva sottolineare la sua distanza dall’interlocutore, o diventavano ridenti nell’anticipare una battuta in arrivo.
Era dotata di un carattere forte, di una vastissima conoscenza della storia della Serenissima e delle sue fonti, insieme ad una straordinaria capacità di lavoro e a una memoria leggendaria. La sua competenza, la passione dimostrata per gli archivi, l’integrità morale e la generosità con cui ha sempre svolto la sua professione sono state un esempio per quanti l’hanno affiancata, non solo nei tredici anni in cui ha diretto l’istituto, ma soprattutto dopo, una volta in pensione, nei 25 anni trascorsi lavorando ogni giorno ai Frari, fino a quando la salute glielo ha consentito. E’ in questo periodo che, stemperate le stagioni dei conflitti generazionali e delle battaglie sindacali cui alcuni di noi, me compresa, avevano partecipato – e che vedevano in lei una temibile avversaria, poco propensa a cedere e pronta ad affrontare anche conseguenze impegnative – si sono stabiliti rapporti di reciproca stima, di affetto, rinsaldato nel momento dell’emergenza della malattia e basato sull’amore comune per la ricerca e la professione.
Un innato senso dell’umorismo e una notevole dose di autoironia le hanno permesso di intrattenere facilmente rapporti con tutti; e poi, colpita a fondo nella perdita della vista che le impediva di continuare a leggere e a studiare, di affrontare con coraggio e senza lamentarsi anche l’ultima fase della vita.
Molti i contributi pubblicati in occasione della sua scomparsa, che di lei sottolineano l’impegno professionale e scientifico, a partire da quello che si può leggere nel sito web dell’Archivio di Stato di Venezia e diffuso nella lista Archivi23; le tappe della sua carriera sono ricordate nel profilo – in qualità di socio effettivo – dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, nei giornali locali «Il Gazzettino» e «La Nuova Venezia». A queste si aggiungeranno le molteplici iniziative che saranno organizzate per ricordarla quando sarà di nuovo possibile incontrarsi.
Molti i riconoscimenti ricevuti nel corso della sua vita, dovuti a un’attività che per decenni non ha letteralmente visto soste, né per ferie né per malattia. Si riportano qui di seguito alcune frasi di una intervista rilasciata al «Gazzettino» nel 1983, in occasione del premio «Veneziano dell’anno», onorificenza da sempre connotata in città da un forte valore simbolico:
“La dobbiamo chiamare Veneziana o Veneziano dell’anno”?
“Veneziano, senz’altro. Io sono il direttore dell’Archivio, quindi…”
“Ogni anno lei mette in mostra una parte delle fonti di cui è ricchissimo l’Archivio. Perché?”
“Per aprire l’Archivio alla città, nell’interesse dei cittadini e dell’istituto stesso”
“Lavora moltissimo ed è sempre disponibile e serena. Qualche segreto?”
“No, come le ripeto sono fortunata, perché mi piace quello che faccio. La gentilezza fa parte dei doveri d’ufficio. Inoltre i veneziani della Serenissima mi hanno lasciato per consistenza, organicità e organizzazione un archivio perfetto. Un mio antenato, Lorenzo, era sovrintendente alla [cancelleria] Secreta, agli inizi del ‘700. Ovvero custode di tutti i documenti importanti della Repubblica”.
All’università di Padova si era laureata con una tesi il cui relatore era lo storico Roberto Cessi, fino a qualche anno prima archivista ai Frari. Da allora iniziava una vita intera consacrata al grande archivio veneziano: come volontaria nel 1952, di ruolo dal 1956, e poi in servizio sostanzialmente per tutta la vita. I primi anni, fino al 1968, coincidono con quelli della direzione di Raimondo Morozzo della Rocca, da lei ricordato sempre con deferenza e gratitudine, che segnerà profondamente tutta la prima fase della sua esperienza di lavoro. Nel 2016 mi ricordava che proprio il suo Direttore, appassionato di storia militare ma assorbito dai compiti della dirigenza, le aveva chiesto di subentrargli nell’impresa di rintracciare le carte appartenute al feldmaresciallo Johann Matthias von Schulenburg, al comando dell’esercito veneziano di terra nella prima metà del Settecento, che per varie vicende erano finite disperse all’interno di alcune miscellanee. Da quel primo intervento sull’archivio dello Schulenburg prendeva il via un impegno destinato a durare oltre dieci anni, condotto principalmente sull’antica Miscellanea codici, dalla quale balzavano fuori ben trenta fondi documentari, ricondotti ad altrettante provenienze, ordinati e inventariati e per i quali avrebbe coniato per l’occasione la definizione di “archivi propri”. Archivio proprio non indicava pertanto un fondo privato, ma il frutto dell’attività svolta da un individuo in quanto titolare di una carica pubblica. Sulla scorta di antichi inventari, decideva infine di collocare quei fondi nella Secreta, come è chiamata tuttora un’area dei depositi, seguendo le orme del grande archivista veneziano Giacomo Chiodo, che all’indomani della Restaurazione aveva fortemente voluto ricreare, nella nuova sede ai Frari, la stessa separazione fisica che le carte riservate avevano avuto nella Secreta del Palazzo Ducale. Una sintesi di questa ricostruzione storico-archivistica sarebbe stata riproposta molti anni dopo anche nella voce Venezia della Guida generale degli Archivi di Stato, curata dalla stessa autrice, costituendone una delle parti più interessanti e originali.
L’attività di consulenza nella sala di studio, prima come funzionaria poi come responsabile, fu in quegli anni continua e intensa, come affiora dagli innumerevoli ringraziamenti pubblicati nelle ricerche di studiosi italiani e stranieri, che anche a distanza di decenni ricordavano con gratitudine la quantità e qualità di indicazioni e suggerimenti ricevuti. E come testimoniano le relazioni annuali inviate al Ministero, ricche di informazioni e di dettagli, anche sulle tendenze della ricerca storica.
Dopo alcuni anni, tra 1974 e 1978, di intensa attività svolta come soprintendente archivistico per il Veneto, viene nominata direttore dell’Archivio di Stato di Venezia, ruolo ricoperto nei successivi tredici anni. Gli studi, gli appunti di lavoro e le esperienze maturate nei decenni precedenti sarebbero stati messi a frutto nell’attività scientifica quotidiana e nelle innumerevoli iniziative culturali intraprese, e come ciascun archivista ha potuto sperimentare nell’assegnazione delle ricerche d’ufficio. Molti funzionari da lei avevano imparato a leggere i documenti grazie al suo insegnamento della Paleografia alla Scuola. Insegnare non le piaceva molto, ci confessò quando poté affidare ad altri l’incarico; ma all’epoca credo che nessuno dei suoi tanti allievi se ne sia accorto. Generazioni di studenti della Scuola si sono formati con lei, ed è grazie anche alla sua passione verso i documenti storici che in tanti hanno considerato quello dell’archivista un bellissimo mestiere. Non appena possibile, volle inserire anche i funzionari più giovani nello staff della Scuola, vera e propria palestra per approfondire e consolidare le conoscenze ricevute e assorbite come allievi.
Se la città ha conosciuto l’Archivio e ha avuto la straordinaria fortuna di poter visitare i suoi depositi, lo deve in gran parte a lei, che aveva deciso di offrire ogni anno una mostra documentaria e riuscì a organizzarne tredici, aperte tutta l’estate e il primo autunno (salvo la prima, aperta a tamburo battente appena nominata direttore nel settembre del 1977). Era l’occasione per tirare a lucido i depositi monumentali, il cortile d’ingresso dei Fiorentini e i chiostri. A supporto del percorso espositivo, miracolosamente, di solito proprio all’ultimo momento, si materializzavano i tredici cataloghi, che fissavano sulla carta il percorso espositivo e con quello un tesoro di tracce e suggerimenti di ricerca, cui da allora si è fatto ricorso negli anni a venire. Tanti i temi affrontati, legati in prevalenza, ma non solo, alla storia della Serenissima: al ruolo degli ambasciatori, alle miniature; ma in larga parte dedicati alle norme e alle figure coinvolte nella tutela della laguna, dell’ambiente, dei boschi, delle attività artigianali, dell’architettura o della musica: scelti per interesse e competenze, ma spesso anche per affiancarsi alle iniziative culturali organizzate o sollecitate dalle altre istituzioni cittadine.
L’inaugurazione delle mostre, sempre affollatissima, era ospitata dalla splendida sala superiore della Scuola Grande di San Rocco, alla presenza di centinaia di persone. A quella importante confraternita M.F. Tiepolo apparteneva dal 1979, con la fierezza di esserne stata la prima consorella, entrata ben presto nel suo organismo dirigente. Nel 2010 ne diventerà consorella d’onore. I progetti che si sono susseguiti nel tempo, a partire dal 1999, per l’inventariazione analitica dell’archivio antico della Scuola Grande di San Rocco, hanno un grande debito di riconoscenza nei suoi confronti.
Un altro aspetto della vita d’archivio assorbiva una gran parte del suo tempo: la manutenzione dell’immobile (“ettari di tetto, centinaia di finestre” usava dire) e l’ardita impresa del restauro dell’antico refettorio destinato a nuova sala di studio.
Competenza, serietà e autorevolezza facevano sì che per il suo tramite l’Archivio ricoprisse un ruolo e partecipasse alle principali iniziative culturali organizzate in città, in un clima di profondo rispetto e considerazione, così come di essere chiamata a far parte delle più importanti istituzioni culturali cittadine. Una volta raggiunta la pensione nel 1990, si è dedicata a portare a termine lavori interrotti: in primo luogo la voce Venezia della Guida generale degli Archivi di Stato, pubblicata nel 1994, nella quale ha trasfuso quanto nel corso di un quarantennio era riuscita ad approfondire e comprendere. Ma portava a conclusione anche altre imprese molto impegnative, come quelle condotte sui fondi relativi a Candia, nei quali i documenti in latino si alternavano a quelli scritti in greco medioevale.
Una delle attività svolte negli ultimi anni, anche in qualità di autorevole socio effettivo dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, è stata quella di verificare e collazionare, prima della pubblicazione, le trascrizioni delle deliberazioni del Senato, Misti, redatte da vari autori. Lavoro che richiedeva grande esperienza e perizia paleografica, e che ha dovuto con rammarico interrompere, come del resto tutte le attività in corso, nel 2016. Né si può tacere di quante volte abbia riletto e corretto i testi di molti di noi, e come si rivelasse sempre lettrice attentissima, evitandoci sviste e contraddizioni o segnalando riferimenti preziosi.
Agli inizi del 2016 il malore, il ricovero e le attente cure ricevute in ospedale, da cui discese la decisione di non ritornare a casa ma di affidarsi a una struttura. Ma anche da lì il suo pensiero andava all’Archivio e ai suoi archivisti, che lei definiva la sua famiglia: quelli che l’hanno seguita sempre e quelli che l’hanno accompagnata per un tratto, specie nei mesi dell’emergenza. Ad alleviare il peso degli ultimi anni ha avuto accanto una persona che, pur non provenendo dall’Archivio, con delicatezza e affetto le è stata vicina nelle cure e nelle passeggiate giorno per giorno e condividendone in parte la vita.
Per saperne di più
La pagina dedicata nel sito dell’Archivio di Stato di Venezia
La pagina dedicata dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti