In occasione dell'iniziativa Domenica di Carta, il 13 ottobre 2019 la Soprintendenza archivistica della Sardegna ha organizzato un denso incontro dal titolo Archivi di miniera, miniera di archivi. Tutela e valorizzazione: lo stato dell'arte.
Il pubblico ha abbandonato una luminosa mattinata ancora estiva per calarsi nelle atmosfere cupe delle gallerie, rivivendo grazie agli appassionati relatori la vita di uomini, donne e bambini che popolavano le numerose miniere la cui attività ha caratterizzato per secoli ampie porzioni del territorio sardo.
Dopo una breve relazione a cura della funzionaria Consuelo Costa, che ha ripercorso le tappe dell’azione svolta fin dal 1971 dalla Soprintendenza per la tutela di quelli che sono tuttora i più importanti archivi d’impresa della Sardegna, protagonisti della giornata sono stati gli archivisti che negli archivi minerari lavorano quotidianamente e che hanno voluto condividere “le gioie e i dolori” del loro lavoro su complessi documentari particolarmente complicati da trattare.
Alessandro Cuccu, responsabile dell’Archivio storico minerario IGEA di Monteponi – Iglesias (SU), ha messo in luce proprio la difficoltà ad orientarsi in una mole di documenti di circa 5 km lineari, recuperati dai depositi in disordine e mal conservati, prodotti da oltre 30 società che si avvicendarono nella direzione delle miniere sarde tra fusioni, cessioni e fallimenti.
Alla sfida posta dalla complessità della documentazione si aggiungono le aspettative dei numerosi utenti dell’archivio: tecnici, studenti, appassionati di storia locale e semplici cittadini alla scoperta delle proprie origini, in fremente attesa di nuove porzioni di archivio riordinate e aperte alla consultazione.
L’attività mineraria, a causa della sua pervasività nella storia del Sulcis Iglesiente, è infatti diventata un forte elemento identitario. Non a caso tra i prossimi obiettivi dell’archivio, racconta Cuccu, oltre a quello di inventariare quanta più documentazione possibile, metterla al sicuro e renderla fruibile, vi è quello di fare rete e sistema con gli altri archivi che conservano documentazione mineraria, tra cui quelli dei comuni circostanti e delle scuole: creare un sistema degli archivi minerari, un coordinamento che non dovrà fermarsi ai confini dell’isola ma dovrà comunicare con istituti culturali omologhi d’Italia e d’Europa, anche attraverso il web.
Alessandro Cuccu ha chiuso il suo intervento citando un verso di Enzo Jannacci: «Un fiore di campo è nato in miniera. L’archivio minerario è un fiore, che è nato in miniera. Va innaffiato affinché cresca con la conoscenza, la consapevolezza e la cura. E questa cura viene data dagli archivisti, che gli archivi li amano, ma hanno anche il distacco proprio del medico, che permette scelte coraggiose e a volte impopolari, i cui frutti si raccolgono negli anni con la continuità della cura stessa».
Un esempio di come la continuità faccia fiorire al meglio un archivio è offerto dalla relazione di Maria Francesca Chia, che dal 2003 si occupa per la Cooperativa Agorà Sardegna dell’archivio storico minerario “Su Suergiu” di Villasalto (SU), di proprietà di IGEA SpA ma gestito dal Comune di Villasalto in virtù di una convenzione tra i due enti. L’archivio comprende la documentazione prodotta durante l’attività delle miniere e fonderie di antimonio del territorio del Gerrei.
Con il supporto attivo dell’amministrazione comunale, rappresentata nell’incontro dal sindaco Paolo Maxia, l’archivio non solo è stato interamente inventariato ma è da anni al centro di una fitta agenda di eventi in cui, per usare le parole di Francesca Chia, l’archivio «esce fuori da sé per raccontarsi alla comunità, al territorio e ai turisti»: laboratori didattici, visite guidate, produzione e diffusione di materiali divulgativi, laboratori di storia mineraria, mostre documentarie, manifestazioni culturali, destinata ad utenti delle più disparate tipologie ed età.
Tra le iniziative più apprezzate i laboratori per le scuole che iniziano in mezzo alle carte e finiscono tra le gallerie e le cattedrali di archeologia mineraria, la caccia al tesoro per bambini e famiglie con fotoriproduzioni di documenti d’archivio che si svolge nei fine settimana tra le strade del paese, gli incontri con i minatori e le cernitrici ancora in vita.
E ancora il progetto Radici volto a intercettare il turismo delle origini, quello degli emigrati sardi di seconda e terza generazione, figli e nipoti di minatori che cercano tra le carte dell’archivio minerario e di quello comunale le tracce del passaggio dei loro antenati nelle miniere di antimonio e nei sentieri del Gerrei.
L’archivio quindi come collante tra generazioni, filo rosso tra il duro passato del lavoro in miniera e il futuro incerto di piccoli centri periferici che lottano contro lo spopolamento, anche attraverso la creazione di un legame forte tra territorio e comunità.
A conclusione della mattinata Daniela Aretino, che lavora presso l’Archivio storico comunale di Iglesias dalla fine degli anni Novanta e collabora con l’Associazione Scu.di.mi. (Scuole di miniera), conduce il pubblico in un coinvolgente viaggio nel tempo alla scoperta di un’altra importante fonte di conoscenza delle comunità minerarie.
Sovente i villaggi a bocca di miniera avevano infatti la loro piccola scuola. Nel villaggio di Monteponi già prima del 1880 esisteva una scuola per studenti d’ambo i sessi, ma nel 1912 si ha l’istituzione di una vera e propria scuola privata da parte della Direzione della miniera, inizialmente domenicale e successivamente serale, perché i fanciulli tra i 12 e i 15 già occupati potessero assolvere il necessario obbligo scolastico nei momenti liberi dal lavoro.
Lo stesso programma di studio soddisfaceva necessità più da adulti che da ragazzi: componimenti, dettati e prove di matemantica avevano per oggetto la vita in miniera, il salario e gli strumenti di lavoro.
Dal 1930 la scuola diventava regolamentare, apprezzata dalla popolazione del villaggio che poteva finalmente provvedere all’istruzione dei propri figli evitando loro i due chilometri a piedi che li separavano da Iglesias.
La lettura di alcuni stralci dei registri scolastici strappa amari sorrisi, raccontando le difficoltà dei minatori fanciulli e l’intreccio tra la grande storia e le piccole storie quotidiane di povertà e sofferenza: la crisi mineraria, gli infortuni sul lavoro, la visita di Mussolini e la carenza di cancelleria e libri, ai margini di una miniera «in cui sono tutti poveri, anche quelli che lavorano».
Durante il successivo dibattito gli archivi protagonisti della Domenica di Carta si riuniscono idealmente nella richiesta commossa da parte di un’anziana signora: trovare nei documenti tracce di suo padre, che sa essersi spostato appena quindicenne dalla miniera di Villasalto nel Gerrei a quella di Ingurtosu nell’Iglesiente per cercare maggiore fortuna, percorrendo a piedi 110 chilometri di campi, per ritornare poi indietro per la stessa strada dopo un infortunio, crollando stremato dalla stanchezza nell’uscio di casa.
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